Le quattro torri svettano verso il cielo, spesso ingombro di fumo e si possono vedere da ogni punto della nostra cittadella, ovunque ti sposti, perchè occupano tutto l'orizzonte.
In effetti il posto dove abitiamo, dove passiamo le giornate, le settimane, i mesi è quasi una piccola città. Con le baracche per dormire, le officine per i lavori, la fabbrica delle munizioni, l'officina del fabbro, i campi dove lavorare la terra e le guardie ... ecco: una piccola città.
Ah, dimenticavo: abbiamo anche un medico, che non parla la nostra lingua, ma che si fa capire, che ci cura un po' tutto nella sua piccola infermeria; c'è la baracca per le docce, il corpo in muratura per le cucine e una baracca che funge da cantina. Lì distribuiscono il materiale per le pulizie, il tabacco ..
E, infine, un parco giochi per noi bambini.
Ci sono guardie che girano per le strade, con le loro divise scure: controllano chi lavora e chi non fa niente, chi ruba e chi non rispetta le leggi. Perché nella nostra cittadella ci sono anche le leggi, che stabiliscono cosa si può fare e cosa non si può fare. Come ci si deve vestire e come ci si deve comportare.
Abbiamo anche una banda musicale, qui: suona ogni volta per i nuovi arrivati, quando vengono accompagnati in lunghe file alle docce, per lavarsi.
Gli altoparlanti ci dicono a che ora alzarsi, a che ora fare l'adunata; a che ora andare a lavorare e a che ora andare a dormire.
Ci sono regole dei grandi che non capisco: perchè quei vestiti grigi, quelle facce tristi? Tutti in giro coi capelli corti. È per l'igiene, dicono .. mah.
Le guardie controllano anche questo: sono gentili ma fermi, sicuri di quello che fanno. Non si lasciano commuovere di fronte a quelli che si mettono a piangere perchè hanno commesso una irregolarità. Li prendono e li portano via. Perchè in questo posto c'è gente che ruba: le scarpe, il mangiare.
Una volta avevo visto, fuori dalla finestra della baracca dove vivo, un bel ghiacciolo di ghiaccio a portata di mano. Ho aperto la finestra per staccare il ghiacciolo, ma si è fatto avanti uno grande e grosso che si aggirava là fuori e me lo ha strappato di mano.
Perchè?
Ma mi ha risposto nella sua lingua che non capisco.
In questo posto ho incontrato gente che parla lingue diverse, che viene da posti diversi dell'Europa e che è stata trasportata qui: dalla Ungheria, dalla Francia, dall'Italia. Tante lingue diverse che non capisco. Ma per vivere qui non serve: quando dobbiamo giocare o ubbidire agi ordini, si impara in fretta.
Mentre i grandi sono fuori a lavorare, tutto il giorno dalle prime luci dell'alba, noi bambini, che possiamo non lavorare, passiamo il tempo a giocare. Quando poi ci lasciano giocare, tra noi bambini.
Ma i miei amici cambiano sempre e questo non mi piace: ogni tanto mi tocca trovare nuovi compagni di giochi. Compagni che cambiano, specie quando arrivano i treni, ogni mese. E le persone che arrivano, come sono sporche!!
Certo che li devono lavare: dopo tutto quel viaggio, quelle persone saranno sporche e sudate. E dovranno anche essere marchiate, come hanno marchiato me, appea arrivata, e tutti quelli che erano con me: io non ho più un nome, sono Haftling 174517. Un numero tatuato sul braccio sinistro.
Dicono che i bambini se ne sono andati per il camino.
Cosa vorrà dire? Chissà se me ne andrò anch'io per il camino.
Dicono che ci passano tutti. Perché qui non siamo in un posto qualsiasi, siamo in un posto chiamato Auschwitz.
Nessuno io mi chiamo; nessuno è il nome che mi danno il padre e la madre e inoltre tutti gli amici
23 settembre 2007
Il parco giochi
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