Per
parlare dello Sblocca Italia e dei rischi connessi con questa
legge, la puntata di Presa diretta è cominciata con la
manifestazione a Potenza del 4 dicembre 2014: tante persone
assieme per protestare e dire no a nuove trivellazioni petrolifere.
Hanno assediato il palazzo della regione, affinché impugni
l'articolo 38 dello Sblocca Italia di fronte alla Corte
Costituzionale.
L'articolo stabilisce che le
trivellazioni sono opere di interesse strategico su cui le regioni
non si possono opporre: l'assemblea ha però respinto la proposta di
impugnazione, per la piazza una sconfitta.
Val d'Agri, centro dell'Eni: in
Basilicata si estrae l'80% del petrolio italiano e qui c'è
l'impianto di stoccaggio più grande d'Europa.
Felice
Santarcangelo, ambientalista, spiega cosa succederà con lo sblocca
Italia: il 70% della Basilicata sarà coperta da estrazione, tutte
zone dove ci sarà una sola concessione e dove il governo deciderà.
Da solo senza consultare le regioni (o senza tenerne conto le
obiezioni).
La legge Sblocca Italia è passata a
colpi di fiducia: a favore hanno votato Pd, NCD e SC, contro tutte le
opposizioni.
Si prevedono 3,9 miliardi per le opere,
norme per rendere più veloce l'approvazione dei lavori.
Il governo sostiene che farà ripartire
opere già finanziate, che si creerà 348mila posti di lavoro, con un
risparmio per la bolletta per gli italiani di 200 miliardi.
Ma in questi numeri, da verificare, non
ci sono i costi ambientali.
Il video di operai che lavorano a
Viggiano, al centro di stoccaggio Eni mostra delle fiammate che si
alzano alte: si sono susseguite per tutto l'anno, sono fiamme che
escono dalla fiaccola di sicurezza che indica una anomalia.
Non c'è da scherzare: la relazione
dell'UNMIG
ha rilevato criticità nell'impianto, e anche errori umani. Anche il
presidente Pittella, che comunque è favorevole alle trivelle, dopo
le anomalie di Viggiano ha chiesto dei controlli aggiuntivi e di
visionare tutti i cv dei dipendenti dell'Eni nell'impianto.
Il comunicato dell'Eni parla di una
errata manovra e che tutto è avvenuto in sicurezza: ma gli operai
parlano di straordinari, di tecnici che lavorano anche 12 ore.
Tutto a norma, questi sono i contratti
stabiliti dall'Eni con i contractor del petrolio.
Il centro di stoccaggio è rimasto
chiuso, ma ora si parla di un suo ampliamento: altri ettari di
territorio saranno comprati dall'Eni per costruirci impianti.
Dammarco è il giornalista autore del
libro “Trivelle
d'Italia”: racconta che l'Eni ha comprato i terreni a prezzi
maggiorati, per comprare anche il silenzio dei contadini. Alcuni dei
quali avevano denunciato l'Eni nel 2006.
Gaetano Sassano è un allevatore che
non ha venduto: i suoi terreni sono vicini agli impianti e ha
denunciato più volte l'azienda, per le emissioni notturne di gas,
che avrebbero causato la morte dei suoi animali.
Ma anche malformazioni natali di
vitelli e agnelli: se succede qualcosa ai pozzi, agli impianti?
Nessuno ha spiegato nulla a contadini e
allevatori.
Il comune riceve 18ml di euro dall'Eni,
un prezzo alto perché da qui passa il 70% della produzione di tutta
la Basilicata: ma l'Eni non ha creato molti posti di lavoro e
ricchezza per la gente, che è costretta a vendere campi per i timori
legati ai pozzi di estrazione.
I sindaci della Val d'Agri hanno
criticato lo Sblocca Italia: “siamo un puntino per Roma”,
dicono. Decide tutto Roma che non conosce il territorio: qui non
sanno quale sarà il futuro del centro oli, dove si prendono
decisioni che scavalcano le amministrazioni locali, e questo non va
bene quando si parla di sicurezza. Chi si prende la responsabilità?
Invaso del Pertusillo: alcune
immagini amatoriali del lago artificiale mostrano la moria di pesci.
Le acque sono state analizzate e le analisi mostrano alte
concentrazioni di idrocarburi.
Anche nei sedimenti altri idrocarburi,
oltre la soglia: attorno alle sponde del lago ci sono i pozzi e
questo indicherebbe un'alta correlazione tra inquinamento e le
attività di estrazione del petrolio.
