23 febbraio 2015

Presa diretta – sblocca Italia

Per parlare dello Sblocca Italia e dei rischi connessi con questa legge, la puntata di Presa diretta è cominciata con la manifestazione a Potenza del 4 dicembre 2014: tante persone assieme per protestare e dire no a nuove trivellazioni petrolifere. Hanno assediato il palazzo della regione, affinché impugni l'articolo 38 dello Sblocca Italia di fronte alla Corte Costituzionale.
L'articolo stabilisce che le trivellazioni sono opere di interesse strategico su cui le regioni non si possono opporre: l'assemblea ha però respinto la proposta di impugnazione, per la piazza una sconfitta.

Val d'Agri, centro dell'Eni: in Basilicata si estrae l'80% del petrolio italiano e qui c'è l'impianto di stoccaggio più grande d'Europa.
Felice Santarcangelo, ambientalista, spiega cosa succederà con lo sblocca Italia: il 70% della Basilicata sarà coperta da estrazione, tutte zone dove ci sarà una sola concessione e dove il governo deciderà. Da solo senza consultare le regioni (o senza tenerne conto le obiezioni).
La legge Sblocca Italia è passata a colpi di fiducia: a favore hanno votato Pd, NCD e SC, contro tutte le opposizioni.
Si prevedono 3,9 miliardi per le opere, norme per rendere più veloce l'approvazione dei lavori.
Il governo sostiene che farà ripartire opere già finanziate, che si creerà 348mila posti di lavoro, con un risparmio per la bolletta per gli italiani di 200 miliardi.
Ma in questi numeri, da verificare, non ci sono i costi ambientali.

Il video di operai che lavorano a Viggiano, al centro di stoccaggio Eni mostra delle fiammate che si alzano alte: si sono susseguite per tutto l'anno, sono fiamme che escono dalla fiaccola di sicurezza che indica una anomalia.
Non c'è da scherzare: la relazione dell'UNMIG ha rilevato criticità nell'impianto, e anche errori umani. Anche il presidente Pittella, che comunque è favorevole alle trivelle, dopo le anomalie di Viggiano ha chiesto dei controlli aggiuntivi e di visionare tutti i cv dei dipendenti dell'Eni nell'impianto.
Il comunicato dell'Eni parla di una errata manovra e che tutto è avvenuto in sicurezza: ma gli operai parlano di straordinari, di tecnici che lavorano anche 12 ore.
Tutto a norma, questi sono i contratti stabiliti dall'Eni con i contractor del petrolio.
Il centro di stoccaggio è rimasto chiuso, ma ora si parla di un suo ampliamento: altri ettari di territorio saranno comprati dall'Eni per costruirci impianti.
Dammarco è il giornalista autore del libro “Trivelle d'Italia”: racconta che l'Eni ha comprato i terreni a prezzi maggiorati, per comprare anche il silenzio dei contadini. Alcuni dei quali avevano denunciato l'Eni nel 2006.
Gaetano Sassano è un allevatore che non ha venduto: i suoi terreni sono vicini agli impianti e ha denunciato più volte l'azienda, per le emissioni notturne di gas, che avrebbero causato la morte dei suoi animali.
Ma anche malformazioni natali di vitelli e agnelli: se succede qualcosa ai pozzi, agli impianti?
Nessuno ha spiegato nulla a contadini e allevatori.
Il comune riceve 18ml di euro dall'Eni, un prezzo alto perché da qui passa il 70% della produzione di tutta la Basilicata: ma l'Eni non ha creato molti posti di lavoro e ricchezza per la gente, che è costretta a vendere campi per i timori legati ai pozzi di estrazione.
I sindaci della Val d'Agri hanno criticato lo Sblocca Italia: “siamo un puntino per Roma”, dicono. Decide tutto Roma che non conosce il territorio: qui non sanno quale sarà il futuro del centro oli, dove si prendono decisioni che scavalcano le amministrazioni locali, e questo non va bene quando si parla di sicurezza. Chi si prende la responsabilità?

