Pure questo succede nel paese dove il lavoro è precario, dove il merito è un paravento e dove si finisce insultati se ci si permette di chiedere di essere pagati per uno stage.
E' quanto ha raccontato Caterina, 28 anni, nel suo scambio di mail col direttore di Flash art, che proponeva come stage un lavoro da editor, senza rimborso of course.
“Perché i miei genitori o chi per essi dovrebbero pagare perché io lavori per lei?”.
Poco dopo la risposta. Piccata (leggi lo scambio di email).
“Caterina – ha scritto l’editore – se tu fossi in grado di lavorare per noi ti offrirei subito, anzi, prima, due o tremila euro al mese. Prima impara a scrivere, a leggere dai siti e giornali del mondo, a fare una notizia in dieci righe, a fare l’editing di un testo, a impaginare con inDesign e poi potrai avanzare pretese”. E ancora: “Lo sai cosa dice Tronchetti Provera? Lavorare oggi a buoni livelli è un lusso. Se uno non lo capisce vada a lavorare al Mac Donald”.
Fino al post scriptum: “Chiedi allo Stato di aiutarti. La mia azienda non è di beneficenza. E tu cerchi la beneficenza”.
Niente di più falso, per Caterina. Se ci si è laureati a piani voti, si sanno usare almeno dieci software tecnici e si parlano quattro lingue, non è certo la beneficenza quella che si cerca. Glielo ha detto, a Politi. E poi gli ha scritto: “La beneficenza se la faccia fare lei, povero indigente che non può nemmeno pagare un povero stagista il minimo”. La replica è stata un insulto: “Ora anche le mignotte debbono parlare 4 lingue, conoscere l’arte e inDesign. Il globalismo fa miracoli”.
Lo studio si appella ad un “moderno concetto di stage”: peccato che certe cose succedano solo in Italia.
“Nel novembre 2009 ne ho iniziato uno a Stoccarda, in Germania. Pagato 750 euro al mese”. Poi le hanno fatto il contratto e presto sono arrivate altre opportunità. Così, due mesi fa, Caterina è partita di nuovo, alla volta di Londra. A fine ottobre terminerà il periodo di prova. E se tutto andrà bene le verrà proposto un contratto a tempo indeterminato da 32mila sterline all’anno (oltre 36mila euro). ”Da quando lavoro all’estero – racconta – seguo personalmente il cliente, partecipo al processo creativo insieme a lui e ai miei superiori”.
Forse anche dalla correzione di queste storture passa la ricrescita del paese, no?
1 commento:
Un altro cervello in fuga...
Non è colpa dei ragazzi italiani, nè della politica/tasse/mafia/crisi/eccetera se la realtà imprenditoriale in Italia è troppo spesso mediocre...
Al signor Politi vorrei ricordare che la Telecom di Tronchetti Provera non è questo fulgido esempio di imprenditoria degno di essere citato, e, inoltre, provi lui a mandare il figlio a fare uno stage "al buio"...o guardacaso poi i figli dei vari signori Politi in Italia iniziano tutti da manager....!!!!
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