Milano oggi.Quando guardi negli occhi una tigre la tua vita cambia per sempre.A me è successo a otto anni a adesso che vado per i settanta – è incredibile che non mi abbia spento una pallottola qualche secolo fa – posso affermarlo con certezza: non si vince mai davvero.Ci si può andare vicino, certo, si può arrivare in cima per qualche soffio, si può addirittura pensare di essere invincibili, intoccabili. Ma non dura.La tigre era in gabbia e si chiamava Rachele. L'hanno ripresa un'ora dopo. Si era accovacciata accanto alla sua cella di ferro. Aveva perso la speranza, era rassegnata.L'avvocato mi sussurra qualcosa ma non ascolto. Ne ho visti mille di processi. Sempre da imputato eccellente. Bandito lo sono sempre stato: sono nato ladro e fin da piccolo rubavo i soldatini.Stavolta mi hanno incastrato per bene. Io che sono stato il pericolo pubblico numero uno, l'uomo più ricercato d'Italia. Mi hanno fregato.E mi sento proprio come quella tigre che liberai dalle gabbie del circo, quasi sessant'anni fa: senza più voglia di graffiare né azzannare alla gola.
C'è un istinto, però, che non riesco a sopire: quando sento l'odore del sangue non posso trattenermi, devo ballare.
Solo il tempo di morire, di Paolo
Roversi (Marsilio).
La tigre del circo, la prima bravata di
Renatino. L'inizio della carriera criminale.
E questo è solo l'inizio. E forse la
fine.
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