Invaso del Pertusillo: alcune immagini amatoriali del lago artificiale mostrano la moria di pesci. Le acque sono state analizzate e le analisi mostrano alte concentrazioni di idrocarburi.
Anche nei sedimenti altri idrocarburi, oltre la soglia: attorno alle sponde del lago ci sono i pozzi e questo indicherebbe un'alta correlazione tra inquinamento e le attività di estrazione del petrolio.
Si parla anche di episodi di sversamenti nel lago.
Nel 2004 c'era un documento ufficiale della regione dove ci si chiedeva come mai le acque dell'invaso erano inquinate, temendo un legame con le attività estrattive. Ma è rimasto lettera morta.
Vicino al pozzo riempito di acqua “sporca”, si trovano sorgenti di acqua che puzza, sporca, con bolle di gas. Sali, cloruri, metalli: sono i residui delle attività petrolifere.
Attorno a queste sorgenti non cresce erba, in zone dove i contadini vorrebbero fare agricoltura ecologica e la regione non elargisce i contributi per l'agricoltura ecologica.
Anche qui, Eni nega relazioni tra gli inquinamenti del pozzo Molina 2 e la loro attività.

Le autorità di controllo, spiega il servizio, erano impreparate a gestire il petrolio: “qua ci sono teste di cazzo che non vogliono fare niente .. che si sentono figli della politica” dice un impiegato dell'Arpab. Speriamo che oggi l'Arpab sia più pronta a gestire i controlli.

Se andassero in porto tutte le richieste di estrazione fatte, coprirebbero il 77 % del territorio: è normale essere preoccupati delle conseguenze sulle falde acquifere e sui terreni.

L'acqua serve nel processo di produzione del petrolio (un litro di petrolio richiede 8 litri di acqua): tanta acqua che va poi depurata. Serve sia quando si scava il pozzo, sia quando viene mischiata a solventi, per il distacco del petrolio dalle rocce, perché all'interno dei giacimenti il petrolio è associato a grandi quantità di acqua. Le acque di produzione contengono però residui spesso tossici.
La Basilicata è un serbatoio di acqua per tutto il sud, Campania e Puglia comprese: acqua che arriva poi nelle case.
A Pisticci le acque vengono depurate in enormi vasche, costruite dall'Enichem: qui atterrava con l'aereo Mattei. Del suo sogno non è rimasto niente, a parte la Tecnopart.
A fine novembre nell'acqua sono state trovate concentrazioni alte di inquinanti radioattivi, in seguito calate. Il senatore Mucchetti, che ha visitato il paese e ascoltato le lamentele dei cittadini: tutte le persone raccontano di tumori, malattie, gente che è morta e di molti se ne sono andati. La proposta è stata quella dello spostamento del villaggio, perché qui non siamo a Tamburi, il quartiere di Taranto.

Grazie allo sblocca Italia, all'articolo 18, si permetterà all'eni di iniettare le acque delle estrazioni in un un pozzo non utilizzato, anche se è in una zona sismica e anche se c'è rischio che inquini la falda. Perché il petrolio è una risorsa strategica. Ma anche l'acqua sarebbe una risorsa strategica.
Il governatore Pittella, di fronte a Procaccianti, assicura che non ci saranno nuovi pozzi senza accordi con la regione. Niente raddoppi in Basilicata, dunque: se troviamo inquinanti, io chiudo, dice.
Già sette regioni hanno impugnato lo sblocca Italia di fronte alla Corte Costituzionale (e la Basilicata no).
E in Val d'Agri cresce il timore per la salute: si parla solo del versante economico, ma nessuno fa studio epidemiologici in regione.
Il medico di Viggiano, Mele, farà uno studio sulla popolazione per capire l'impatto degli impianti: impatti sulle malattie respiratorie e tumorali. Qui le malattie aumentano, mentre nel resto d'Italia stanno calando. E questo non si spiega, visto che è una regione a bassa industrializzazione.

Renzi va avanti sulla sua strada: “siamo in una crisi energetica e abbiamo tanto petrolio in Sicilia, per problemi ambientali allora mi dico, perderò qualche voto”. Lo diceva in una fabbrica di Brecia.
Renzi non si fa spaventare da “tre, quattro comitatini”: tra questi anche Greenpeace Italia. Che come Legambiente e WWF, si è opposta a questa legge.