Si parla anche di episodi di
sversamenti nel lago.
Nel 2004 c'era un documento ufficiale
della regione dove ci si chiedeva come mai le acque dell'invaso erano
inquinate, temendo un legame con le attività estrattive. Ma è
rimasto lettera morta.
Vicino al pozzo riempito di acqua
“sporca”, si trovano sorgenti di acqua che puzza, sporca, con
bolle di gas. Sali, cloruri, metalli: sono i residui delle attività
petrolifere.
Attorno a queste sorgenti non cresce
erba, in zone dove i contadini vorrebbero fare agricoltura ecologica
e la regione non elargisce i contributi per l'agricoltura ecologica.
Anche qui, Eni nega relazioni tra gli
inquinamenti del pozzo Molina 2 e la loro attività.
Le autorità di controllo, spiega il
servizio, erano impreparate a gestire il petrolio: “qua ci sono
teste di cazzo che non vogliono fare niente .. che si sentono figli
della politica” dice un
impiegato dell'Arpab. Speriamo che oggi l'Arpab sia più
pronta a gestire i controlli.
Se andassero in porto tutte
le richieste di estrazione fatte, coprirebbero il 77 % del
territorio: è normale essere preoccupati delle conseguenze sulle
falde acquifere e sui terreni.
L'acqua serve nel processo
di produzione del petrolio (un litro di petrolio richiede 8 litri di
acqua): tanta acqua che va poi depurata. Serve sia quando si
scava il pozzo, sia quando viene mischiata a solventi, per il
distacco del petrolio dalle rocce, perché all'interno dei giacimenti
il petrolio è associato a grandi quantità di acqua. Le acque di
produzione contengono però residui spesso tossici.
La Basilicata è un serbatoio di acqua
per tutto il sud, Campania e Puglia comprese: acqua che arriva poi
nelle case.
A Pisticci le acque vengono
depurate in enormi vasche, costruite dall'Enichem: qui atterrava con
l'aereo Mattei. Del suo sogno non è rimasto niente, a parte la
Tecnopart.
A fine novembre nell'acqua sono state
trovate concentrazioni alte di inquinanti radioattivi, in seguito
calate. Il senatore Mucchetti, che ha visitato il paese e
ascoltato le lamentele dei cittadini: tutte le persone raccontano di
tumori, malattie, gente che è morta e di molti se ne sono andati. La
proposta è stata quella dello spostamento del villaggio, perché qui
non siamo a Tamburi, il quartiere di Taranto.
Grazie allo sblocca Italia,
all'articolo 18, si permetterà all'eni di iniettare le acque delle
estrazioni in un un pozzo non utilizzato, anche se è in una zona
sismica e anche se c'è rischio che inquini la falda. Perché il
petrolio è una risorsa strategica. Ma anche l'acqua sarebbe una
risorsa strategica.
Il governatore Pittella, di
fronte a Procaccianti, assicura che non ci saranno nuovi pozzi senza
accordi con la regione. Niente raddoppi in Basilicata, dunque: se
troviamo inquinanti, io chiudo, dice.
Già sette regioni hanno impugnato lo
sblocca Italia di fronte alla Corte Costituzionale (e la Basilicata
no).
E in Val d'Agri cresce il timore per
la salute: si parla solo del versante economico, ma nessuno fa
studio epidemiologici in regione.
Il medico di Viggiano, Mele,
farà uno studio sulla popolazione per capire l'impatto degli
impianti: impatti sulle malattie respiratorie e tumorali. Qui le
malattie aumentano, mentre nel resto d'Italia stanno calando. E
questo non si spiega, visto che è una regione a bassa
industrializzazione.
Renzi va avanti sulla sua strada:
“siamo in una crisi energetica e abbiamo tanto petrolio in
Sicilia, per problemi ambientali allora mi dico, perderò qualche
voto”. Lo diceva in una fabbrica di Brecia.
Renzi non si fa spaventare da “tre,
quattro comitatini”: tra questi anche Greenpeace Italia. Che
come Legambiente e WWF, si è opposta a questa legge.
Le
trivelle in Sicilia: cosa faremo in caso di disastro, si
chiedevano in uno spot di Greenpeace, Ficarra e Picone. A Roma sono
arrivate 14 nove richieste per cercare nuovo petrolio sul mare della
Sicilia: di fronte a Licata e Gela, davanti alla Scala dei turchi,
davanti la villetta di Montalbano, tanti nuovi pozzi offshore per
l'estrazione .
