17 ottobre 2011

La versione dell'incappucciato

Abbiamo fatto il master .. siamo in guerra .. i movimenti ci conoscono e sapevano cosa volevamo fare ..
Il racconto del nero, intervistato da Repubblica, dà una versione dei fatti che non mi convince.
Se i movimenti sapevano degli scontri programmati, o sono degli ingenui (cui è bene non affidare più la piazza), o sono complici.
Idem per la polizia: se sapeva, perchè ha agito in quel modo? Si vuol dar adito a dietrologie?

E tutta la complessa organizzazione in falangi, batterie (sembra lo slang della banda della  ), specialisti, cozza con la giovane età dei manifestanti: che c'entra poi la profanazione della chiesa, lo scempio della statua della Madonna? Era un messaggio?

E, infine, le parole finali: siamo in guerra, "Non l'ho dichiarata io. L'hanno dichiarata loro".
In guerra contro i precari? Contro gli agenti di polizia, contro i carabinieri? Contro i cittadini romani?
Mi sembrano le stesse parole dei terroristi negli anni 70, quando parlavano di guerra civile.
Una guerra asimmettrica, che fece vittime di una guerra che non volevano combattere.

Scrive Aldo Giannuli nel post "La manifestazione di Roma: solito dejavu?"


Dunque, come le immagini documentano, si è trattato di centinaia e centinaia di persone. Troppi per essere tutti “collaboratori volontari delle forze dell’ordine”.
Sicuramente una buona dose di provocatori  ci sarà stata, ma c’erano anche altre componenti, ciascuna delle quali merita un discorso a sè. La prima componente è, appunto, quella dei provocatori organici e dei teppisti professionali. A loro non ho niente da dire: non sono “compagni che sbagliano”, ma avversari  che fanno il loro mestiere e meritano solo il disprezzo dovuto ai servi prezzolati ed a quelli che non si fanno pagare, ma fanno la stessa cosa. Discorso chiuso.
Poi c’è una seconda componente che definirei dei “militanti arrabbiati”, quella parte di movimento che pensa (piuttosto ingenuamente) che il problema sia quello di sapere quale vetrina sfasciare perchè così “si individua il nemico di classe e si impone un nuovo livello di scontro”. 
Più che di “compagni che sbagliano” si tratta di “compagni che non crescono”, affetti da una “sindrome da infanzia protratta”, con i quali si  impone l’obbligo di discutere, anche se con tutta la chiarezza necessaria, per cui, cari compagni:
a- questa pratica della violenza è, prima di tutto, violenta contro il movimento, cui si impone un livello di scontro che non ha scelto e non vuol praticare. Se uno crede di dover scendere su quel terreno lo faccia pure, ma nei suoi cortei e non  in quelli degli altri, prendendo in ostaggio gli altri  manifestanti usati come scudi umani: è una pratica un po’ vigliacca, vi pare?
b- le forme di lotta sono direttamente finalizzate al risultato che si vuole ottenere ed il nesso fra le due cose deve essere spiegato razionalmente.
Davvero credete che con venti o anche cento o mille vetrine spaccate si riesca ad ottenere di non pagare la crisi? Se è così, spiegatemi attraverso quali passaggi si arriva a questo risultato.
c- le forme di lotta si scelgono anche in base al momento politico in cui ci si trova: se si è nell’Italia del 1944, con i nazisti che occupano il paese si prendono le armi; se si è nel luglio 1960 si manifesta e si resiste alle cariche della polizia e dei carabinieri a cavallo, ma con una azione di massa.  Ma se si è nell’autunno del 2011, quando il problema è far capire alla grande maggioranza dei cittadini (appunto: “voi siete l’1% e noi il 99%”) quale rapina stia facendo il capitale finanziario e quale macelleria sociale stia preparando il governo, fare scontri come quelli di sabato è la cosa più controproducente che si possa immaginare, perchè allontana la gente dalla partecipazione politica e perchè solleva un polverone mediatico che distrae dai termini reali del dibattito.
Molti di voi mi dicono che questo è l’unico modo di farsi sentire, ma non vi dà nessun sospetto il fatto che il sistema dei media, così avaro di informazioni sull’antagonismo sociale, diventa poi così prodigo di spazio in queste occasioni? Oggi l’80% dello spazio è assorbito dagli scontri di centinaia di persone ed il 20% va alle centinaia di migliaia che hanno manifestato senza scatenare violenze gratuite: vi dice niente?
Ragazzi: la testa non serve a dividere le orecchie, ricordatevene.
Quanto alle vetrine fracassate ed ai bancomat sfasciati: le banche non ne avranno alcun danno perchè è tutto coperto dalle assicurazioni: tutto Pnl in più. Contenti?
C’è però un’altra componente ancora che merita attenzione: quei ragazzi che hanno partecipato agli scontri senza particolari motivazioni politiche ma per pura esasperazione sociale. Certamente  sono meno delle altre due componenti, ma la cosa non va sottovalutata perchè il fenomeno può crescere rapidamente: l’erba è secca e prende facilmente fuoco, stiamo attenti. 
[..]
Ed ora veniamo alla seconda parte del discorso, quella meno semplice. Stigmatizzare la violenza, come diceva don Vitaliano in Tv, è la cosa più facile e più scontata che si possa fare, ma, in una situazione del genere non è una grande trovata per uscire dai guai in cui ci troviamo.
Giornali e politici hanno fatto a gara per dire che le violenze sono inammissibili e bisogna rispettare la legalità.
Dunque: siamo in un paese nel quale il Presidente del Consiglio usa cellulari schermati come i mafiosi e va scampando la galera inseguito da torme di Procuratori della Repubblica; nel quale il Parlamento da due anni non fa altro che occuparsi di improbabili riforme della giustizia, con lo scopo  apertamente dichiarato di consentire al summenzionato statista di restare a piede libero; nel quale un referendum ha bocciato a valanga una di quelle leggi e la maggioranza prosegue imperterrita a farne altre ancora più incostituzionali e senza che il Capo dello Stato rivolga un messaggio alle Camere per dire che, forse, stante l’esito del referendum, sarebbe il caso di soprassedere.
E voi mi venite a parlare di rispetto della legalità? Riesce difficile mantenersi seri.
Ma voi credete davvero che si possa dare lo spettacolo di un capo del governo come Berlusconi e non pagare un prezzo? Che messaggio credete che arrivi ai giovani?
In secondo luogo, i politici hanno fatto a gara a dire che i giovani vanno ascoltati perchè hanno ragione, ma si sono guardati bene dal dire perchè e cosa si debba fare per rispondere alle loro domande. Il mio vecchio amico Nichi ha detto: “oggi la politica non parli ma ascolti”. Appunto: un bel tacer non fu mai detto. E’ molto facile dare ragione ai movimenti quando poi non si assume alcun impegno concreto.
Ma veniamo al merito: cari Bersani, Di Pietro e Vendola, fra una dichiarazione stampa ed una poesia, vi spiacerebbe narrarci cosa avete intenzione di fare? Insomma, se uno di voi tre fosse al posto di Berlusconi, i soldi alle banche li darebbe o no? ed a quali condizioni?

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