Le trivelle in Sicilia: cosa faremo in caso di disastro, si chiedevano in uno spot di Greenpeace, Ficarra e Picone. A Roma sono arrivate 14 nove richieste per cercare nuovo petrolio sul mare della Sicilia: di fronte a Licata e Gela, davanti alla Scala dei turchi, davanti la villetta di Montalbano, tanti nuovi pozzi offshore per l'estrazione .
Anche nel paese di Scicli, altro set delle serie di Montalbano, ci saranno nuove perforazioni. A Sciacca, al largo delle coste, tre richieste per permessi di ricerca.
L'insieme delle richieste sommano ad un'area pari alla metà della Sicilia: tutti richieste che hanno 180 giorni per essere valutate, ma in 180 giorni non si riesce a fare una seria valutazione di impatto ambientale. In alcune delle richieste poi, le aziende hanno pure sbagliato ad indicare il luogo dell'estrazione, Monopoli anziché Sciacca e al ministero non se ne sono accorti. E questo fa molto riflettere.
Diversamente da quanto promesso dal governo, la documentazione relativa alle richieste è difficile da reperire sul sito dei ministeri, ambiente e sviluppo. E i siti dove si vorrebbe far partire le ricerche sono in zone a rischio, per attività vulcaniche.
Domenico Macaluso è un ricercatore oceanografico, ha scoperto il vulcano sottomarino sotto Sciacca: nelle sue ricerche ha trovato diversi altri vulcani sottomarini attivi: in una zona interessata da sisma sottomarini, si sta trivellando per estrarre petrolio.
Il 29 maggio del 2006, a Giava, dalla terra esce una colata di fango che sommerge tre villaggi, uccide 14 persone. Un'eruzione correlata alle perforazioni per la ricerca del gas: l'esplosione della sacca di gas dicono gli scienziati, è legata alle estrazioni.
Al giornalista, Macaluso dice che è folle e criminale fare ora queste trivellazioni: ora che è accertata la presenza di vulcani di fango .
L'industria del petrolio in Sicilia è favorevole allo Sblocca Italia, specie per la norma sui 180 giorni per una autorizzazione.
Crocetta ha fatto un suo Sblocca Italia, un accordo personale con le aziende del petrolio, in cui garantisce loro niente cambi di legge in materia, in cambio del mantenimento in vita dell'impianto di Gela.
I posti di lavoro in cambio delle trivellazioni: eppure Crocetta aveva firmato un appello di Greenpeace, contro nuovi impianti nel canale di Sicilia.
Se succede qualsiasi incidente, come nel golfo del Messico? Non abbiamo mai avuto alcun incidente, dice il presidente.

Di certo ci sono le persone morte per tumori: è l'elenco di don Palmiro Prasutta ad Augusta, in un territorio pieno di imprese che lavorano col petrolio.
Imprese che sono anche cause di centinaia di morti: una strage nel silenzio delle istituzioni. Sono aumentati anche gli aborti terapeutici. Un genocidio, dice don Palmiro.
Le istituzioni lo sanno, ma c'è silenzio, perché lo Stato vede in Augusta solo l'introito economico per il petrolio. Per noi lo stato è una madre assassina: le aziende ci danno il pane, ma è un pane avvelenato.
Attualmente almeno la metà della popolazione di Augusta muore di cancro: siamo arrivati a settecento casi. Ma allo stato interessano solo i soldi, non la nostra salute.

L'appello degli scienziati, contro lo Sblocca Italia.
Energia per l'Italia si chiama la lettera che 22 ricercatori hanno scritto al governo, Danilo Procaccianti ne ha intervistati due: al giornalista dicono che questa strategia è una rimasticazione del passato, una politica energetica che è la stessa di Enrico Mattei, di 50 anni fa. È questo è strano per un governo che si dice orientato al futuro.

Cosa c'è rimasto da sfruttare nel settore degli idrocarburi? Di gas ne abbiamo per 20 mesi, di petrolio per 32 mesi, altro che indipendenza energetica. I numeri sono questi: le riserve di idrocarburi sono scarse, non a lungo termine.
Le aziende che estraggono il petrolio versano i soldi delle royalties allo Stato: 400 ml di euro, su 7 miliardi di valore (per i barili estratti). Ma allo stato sono arrivati solo 20 ml di euro e 180 ml di euro alla Basilicata.
Gli idrocarburi sono una ricchezza del paese di cui beneficiano però solo le aziende private: perché in Italia abbiamo le concessioni più favorevoli alle aziende.
In Italia non ci sono canali di comunicazione tra gli scienziati e i politici: la lettera dei 22 ricercatori non ha avuto risposta.
E poi c'è anche un discorso ambientale: l'uomo sta consumando il pianeta su cui vive e si dovrebbe spostare su energie diverse, come il solare.
In Italia il 40% dell'energia arriva dalle rinnovabili, di questo il 10% dal solare: il governo dovrebbe puntare sulle rinnovabili e non sugli idrocarburi. Come lo sblocca Italia.
Dobbiamo utilizzare le risorse rinnovabili che abbiamo: sole, vento e acqua.

