Antonello da Messina - Ritratto d'uomo |
“Se prima la sua battaglia quotidiana era contro coloro che minacciavano la sicurezza fisica della gente, ora egli combatteva contro coloro che volevano rubare l'anima del popolo, privarlo della sua memoria storica e civile.La sua battaglia era più cauta e prudente, più sottile e sommessa, ma non meno dura, non meno pesante. Soprattutto gli pesava la responsabilità: se prima il suo compito era di togliere dalla circolazione qualche individuo pericoloso, anche assassini certo, sequestratori e mercanti di morte, si trattava comunque di cause ed effetti effimeri e contingenti, legati a circostanze in fondo casuali. Ora gli si chiedeva d salvare pezzi della civiltà universale, tesori di valore assoluto la cui unicità irripetibile li rendeva assolutamente insostituibili, come se l'Odissea o la Divina Commedia, come se la Quinta di Beethoven esistessero per assurdo in un unica copia e non riproducibile. Ecco, quel momento in cui il capolavoro letterario o musicale è appena uscito dalla penna del genio, prima che venga copiato, stampato e diffuso, quel momento terribile in cui potrebbe andare perso o bruciato era invece la condizione permanente del capolavoro d'arte”.
Assieme al suo braccio destro, il
tenente Ferrario, deve affrontare inchieste (ambientate quasi
tutte in un recente passato e non nella stretta attualità) che
riguardano furti di quadri, tavole in legno e statue da musei e ville
private, reperti sottratti agli scavi, quadri sottratti da chiese...
la Muta di Raffaello o la Madonna
di Senigallia di Piero della Francesca, nel museo di Urbino.
Questo non significa che il suo lavoro
sia meno importante di chi insegue assassini o rapinatori: un furto
di un'opera d'arte è un danno sia per il valore dell'opera in sé,
sia per il danno di immagine per l'Italia, la patria dell'arte, il
grande museo a cielo aperto dove migliaia di tesori sono nascosti in
musei e chiese.
C'è un altro aspetto che Reggiani
ha ben presente: preservando i nostri tesori si preserva anche una
parte importante della nostra storia a chi verrà dopo.
Per questo motivo Reggiani,
colonnello vecchio stampo, persona colta, di buon gusto, pretende il
massimo impegno dai suoi uomini. Sa che dietro un dipinto di
Raffaello ci sono tanti intenditori, collezionisti, mercanti d'arte
con pochi scrupoli, in Italia e all'estero, disposti a borsare una
grossa cifra per accaparrarsi uno di questi tesori. Per sé e per
nessun altro.
I cinque casi raccontati in questo
romanzo da Valerio Massimo Manfredi ci ricordano quanto il nostro
patrimonio sia a rischio e non solo per l'incuria del tempo e
dell'uomo.
E quanto sia importante il lavoro dei
nuclei investigativi che indagano sui furti di opere d'arte.
Detto questo, veniamo al libro che,
purtroppo per quelli come me che hanno apprezzato i suoi romanzi su
Alessandro Magno, su Ulisse, sul tiranno di Siracusa, i thriller
storico-archeologici su Mosè, sugli etruschi, sull'ultima legioneromana, l'impero dei draghi .. rimarranno un po' delusi.
Non sono riuscito ad immedesimarmi del
tutto in questo nuovo personaggio, nelle sue storie, nelle sue
vicende personali. Una figlia diventata adulta senza madre. Un donna
importante, conosciuta ai tempi in cui si occupava di rapimenti.
Forse, se anziché più racconti,
Manfredi si fosse concentrato su uno solo, dando il tempo al
personaggio di farsi conoscere al lettore, il libro sarebbe riuscito
meglio.
Ma rimane un mio parere ..
Anche perché, per come finisce
l'ultimo racconto, ci sarà modo di tornare sul colonnello dei
carabinieri Reggiani.
La scheda del libro sul sito di Einaudi
e qui
potete scaricare l'incipit del libro.
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