Banche
e mafia, il grande affare: Come e perché gli istituti di credito
aiutano le grandi organizzazioni criminali ad essere la prima azienda
del Paese
Incipit
"Giovanni Falcone raccontava spesso che il destino di Boris Giuliano, il capo della squadra mobile di Palermo freddato dal mafioso Leoluca Bagarella nel luglio del 1979, si decise il giorno in cui entrò in una filiale della Cassa di Risparmio di Sicilia a chiedere informazioni su trecentomila dollari depositati da un certo signor Giglio. A rispondere alle domande di Giuliano, quel mattino, c’era il direttore dell’agenzia, il dottor Francesco Lo Coco, cugino di primo grado di Stefano Bontate, il principe di Villagrazia, al tempo boss dei boss di Cosa Nostra. I soldi che Giuliano stava seguendo erano stati depositati dallo stesso Lo Coco con il falso nome Giglio. Quei soldi appartenevano a Bontate. Giuliano era un uomo morto.
Raccontando questo episodio, Falcone voleva far capire come il rapporto tra criminalità organizzata e banche era, resta e certamente sarà il passaggio più importante e deicato per due poteri che spesso si sostengono a vicenda per arrivare allo stesso obiettivo: i soldi."
Seguite
il denaro ... Falcone, e prima ancora Rocco Chinnici e Boris
Giuliano si erano messi sulle tracce dei capitali mafiosi per
combattere i boss della mafia. E le tracce del denaro li avevano
portati all'interno dei quei "tempi sacri" che erano e sono
le banche.
Falcone,
che negli ultimi tempi stava seguendo una traccia dei capitali che
passava dal sud al nord, è saltato in aria a Capaci. Rocco Chinnici
è morto per una autobomba in via Pipitone. Boris Giuliano, lo
sceriffo che si era messo in testa di scoprire le vie del riciclaggio
mafioso dei proventi del traffico di droga, fu ucciso da Luchino
Bagarella nel luglio 1979.
Pio
La Torre, il segretario PCI fu ucciso anche per la sua proposta , poi
diventata legge Rognoni La Torre, che prevedeva oltre
all'introduzione del reato 416 bis (associazione mafiosa) anche la
confisca dei beni per i mafiosi.
Questo
ci dice quanto sia stategico per le organizzazioni mafiose il tema
della difesa dei loro capitali.
Senza
l'aiuto della politica, la mafia non sarebbe riuscita a penetrare
così a fondo nel tessuto sociale ed istituzionale. Senza la
tolleranza e le coperture e le connivenze vere e proprie, sarebbe
rimasta una organizzazione criminale.
Ma
senza l'aiuto delle banche, di banchieri infedeli, le mafie non
sarebbero state in grado di conservare le loro fortune, di
nasconderle al fisco e alla giustizia, persino di farle fruttare fino
a renderle indistinguibili da capitali "puliti".
Il
frutto del traffico di droga, dell'estersione e dell'usura.
Questo
libro, che non vuole essere un attacco alle banche in generale, ma
solo ai banchieri disonesti, mette però in evidenza questo legame
tra banca e mafia. Prestiti e mutui concessi senza troppi controlli,
senza chiedersi chi si nasconda dietro una certa impresa, come possa
quell'imprenditore rientrare nel debito.
Il
tutto mentre, in questi anni di crisi, i prestiti delle stesse banche
ai comuni mortali e agil imprenditori onesti sono diminuiti di botto.
Quali
le cause di questo intreccio perverso e come fare per contrastarlo?
I
due autori ripercorrendo i 150 anni della nostra storia
(dall’omicidio di Emanuele Notarbartolo presidente del Banco di
Sicilia, alla vicenda della banda privata di Sindona) e, in
particolare, vicende giudiziarie degli ultimi anni , cercano di dare
una risposta a queste domande.
I
limiti nel regolamento antiriciclaggio delle banche sono: scarsa
collaborazione di istituti di piccole dimensioni e di filiali di
banche estere, mancanza di uniformità tra gli ordinamenti europei,
l'impossibilità per l'UIF
(Unità informazione della banca d'Italia, l'organi che riceve le
segnalazioni da parte delle singole banche) di accedere ad altri
registri ad accedere agli organismi investigativi per approfondire le
segnalazioni domestiche (mentre può farlo per le richieste delle UIF
estere) , sanzioni troppo basse con troppa discrezionalità tra
sanzione minima e massima.
Vediamo
i capitoli del libro
Una
vecchia storia: si parte dal racconto di Falcone su Boris
Giuliano, nell'incipit: l'intreccio banche e mafia è uno dei motivi
che ha portato al successo della criminalità organizzata nel nostro
paese.
