“Per
un milanese la sintesi era l'essenza della vita, ma a Zefira anche la
verità più banale veniva data in modo mediato”.
Le
prime righe:
“Appoggiò la biro sul foglio e si interruppe: la porta dell'ufficio si era spalancata. Un uomo era fermo sulla soglia con il volto celato da un passamontagna. Sembrava indeciso, impacciato.Passarono lunghi secondi. Poi l'uomo si risolse.Tirò fuori una pistola e inizò a sparare. La camicia celeste divenne vermiglia, il sangue inzuppò i pantaloni e quello continuava a sparare. Due, tre colpi gli arrivarono al viso da adolescente, devastandolo.Carmine Orsini, sindaco di Zefira, cessò di respirare: il sangue era arrivato fino al pavimento”.
Benvenuti a Zefira, un paesino
in terra di Calabria che non c'è ma che è più reale di molte
rappresentazioni di questa terra anche da parte del giornalismo di
informazione.
Un paese all'apparenza tranquillo, che
vive su un equilibrio basato sulle leggi non scritte che si
tramandano di generazione in generazione e dove il potere reale non è
delegato allo stato e ai suoi rappresentanti.
Come il commissariato Luca Rustici,
milanese e trasferito a Zefira dopo la separazione dalla moglie:
“Il commissario Luca Rustici sedeva nel suo ufficio a pochi passi dal Tribunale. L'ispettore Giovanbattista Manti gli aveva servito un caffè nerissimo prelevato dal distributore automatico; seguiva il secondo della mattinata, sorseggiato al banco del caffpè Venezia e accompagnato da una morbida brioche.Luca Rustivi aveva assunto il comando di quell'avamposto dello Stato da appena nove mesi; vi era giunto dalla sua città, Milano”.
Il
primo impatto con questa terra e con le sue singolarità e la “stanza
dei segreti”:
«Questa è la stanza dei segreti. Se riterrà il suo contenuto contrario alla legge ne faccia immediata denuncia. Il passare del tempo farà di lei il responsabile esclusivo dei documenti in archivio. Per qualsiasi chiarimento parli sempre e solo con l'ispettore Manti, è l'unica persona della quale deve fidarsi».
Una stanza dentro
il commissariato che il suo predecessore ha riempito con tutte le
segnalazioni anonime, relativamente ai notabili del paese, i loro
affari segreti, le relazioni adulterine ….
“I veleni contenuti in quella stanza erano talmente ammorbanti da distruggere la bontà dei fatti documentati. Tutto era talmente incredibile da poter essere considerato calunnia allo stato puro. Ma come tutti i brutti vizi anche la calunnia crea dipendenza. E Rustici si era assuefatto a quella tossicità”.
La tranquillità a Zefira è sconvolta
da un omicidio eccellente: il sindaco Carmine Orsini, ucciso a
colpi di pistola nel suo ufficio da un killer che si è dileguato poi
su una vecchia vespa: un omicidio di ndrangheta, legato a delle
pratiche edilizie che il sindaco aveva sulla sua scrivania?
Una soluzione che convince poco Rustici
e anche il suo vice, l'ispettore Manti, cresciuto in quella terra, di
cui conosce i segreti, i meccanismi per decifrare i messaggi.
Cresciuto assieme al sindaco Orsini, figlio di un notabile di partito
che è stato capace di raccogliere fondi pubblici per il benessere
del suo paese.
Cresciuto assieme ai boss delle cosche
rivali dei Corsello e Alitta.
Assieme alla sorella del sindaco,
Caterina Orsini.
Un mondo dove non solo è difficile per
lo Stato applicare la giustizia, ma è perfino difficile distinguere
bene e male, buoni dai cattivi.
Un mondo dove dietro un'apparenza di
rispettabilità si nascondono i segreti che raccontano le carte lette
nella stanza dei segreti: il sindaco e i suoi interessi nella sanità
e nell'agricoltura, il capitano dei carabinieri e la sua ambizione di
carriera, il procuratore generale che amministra la giustizia
cercando la soluzione più scontata. E anche l'imprenditore edile che
si accaparra tutti i lavori pubblici del comune (e sono tanti). E il
segretario del vescovo ...
“Era un mondo strano quello che li circondava, il bene e il male si confondevano e si mischiavano in modo indecifrabile ai forestieri”.
L'ispettore Manti si rivela per Rustici
più di un valido collega: diventa per lui un amico, un confidente,
un “Virgilio” capace di spiegargli quali sono le leggi non
scritte di quella terra
“Il figlio di un poliziotto stava dalla parte del bene in virtù della sua condizione di nascita.
Il discendente di un malandrino invece per affermare di essere onesto aveva l 'onere della prova in ordine alla propria moralità, ed era condannato tutta la vita a fare professione di bene”.