Anche nel paese di Scicli, altro set
delle serie di Montalbano, ci saranno nuove perforazioni. A Sciacca,
al largo delle coste, tre richieste per permessi di ricerca.
L'insieme delle richieste sommano ad
un'area pari alla metà della Sicilia: tutti richieste che hanno 180
giorni per essere valutate, ma in 180 giorni non si riesce a fare una
seria valutazione di impatto ambientale. In alcune delle richieste
poi, le aziende hanno pure sbagliato ad indicare il luogo
dell'estrazione, Monopoli anziché Sciacca e al ministero non se ne
sono accorti. E questo fa molto riflettere.
Diversamente da quanto
promesso dal governo, la documentazione relativa alle richieste è
difficile da reperire sul sito dei ministeri, ambiente e sviluppo. E
i siti dove si vorrebbe far partire le ricerche sono in zone a
rischio, per attività vulcaniche.
Domenico Macaluso è un
ricercatore oceanografico, ha
scoperto il vulcano sottomarino sotto Sciacca: nelle sue ricerche
ha trovato diversi altri vulcani sottomarini attivi: in una zona
interessata da sisma sottomarini, si sta trivellando per estrarre
petrolio.
Il
29 maggio del 2006, a Giava, dalla terra esce una colata di fango
che sommerge tre villaggi, uccide 14 persone. Un'eruzione correlata
alle perforazioni per la ricerca del gas: l'esplosione della sacca di
gas dicono gli scienziati, è legata alle estrazioni.
Al giornalista, Macaluso dice che è
folle e criminale fare ora queste trivellazioni: ora che è accertata
la presenza di vulcani di fango .
L'industria del petrolio in Sicilia è
favorevole allo Sblocca Italia, specie per la norma sui 180 giorni
per una autorizzazione.
Crocetta ha fatto un suo Sblocca
Italia, un accordo personale con le aziende del petrolio, in cui
garantisce loro niente cambi di legge in materia, in cambio del
mantenimento in vita dell'impianto di Gela.
I posti di lavoro
in cambio delle trivellazioni: eppure Crocetta aveva firmato un
appello di Greenpeace, contro nuovi impianti nel canale di
Sicilia.
Se succede qualsiasi incidente, come nel golfo del
Messico? Non abbiamo mai avuto alcun incidente, dice il presidente.
Di certo ci sono le persone morte per
tumori: è l'elenco di don Palmiro Prasutta ad Augusta, in un
territorio pieno di imprese che lavorano col petrolio.
Imprese che sono anche cause di
centinaia di morti: una strage nel silenzio delle istituzioni. Sono
aumentati anche gli aborti terapeutici. Un genocidio, dice don
Palmiro.
Le istituzioni lo sanno, ma c'è
silenzio, perché lo Stato vede in Augusta solo l'introito
economico per il petrolio. Per noi lo stato è una madre assassina:
le aziende ci danno il pane, ma è un pane avvelenato.
Attualmente almeno la metà della
popolazione di Augusta muore di cancro: siamo arrivati a settecento
casi. Ma allo stato interessano solo i soldi, non la nostra salute.
L'appello degli scienziati, contro
lo Sblocca Italia.
Energia
per l'Italia si chiama la lettera che 22 ricercatori hanno
scritto al governo, Danilo Procaccianti ne ha intervistati due: al
giornalista dicono che questa strategia è una rimasticazione del
passato, una politica energetica che è la stessa di Enrico Mattei,
di 50 anni fa. È questo è strano per un governo che si dice
orientato al futuro.
Cosa c'è rimasto da sfruttare nel
settore degli idrocarburi? Di gas ne abbiamo per 20 mesi, di petrolio
per 32 mesi, altro che indipendenza energetica. I numeri sono questi:
le riserve di idrocarburi sono scarse, non a lungo termine.
Le aziende che estraggono il petrolio
versano i soldi delle royalties allo Stato: 400 ml di euro, su 7
miliardi di valore (per i barili estratti). Ma allo stato sono
arrivati solo 20 ml di euro e 180 ml di euro alla Basilicata.
Gli idrocarburi sono una ricchezza
del paese di cui beneficiano però solo le aziende private:
perché in Italia abbiamo le concessioni più favorevoli alle
aziende.
In Italia non ci sono canali di comunicazione tra gli
scienziati e i politici: la lettera dei 22 ricercatori non ha avuto
risposta.