L'intervista al viceministro De Vincenti: siamo d'accordo con le indicazioni degli scienziati, ma non è vero che la strategia non punta a ridurre le emissioni.
Con lo S.I. puntiamo sull'efficienza energetica e sulle rinnovabili: purtroppo nel periodo di transizione dobbiamo puntare ancora sul fossile, le cui riserve non sono infinite.
Riassumendo: nel frattempo buchiamo la Basilicata, riduciamo forse le bollette energetiche, e poi forse ci preoccuperemo dei rischi ambientali. Come quelli nel lago del Pertusillo.
Le bonifiche le faremo fare a chi ha inquinato, dice il ministro.
Nel paese dei Riva e dell'Ilva?

E sul rischio delle perforazioni al largo delle coste siciliane, dove ci sono vulcani? “Dove abbiamo autorizzato non ci sono vulcani”. E se dovesse essere scoperto poi?
Lo S.I. Prevedere per la Basilicata dei soldi in più: sono le royalties fuori dal patto di stabilità, si parla di circa 250 ml.
Ma quanto vale il patrimonio della Basilicata? Immensamente di più.
Dobbiamo per forza scegliere tra natura e petrolio?

Ci sono poi opere utili che aspettano anni per essere completate: come il canale tra Padova e Venezia: salverebbe la laguna in caso di acqua alta.
Un canale fluviale di 27 km che dovrebbe unire Padova e Venezia: il cantiere inizia nel 1963, ma nel 1981 tutto si ferma. Uno spreco di risorse pubbliche incredibile.
Un'opera necessaria: il porto fluviale dell'idrovia doveva collegare l'interporto di Padova a Venezia, le merci sarebbero dovuto essere trasportate su delle chiatte, liberando il traffico sulle strade.
È la stessa soluzione che veniva adottata ai tempi della Serenissima, quando si bonificavano fiumi, si costruivano canali e la loro rete commerciale fluviale arrivava fino a Milano.

La via fluviale sul Brenta è un percorso che permette di visitare le ville venete che qui si affacciano: si arriva fino alla Laguna, fino a Venezia.
Una volta i barcai portavano merci fino alla Lombardia: se la politica avesse mantenuto le promesse, avrebbero continuato a lavorare con le merci.
Ma la politica ha deciso di puntare sulle strade, sul cemento: se il canale tra Padova e Venezia fosse stato completato non avremmo più traffico sulle strade e nemmeno più gli alluvioni dei fiumi Brenta e Bacchiglione.
Alluvioni generati dalla scarsa cura degli argini dei fiumi, che ha messo in ginocchio l'economia di Padova e Vicenza, un danno stimato in 600 ml di euro.
L'idrovia Padova Venezia avrebbe fatto da scolmatore: non avremmo avuto i morti, i danni per milioni di euro ….

Oggi, per terminare l'idrovia la regione ha stanziato 1 ml di euro, ma solo per uno studio preliminare. Nel frattempo la regione ha stanziato altri milioni per una superstrada a pagamento, una camionabile che è il prolungamento del raccordo a Padova. Altro cemento, costruito dal consorzio Grap Spa.
Una camionabile perfettamente bipartisan: il presidente della Grap Spa era Brentan (arrestato per l'inchiesta sul Mose), il vice era Baita (anche lui coinvolto nel caso Mose dove ha patteggiato una pena di 22 mesi).

Su quest'opera si scontra la politica regionale e quella locale: sindaci dei comuni su cui dovrebbe passare la camionabile protestano da anni, perché il progetto restringerebbe il canale, che poi non servirebbe nemmeno per fare da scolmatore.

Uno dei sindaci della zona, di fronte al giornalista di Presa diretta, dice “io credo che i politici siano in malafede .. e questo è un problema della politica veneta”. 

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