Regole che discendono dai tempi, dove
esiste un potere ufficiale e un potere, ben più concreto anche se
amministrato in modo nascosto, da quei notabili di prima, i cui
segreti Rustici impara a conoscere:
“Questa società, chiamata appunto società degli uomini, nel senso degli uomini migliori che la rappresentavano, aveva il compito di conservare il potere nelle mani degli autoctoni. Chiunque abbia fatto conquista di questa terra e abbia creduto, e crede, di esserne padrone si è sempre sbagliato e si sbaglia tuttora.[..].. tutti questi concetti si incastonavano con la descrizione del mondo di Zefira contenuta nella stanza dei segreti, e disegnavano in testa al commissario la realtà che lo circondava”.
Come funziona la
giustizia in questa terra? Come viene amministrata la legge?
“Io e te, commissario, rappresentiamo manette, tasse e regole decise lontano da Zefira, uno Stato che è cambiato innumerevoli volte nei secoli passati. Scorsello e la sua razza mostrano la stessa faccia da sempre, le stesse regole immodificate.La popolazione è geneticamente assuefatta a loro. Se vuole, lui può rendere giustizia in ventiquattr'ore; noi siamo obbligati a sanare i torti ma raramente ci riusciamo, quantomeno in tempi rapidi. Scorsello ammazza tanta gente, ma altra ne salva.Noi crediamo nello Stato che serviamo, siamo convinti delle banalità delle regole condivise, ma non possiamo pretendere eroismo dalle persone che vivono un quotidiano difficile, cosparso di pericoli. [..] Se un onesto cittadino di Zefira e scopro di essere rappresentato da Allegra, Orsini, Malarico che di notte vanno a convegno con Scorsello. E allora lo sconforto di prende e abbassi la testa. Chiudi gli occhi e e per le feste porti l'agnello ai signori o ai malandrini. È facile essere bravi cittadini a Milano, Venezia o Torino e pontificare su questa terra”.
Gli insegnamenti di Manti, i racconti
di un vecchio pastore, la storia di un capitano delle SS che ha
scontato le sue colpe su quei monti, le mezze frasi di un mafioso
latitante .. tutto porterà il commissario ad un passo dalla verità,
ben diversa e complessa della soluzione di comodo portata avanti da
carabinieri e procura.
E lo metterà di fronte ad una scelta:
cambiare le cose e affrontare i rischi o adeguarsi a questa realtà? Dove i cattivi hanno la faccia da buoni?
Dalla
presentazione del libro, di Luigi Franco, direttore editoriale
della casa editrice:
«Zefira racconta i vizi di un mondo che trascende la criminalità in senso classico e scova i peccati in ambiti non consueti dice Criaco. L'ambientazione è quella di una città immaginaria che potrebbe stare sullo Jonio o sul Tirreno, ma anche in riva allo Stretto. Al centro di tutto, i peccati del sistema di potere locale. Un vizio non soltanto calabrese, piuttosto un dramma nazionale. L'ltalia, dal punto di vista unitario, è una nazione giovane, che inglobando una serie di identità locali ha dovuto farvi i conti. La nuova entità statale si è ritrovata in grembo poteri consolidati. Nessuno ha voluto rinunciare alle posizioni acquisite. L'esigenza di continuare a contare ha portato il potere locale a falsare la realtà, mostrandone sempre una comoda alla sopravvivenza. Nel caso della Calabria, si è aggiunto il dramma di un potere nostrano avvezzo a conservarsi con ogni mezzo e quindi anche col sistema criminale di matrice mafiosa. Un mix micidiale, di difficile contrasto».
E Zefira racconta appunto della commistione criminale fra borghesia e ndrangheta, attraverso una trama lineare, di avvincente lettura. «È una storia semplice, un giallo classico con la solita ammazzatina, l'indagine e il colpevole» aggiunge lo scrittore. Ma, entrando nella testa di un commissario milanese sceso a Zefira per debellare la mafia, si scopriranno le facce multiformi del male. Si sovvertiranno i ruoli e si finirà per arrancare disperati alla ricerca dei buoni. Ne esistono ancora? Quali sono le colpe dei singoli e quali i vizi di una collettività intera che, quando non è responsabile direttamente, è complice muta, serva ignava? Zefira è di un'attualità che fa paura. A distanza di sei anni lo riscriverei uguale. E quello che più temo è che sarà così tra altri sei, e che il ciclo rischi di essere infinito se si prosegue con la pratica consolatoria di chiedere qualche toppa alla magistratura e non ci si adopera per una presa di coscienza collettiva. Ecco, più che trovarli i buoni forse dovremmo provare a diventarlo tutti davvero. Ma tutti e non i soliti diavoli ai quali si attribuisce tutto il male del mondo solo per sentirsi buoni senza esserlo».
Il precedente romanzo di Gioacchino Criaco - Anime nere, da cui è stato tratto l'omonimo film, diretto da Francesco Munzi.
La scheda del libro sul sito di Rubbettino editore e
La scheda del libro sul sito di Rubbettino editore e
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