27 giugno 2014

Liberali e non

Ieri sera ad Otto e mezzo gli ospiti erano due giornalisti: Claudio Cerasa del Foglio e Marco Travaglio del Fatto Quotidiano.
Argomento della puntata è stato la bozza di riforma della giustizia, anticipata dai giornali e parzialmente corretta dai politici.
Intercettazioni, falso in bilancio, responsabilità civile dei magistrati.
La mia impressione è che questa bozza sia uscita proprio ora, per dare un colpetto per le altre riforme, più probabili: il Senato e la legge elettorale. Si tira fuori la giustizia per far capire a chi vuole capire che questo governo vuole tenere i piedi in più scarpe (e più maggioranze a disposizione).
A parte questo, è stato interessante vedere come i due giornalisti argomentavano sui punti della riforma (che probabilmente così com'è non vedrà luce).
Partendo dalle intercettazioni: sostiene Cerasa che non tutte le intercettazioni effettuate debbano essere pubblicate dai giornali. Perché non tutte riguardano comportamenti criminali e, a stabilire cosa è criminale o meno, può essere solo il magistrato.
E questi sarebbero i liberali garantisti.
Di diverso approccio Travaglio, il manettaro giustizialista Travaglio: il giornalista deve pubblicare tutti i fatti che emergono da una intercettazione, se hanno una valenza pubblica e non privata, anche se non sono reato.
L'esempio classico è quello del politico che frequenta un mafioso e poi fa campagna elettorale sul tema della legalità e del rinnovamento. Meglio saperlo prima, leggendo gli articoli dei giornali che riportano le intercettazioni tal quali, che non dover aspettare una sentenza di rinvio a giudizio.
E' il lettore che deve stabilire, coi suoi parametri, se quel comportamento è censurabile o meno.
Nella filosofia dei presunti garantisti, il lettore è considerato un pò come un bambino. Non deve aver modo di farsi una sua coscienza, di farsi una sua idea personale su un politico o su un'inchiesta, fornendogli tutte le carte (quelle che hanno attinenza pubblica, sempre).
E c'è anche la questione della responsabilità civile dei magistrati: Cerasa sottolineava come, dal 1987 ad oggi (dal referendum voluto dai radicali) siano stati solo 7 i magistrati puniti per grave dolo (cioè colpa).
Sono pochi? E allora dipende dal fatto che c'è una legge che non funziona o che non viene fatta funzionare.
Anche il numero di colletti bianchi in carcere è basso, ma non ho ancora sentito qualcuno che propone un inapsrimento delle pene per i reati di corruzione.

La responsabilità civile come la vuole il centro destra Berlusconiano o alfaniano è molto poco liberale: quale giudice si sentirebbe libero di poter processare il potente di turno, sapendo che questo può rivalersi contro di lui?
E poi, chi deve decidere se c'è dolo o colpa, nell'azione di un magistrato? Se è la magistratura si dice che questa è un potere non controllabile (come stabilisce la Costituzione, che dice affida al CSM il controllo). Se si assegna il compito alla politica si finisce coi politici che da imputati (per i scandali Mose, diritti TV, Expo .. ) diventano l'accusa.

Travaglio è tornato anche oggi sull'argomento nel suo editoriale sul FQ:

Le intercettazioni sono la prima ossessione della Casta da almeno 10 anni: da quando, sterilizzati i pentiti e tolto il valore di prova delle chiamate in correità, gli scandali escono direttamente dalle boccucce ciarliere di lorsignori. Spesso l’intercettazione è un selfie: ritrae il criminale nell’atto di delinquere; e le chiacchiere su complotti, toghe rosse, garantismo e giustizialismo stanno a zero. Non potendo (ancora) vietare ai magistrati di disporle, la Banda Larga s’accontenterebbe di proibire ai giornali di pubblicare le intercettazioni, rinviando alla fine del processo il momento della divulgazione: quando ormai nessuno si ricorda più nulla. Se le conseguenze penali di un reato spaventano poco lorsignori, grazie ai tempi biblici della giustizia con prescrizione garantita, gli effetti mediatici delle indagini restano seccanti: costringono il politico ladro o mafioso a difendersi dinanzi agli elettori, spiegando parole e opere difficilmente spiegabili, col rischio che la gente si faccia un’idea precisa sul suo conto. Ecco dunque ricicciare, dopo le leggi Mastella e Alfano fortunatamente abortite, la trovata di Orlando: i magistrati non potranno più inserire il testo delle intercettazioni nelle ordinanze di custodia cautelare (di per sé non segrete, dunque pubblicabili), ma solo il “riassunto”; e gli avvocati degli arrestati non potranno disporre delle trascrizioni dei nastri prima di una “udienza stralcio”, dove pm e difensori decideranno quelle da distruggere perché non penalmente rilevanti. Ma così si calpesta il diritto di difesa: chi finisce dentro ha il diritto di conoscere le parole esatte che l’han portato in galera, per impugnare al Riesame e in Cassazione. E si violano pure la libertà di stampa e il diritto dei cittadini a essere informati: ciò che non ha rilevanza penale può avere una grande rilevanza morale, politica, deontologica. Se un politico frequenta abitualmente mafiosi, per dire, non commette reato e non deve finire in galera, ma a casa sì. E l’elettore per mandarcelo deve sapere tutto. L’abbiamo scritto tante volte quando ci provava B. e, almeno nel mondo progressista, si gridava alla “porcata” e al “bavaglio”. Ora che ci riprova Renzi, nessuno fiata. Anzi, tutti parlano di “riforma” e “rivoluzione”. Per questo oggi è peggio.

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