"Le
quattro grandi mafie italiane, fatturano assieme 140 miliardi di euro
all’anno, pari a circa il 9% del Pil italiano": tra
le cause di questa enorme ricchezza, che mette a rischio la salute
della democrazia, stessa vi è certamente la responsabilità delle
banche. Per i limiti della legge dl 231 del 2007 (e gli
accordi di Basilea): troppo blande le sanzioni, troppo complesso il
meccanismo delle segnalazioni delle singole banche (che possono anche
non fare alcuna verifica sui loro clienti, rischiando solo una
sanzione), la ricerca del solo profitto da parte dei dirigenti degli
istituti (senza tener conto di principi di etica e trasparenza).
Il
risultato è che mentre le piccole imprese soffrono la crisi per la
mancanza di liquidità, le imprese della mafia la crisi nemmeno la
sentono. Colpa anche di un sistema bancario che è stato lasciato
crescere troppo, diventando così, per il legislatore e per banca
d'Italia, troppo difficile da controllare (se anche avessero
veramente voglia).
Scrivono
gli autori che "in Germania abbiamo banche nane e aziende
giganti: in Italia banche giganti e aziende nane". E anche
questo è un brutto spread.
-
Banche e controllo del
territorio "banche
come lubrificante di ingranaggi difficili da muovere":
Si parla del rapporto tra ndrangheta, mafia camorra e istituti di
credito.
Rapporti dove il confine tra banchieri e criminale è veramente labile: specie nei piccoli paesi dove tutti si conoscono e non si può far finta di non sapere chi è la persona che ti sta di fronte e a cui stai prestando centinaia di migliaia di euro.
Nel capitolo si racconta la vicenda del boss Crucitti, in Calabria:
"Nell’ambito dell’inchiesta Raccordo-Sistema, il gup ha rinviato a giudizio quattordici persone, tra cui il boss Santo Crucitti, il direttore dell’agenzia della Banca Popolare di Lodi, Francesco Gullì, gli amministratori occulti della Planet".
Rapporti dove il confine tra banchieri e criminale è veramente labile: specie nei piccoli paesi dove tutti si conoscono e non si può far finta di non sapere chi è la persona che ti sta di fronte e a cui stai prestando centinaia di migliaia di euro.
Nel capitolo si racconta la vicenda del boss Crucitti, in Calabria:
"Nell’ambito dell’inchiesta Raccordo-Sistema, il gup ha rinviato a giudizio quattordici persone, tra cui il boss Santo Crucitti, il direttore dell’agenzia della Banca Popolare di Lodi, Francesco Gullì, gli amministratori occulti della Planet".
-
Come si accede al credito: "notabili e politici hanno
spesso goduto di un trattamento di favore che a volte non aveva nulla
a che vedere con la capacità di restituire i prestiti e con la
trasparenza".
Secondo l'accordo di Basilea II "le banche devono adesso valutare la capacità storica e futura, da parte dell’impresa, di generare liquidità, la struttura patrimoniale, la flessibilità finanziaria, la qualità dei ricavi".
Secondo l'accordo di Basilea II "le banche devono adesso valutare la capacità storica e futura, da parte dell’impresa, di generare liquidità, la struttura patrimoniale, la flessibilità finanziaria, la qualità dei ricavi".
Questo
nella teoria: le banche che lesinano i prestiti alle famiglie e alle
piccole imprese sono quelle che hanno preso centinaia di miliardi
dalla BCE: miliari che "le banche li hanno usati per
ripianare i propri debiti con acquisti di titoli di Stato, che hanno
comprato in un buon momento con tassi alti ma che si sono
svalutati".Ma questa crisi dei mutui non vale per politici,
massoni, vip: si citano nel capitolo i casi di "Denis
Verdini, presidente fino al 2010 del Credito Cooperativo fiorentino
[..] chiede a Mussari di intervenire per concedere altri dieci
milioni, oltre ai 60 già accordati da Mps, sui 150 totali [..] i
rapporti tra Credieuronord e Lega, che aveva un interlocutore anche
in Massimo Ponzellini, di Banca Popolare di Milano, finanziatore del
democratico Filippo Penati".
-
Saluti dalla Thailandia: la storia della residenza per
studenti in via Malipiero a Milano.
-
La gara truccata: il caso Chiriaco/Introini
Introini,
vicedirettore del Credito Cooperativo di Binasco è finito a processo
per una speculazione: è stato poi condannato per aver truccato una
gara pubblica in favore di una azienda che dietro avrebbe Carlo
chiriaco (arrestato dopo operazione Infinito), il manager della Asl,
vicino all'ex assessore Abelli.
