Ma chi se lo sarebbe immaginato. Finire come un Beppe Grillo
qualsiasi. Lui che, quando era nella minoranza PD chiedeva la testa
di Alfano dopo il caso Shalabayeva, del ministro Cancellieri dopo il
caso Ligresti. Che aveva litigato con la senatrice Finocchiaro per la
scorta all'Ikea e che con Marchionne (addirittuta Marchionne) aveva
avuto una polemica sui giornali.
Si dice che si nasce incendiari, da giovani, per finire poi da
vecchi, tutti pompieri.
Ecco, il tempo per passare da incendiario, da rottamatore, da
gianburrasca del PD, è durato per Renzi e il suo cerchio magico
giusto il tempo di prendersi il partito. E la presidenza delConsiglio.
E ora che è tutto suo, specie dopo il 41% alle Europee, può
permettersi quelle epurazioni dei dissenzienti. Quelli che si
permettono di non rispettare la disciplina di partito.
Come se il 25 maggio avessimo votato non per l'Europa, ma per un
referendum su Senato in forma renziana.
Mineo la pensa diversamente da Renzi, dunque dal partito, sul
Senato? Te ne esci dalla commissione affari costituzionali
(presieduta guarda un po' dalla Finocchiaro).
E pensare che i renziani, ai tempi delle elezioni del presidente
della Repubblica, non avevano rispettato l'esito delle votazioni
dentro il PD, sul candidato Marini e avevano votato Chiamparino.
Ma erano i tempi dell'incendiario.
Ora siamo al centralismo democratico. Alla disciplina del partito.
Che va bene, visto che i partiti non sono taxi, ma non lo sono
nemmeno per i segretari di partito.
Se tutta la linea la detta una persona sola, a maggioranza, che
partito è?
Il partito che vuole abolire il Senato e che poi promette di
riparare in Senato quella norma vergognosa della responsabilità
civile dei magistrati.
Il partito che vorrebbe prendere a calci in culo i corrotti, e fa
le riforme proprio con un corruttore. E che scopre che è stato
proprio il suo partito a portare i soldi presi dal consorzio del Mose
al sindaco Orsoni.
Il partito dei Greganti, ma non dei no tav.
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