25 giugno 2015

Colpo di stato in Grecia ( e nessuno ci ha avvisati)

Come previsto, la trattativa Grecia-creditori nasce e muore ogni giorno.
L'ultima bocciatura è fallita quando si era ad un passo dall'accordo: ne parla oggi Gilioli

«La non approvazione delle misure compensative non era mai accaduta prima. Né in Irlanda né in Portogallo, in nessun posto», ha twittato ieri il premier greco Alexis Tsipras facendo un po' il riassunto di quello che sta succedendo, secondo lui, a Bruxelles.
Se provate a inerpicarvi nei contenuti della trattativa tra Atene e i suoi creditori (sostanzialmente, l'Europa e il Fmi) rischiate oggi di perdervi in una quantità di dettagli tecnici che rischiano di far perdere di vista il problema di fondo. Ad esempio, non sembra così insuperabile il litigio sull'aliquota della tassazione societaria (Tsipras vuole il 29 per cento, la Troika il 28); né pare così fondamentale che l'introduzione ai disincentivi dei prepensionamenti avvenga il 1 gennaio 2016 (proposta greca) o il 30 giugno 2015 (richiesta dei creditori).
Viste così, insomma, paiono tutte o quasi questioni di lana caprina e abbastanza da sbadiglio.
Poi però c'è il problema di fondo, appunto, quello posto da Tsipras nel suo tweet: alla fine, il saldo contabile per lo stato greco a cui arriva il piano del governo di Atene è uguale a quello richiesto dai creditori; solo che i creditori vogliono che la Grecia ci arrivi in un altro modo. Ad esempio, portando l'Iva sui ristoranti dal 13 al 23 per cento e rifiutando al contempo la proposta alternativa greca di un prelievo una tantum del 12 per cento alle aziende che fanno utili superiori a mezzo milione di euro l'anno.
In altri termini, i creditori non si accontentano che la Grecia raggiunga quegli obiettivi di bilancio che lo stesso governo Tsipras si impegna a raggiungere: vogliono stabilire loro come questi obiettivi devono essere raggiunti, indicando nei dettagli dove si tassa e dove no, dove si taglia e dove no.
Verrebbe da commentare che c'è stato un colpo di stato in Grecia (e in europa) e nessuno ci ha detto niente.
La sovranità non appartiene al popolo, ma bensì al fondo monetario e alla BCE. Che hanno sì prestato soldi alla Grecia, ma per salvare la loro economia e anche la popolazione. La ricetta che è stata applicata ha funzionato? No, dunque impuntarsi su uno stato sovrano affinché faccia le cose che chiedono loro, è anche fuori luogo.
Come a dire che è troppo facile tagliare ancora salari, servizi pubblici e pensioni.
Più complicato prendersela con la casta degli armatori.

Il sole 24 ore cerca di dare un retroscena di quanto successo nel FMI: le velleità politiche di DSK nel 2011, quando il fondo entrò per salvare la Grecia su insistenza anche della Germania. Che non voleva a sua volta impegnare solo l'Europa nel salvataggio.
E ora, al suo fine mandato, Lagarde si trova a dover gestire la restituzione del debito mentre punta ad un nuovo mandato:
Difficile dire cosa sarebbe stato del caso Grecia senza la drammatica uscita di scena di Dsk nel 2011, ma, di fatto, l’Fmi resta invischiato in una vicenda nella quale ha recitato sempre una parte subalterna, accettando anche soluzioni che andavano contro alla propria esperienza di decine di casi di Paesi debitori, e mettendoci del suo con l’avallo a una serie di previsioni sbagliate sugli effetti dell’austerità imposta ad Atene sulla crescita e quindi sul debito. Una circostanza che la settimana scorsa è stata ammessa dal capo economista dell’Fmi, Olivier Blanchard. Il quale però ha ricordato anche un’altra cosa: un ammorbidimento degli obiettivi di surplus primario di bilancio ormai «irrealizzabili» (il 3% per il 2015 dovrà diventare l’1) comporta una copertura attraverso il riscadenziamento su lunghissimo termine del debito. Il Fondo infatti, il cui programma con Atene scade nel marzo 2016 deve assicurarsi che il debitore copra tutto il fabbisogno di finanziamento per la durata del programma stesso. E con un surplus primario ridotto, questo può venire solo da un allungamento delle scadenze del debito o, a più lungo termine, ricorda Blanchard, con un haircut, che a questo punto dovrebbe essere sopportato dagli europei.
Ma nel 2016 scade anche il mandato di Christine Lagarde alla direzione e questo rende la posizione dell’Fmi scomoda anche sul fronte interno: i Paesi emergenti, che hanno contestato fin dall’inizio nel consiglio del Fondo i prestiti alla Grecia e le loro condizioni, restano una spina nel fianco del vertice dell’istituzione e sono pronti a dare battaglia sui termini del possibile accordo che si discute in queste ore. E ancor più sul possibile coinvolgimento dell’Fmi in un terzo pacchetto di aiuti ad Atene. Non certo un incentivo per la signora Lagarde a tenere una linea morbida nella stretta finale su Atene.
Dopo Tsipras, che qualcuno evidentemente si sta preparando a defenestrare, c'è alba dorata (dubito che torni un goveno tecnico di larghe intese).
Evidentemente ai signori in gracca e cravatta del fondo e dell'Unione questo non importa.

Avete mai sentito Draghi preoccuparsi dell'Ungheria?
Non solo non li eleggiamo, i vari Juncker, Lagarde, DSK,Draghi .. ma in un foturo prossimo (quello dove si smontano i diritti civili, il welfare, le tutele sul lavoro) non eleggeremo nemmeno i nostri deputati o senatori. 
Questa è democrazia?

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