Chiriaco,
considerato dai pm il raccordo tra clan e politica si getta in questo
affare: la costruzione di villette (dopo che la prima impresa
costruttrice era fallita) su un terreno comunale a Borgarello,
schermando il progetto dietro la società Pfp, e vincendo l'appalto
grazie all'aiuto del sindaco, dell'avvocato liquidatore e del
banchiere.
"Sono
andato dal sindaco di Borgarello… Sono andato lì e per quanto
riguarda la gara d’appalto delle quattro villette… io gli porto
due buste" si dicono i protagonisti della storia al
telefono.
-
Che banca: l'incredibile ascesa dell'ex presidente Massimo
Ponzellini dentro BPM. Gli affari e i prestiti pericolosi alla
BPlus Atlantis di Francesco Corallo (figlio del boss Gaetano mafioso)
con sede in un paradiso fiscale.
I
prestiti agli amici politici, la banca usata come Bancomat, i
rapporti con la Bplus: una vicenda già raccontata da Report "La
banca degli amici"
: "dalla finanza
rampante alle società in mano a personaggi border line con la
criminalità organizzata, dall'immancabile politica a fare da
amalgama fino alle banche chiamate afornire il lubrificante affinché
tutto funzioni: i soldi".
-
Beni confiscati: "una brutta storia di incoerenza. E'
quella dei beni immobili confiscati alle mafie e bloccati dalle
banche, che su quegli stabili fanno valere le loro ipoteche dopo aver
finanziato (in buona o in cattiva fede) criminali di vario genere".
Si
parte dalla legge Rognoni La Torre, per arrivare alla legge
109 che prevede un uso sociale dei beni confiscati alla mafia.
Ma
con la riforma del 2010, dentro la legge finanziaria, nasce l'Agenzia
dei beni confiscati e sequestrati: una struttura senza personale, per
cui alla fine i beni deperiscono.
-
Lampada e gli altri
La
storia scandalosa dei prestiti ottenuti dalla famiglia Lampada, dalla
BNL: 1,5 milioni di euro. "Ma chi l'ha detto che ottenere un
prestito da una banca è così difficile? "
Mentre
si concedono meno prestiti e con maggiori vincoli alle imprese
oneste, sembra che per gli imprenditori criminali (che hanno fatto
soldi con la violenza, l'usura, l'intimidazione ai commercianti
onesti) la crisi dei mutui non esista.
-
Il mutuo al camorrista
A
San Sebastiano al Vesuvio, la storia dei prestiti e dei mutui
concessi dal credito popolare di Torre del Greco ai re della carne, i
fratelli Simeoli, affiliati al clan Alfieri della NCO.
-
Arner bank
Zummo,
un costruttore edile, Nicola Bravetti, il vicedirettore della Arner
Bank, Paolo del Bue, dirigente della banca e l'avvocato Sciumè.
Una
storia di riciclaggio, mafia nella banca dove il conto numero uno era
intestato all'ex presidente del Consiglio, raccontata anche qui da
Report "La
banca
dei numeri uno".
-
Pecunia olet
Ma
c'è anche chi dice no: la storia di banca etica, i suoi valori e la
sua missione. Traparenza, flussi di denaro tracciati, prestiti
concessi dietro una rigorosa indagine sul cliente e sul fine per cui
questo denarò verrà impiegato.
Non
dovrebbe essere difficile per le banche, contrastare il riciclaggio e
aiutare veramente la sana economia reale.
Occorre
la volontà, da parte degli istituti, di non perseguire solo il
profitto.
Il
finale amaro, col commento di un magistrato che spiega come ragionano
i vertici degli istituti: "Per loro le operazioni
spericolate, gli scandali, i rapporti coi boss, sono una voce già
prevista nel bilancio reale delle loro attività. Sono già
perfettamente a conoscenza del rischio economico che corrono nel caso
in cui qualcuno scopra le loro malefatte, e per questo hanno una
previsione di possibili perdite - le spese legali per pagare i
migliori avvocati, le campagne per rilanciare il nome ..".
Ovviamento,
scrivono gli autori "questo fino a quando il sistema
legislativo non avrà deciso di far pagare sul serio, ai custodi del
nostro denaro, la responsabilità di aver permesso che i risparmi di
cittadini onesti possano mescolarsi con le ricchezze di chi trae
profitto dalla violenza, da sopruso e dalla morte".
Il
link per ordinare il libro su ibs.
La
scheda del libro sul sito di Ponte
delle Grazie
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