E poi c'è anche un discorso
ambientale: l'uomo sta consumando il pianeta su cui vive e si
dovrebbe spostare su energie diverse, come il solare.
In Italia il 40% dell'energia arriva
dalle rinnovabili, di questo il 10% dal solare: il governo dovrebbe
puntare sulle rinnovabili e non sugli idrocarburi. Come lo sblocca
Italia.
Dobbiamo utilizzare le risorse rinnovabili che abbiamo:
sole, vento e acqua.
L'intervista al viceministro De
Vincenti: siamo d'accordo con le indicazioni degli scienziati, ma
non è vero che la strategia non punta a ridurre le emissioni.
Con lo S.I. puntiamo sull'efficienza
energetica e sulle rinnovabili: purtroppo nel periodo di transizione
dobbiamo puntare ancora sul fossile, le cui riserve non sono
infinite.
Riassumendo: nel frattempo buchiamo la
Basilicata, riduciamo forse le bollette energetiche, e poi forse ci
preoccuperemo dei rischi ambientali. Come quelli nel lago del
Pertusillo.
Le bonifiche le faremo fare a chi ha
inquinato, dice il ministro.
Nel paese dei Riva e dell'Ilva?
E sul
rischio delle perforazioni al largo delle coste siciliane, dove ci
sono vulcani? “Dove abbiamo autorizzato non ci sono
vulcani”. E se dovesse essere scoperto poi?
Lo S.I. Prevedere per la Basilicata dei
soldi in più: sono le royalties fuori dal patto di stabilità, si
parla di circa 250 ml.
Ma quanto vale il patrimonio della
Basilicata? Immensamente di più.
Dobbiamo per forza scegliere tra
natura e petrolio?
Ci sono poi opere utili che aspettano
anni per essere completate: come il canale tra Padova e Venezia:
salverebbe la laguna in caso di acqua alta.
Un canale fluviale di 27 km che
dovrebbe unire Padova e Venezia: il cantiere inizia nel 1963, ma nel
1981 tutto si ferma. Uno spreco di risorse pubbliche
incredibile.
Un'opera necessaria: il porto fluviale dell'idrovia
doveva collegare l'interporto di Padova a Venezia, le merci sarebbero
dovuto essere trasportate su delle chiatte, liberando il traffico
sulle strade.
È la stessa soluzione che veniva
adottata ai tempi della Serenissima, quando si bonificavano fiumi, si
costruivano canali e la loro rete commerciale fluviale arrivava fino
a Milano.
La via fluviale sul Brenta è un
percorso che permette di visitare le ville venete che qui si
affacciano: si arriva fino alla Laguna, fino a Venezia.
Una volta i barcai portavano merci fino
alla Lombardia: se la politica avesse mantenuto le promesse,
avrebbero continuato a lavorare con le merci.
Ma la politica ha deciso di puntare
sulle strade, sul cemento: se il canale tra Padova e Venezia fosse
stato completato non avremmo più traffico sulle strade e nemmeno più
gli alluvioni dei fiumi Brenta e Bacchiglione.
Alluvioni generati dalla scarsa cura
degli argini dei fiumi, che ha messo in ginocchio l'economia di
Padova e Vicenza, un danno stimato in 600 ml di euro.
L'idrovia Padova Venezia avrebbe fatto
da scolmatore: non avremmo avuto i morti, i danni per milioni di euro
….
Oggi, per terminare l'idrovia la
regione ha stanziato 1 ml di euro, ma solo per uno studio
preliminare. Nel frattempo la regione ha stanziato altri milioni per
una superstrada a pagamento, una camionabile
che è il prolungamento del raccordo a Padova. Altro cemento,
costruito dal consorzio Grap Spa.
Una
camionabile perfettamente bipartisan: il presidente della Grap
Spa era Brentan
(arrestato per l'inchiesta sul Mose), il vice era Baita (anche lui
coinvolto nel caso Mose dove ha patteggiato una pena di 22 mesi).
Su quest'opera si scontra la politica
regionale e quella locale: sindaci dei comuni su cui dovrebbe passare
la camionabile protestano da anni, perché il progetto restringerebbe
il canale, che poi non servirebbe nemmeno per fare da
scolmatore.
Uno dei sindaci della zona, di fronte al
giornalista di Presa diretta, dice “io credo che i politici
siano in malafede .. e questo è un problema della politica veneta”.