Temo che, per gli utenti del servizio, non cambi nulla. Per molti di loro, messi di fronte alla scelta tra scioperare (e subirne le conseguenze) o starsene buoni al proprio (posto perché quel posto è l'unica fonte di reddito), la scelta sarà stata quasi obbligata.
Sui giornali questa notizia oggi è surclassata dall'inchiesta sul Mose, l'effetto degli 80 euro e gli effetti della crisi su industria e occupazione.
Huffington post ha intervistato il sindacalista Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil:
Il mondo dei call center è una giungla dove, più che in altri settori, è difficile se non impossibile avere delle tutele. Nel settore lavorano almeno 80mila addetti, molti dei quali giovani. "Si tratta di una generazione - spiega il sindacalista - che quando è entrata, circa 10 anni fa, era appena laureata. Adesso hanno 35-40 anni, in molti casi sono sposati e con famiglia e quello che doveva essere un lavoretto è diventato con gli anni spesso l'unica fonte di sostentamento". Per oltre il 60% questi lavoratori hanno una laurea e sono ormai a tutti gli effetti specializzati e qualificati. Difficile però darne una fotografia precisa, considerando un’ampia parte di sommerso: in totale, infatti, in Italia ci sono 2.270 aziende e soltanto le prime sei contano 30mila dipendenti.Forse in molti oggi avranno riso, di fronte alla protesta. Ma cosa scioperano a fare, andate a lavorare ..
Tra gli aspetti più critici i sindacati denunciano gare al massimo ribasso, rivisitazioni in calo delle tariffe d'appalto, cambi d'appalto continui che determinano una spinta verso il basso delle condizioni di lavoro, e la tendenza a delocalizzare parte delle attività verso paesi in cui il costo del lavoro risulta significativamente più basso (dall’India all’Albania, dove la paga per chi lavora di notte rispondendo alle telefonate italiane è di 2-3 euro all’ora).
"C'è una delocalizzazione selvaggia a vantaggio esclusivo delle aziende e a carico delle casse dello Stato", aggiunge Azzola. Solo in Italia, infatti, esistono vuoti legislativi che permettono a queste aziende di licenziare e assumere senza vincoli. E tutto questo costa allo Stato 480 milioni in tre anni. "L'Italia spende una prima volta quando gli operatori vengono licenziati e aiutati grazie agli ammortizzatori sociali. Poi spende una seconda volta quando prevede incentivi per nuove assunzioni che in realtà non sono nuove per niente". Un vero spreco - conclude il sindacalista - "forse Renzi farebbe bene a occuparsi anche di queste cifre".
E' proprio per mantenere un lavoro dignitoso che si sciopera.
E poi, vorrei aggiungere un'altra cosa.
Oggi delocalizzano loro, gli operatori telefonici.
Domani potrebbero delocalizzare altri impiegati, magari proprio quelli che se ne fregano del collega che rispondeva al telefono e che oggi è senza posto.
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