30 novembre 2018

Rassegna stampa veloce


Questo è il populismo: prendere una storia e raccontarla come ci fa comodo (rivoltare la frittata si diceva).
Gli immigrati prendono la pensione mentre gli italiani fanno la fame: il fatto che molti immigrati paghino le tasse è poco significativo.
Prima gli italiani, anche gli italiani come il cavaliere nero a cui dovremmo chiedere scura (come ci dice Renzi) che di tasse se ne intende.

Questo invece suona quasi come una presa in giro.
Lo Stato ci deve la verità su Regeni (Repubblica): ma anche ieri ci doveva la verità, coi passati governi che pure con Al Sisi non hanno mai rotto veramente i ponti.

29 novembre 2018

Un caso di cronaca

Nel giorno in cui il governo riesce a far approvare il suo decreto (in)sicurezza, un episodio che una volta sarebbe stato catalogato sotto la voce di cronaca (l'imprenditore che ad Arezzo spara ad un ladro dopo l'ennesima rapina) fa tornare in auge il tema della legittima difesa.
Un episodio drammatico, un imprenditore costretto a dormire in azienda con l'arma a portata di mano e una persona (perché il ladro rimane sempre una persona) ucciso dai colpi sparati.
Un episodio che ci racconta dello scarso controllo da parte dello stato, della sfiducia dei cittadini (che pure pagano le tasse per avere sicurezza dallo Stato) costretti a difendersi da soli.
Eppure, per quello strano fenomeno per cui noi leggiamo la realtà al contrario, il ministro Salvini e la sua Lega sono riusciti a cavalcare anche questa storia e ad usarla per la loro propaganda.
Ogni volta ci tocca ricordare come la soluzione del far west non risolve nulla: esiste già una legittima difesa che passa per delle indagini e per un giudice.
E anche con la riforma Salvini ci saranno delle indagini ed un giudice: solo, le persone si sentiranno autorizzate ancor di più a sparare.
Lo stesso effetto collaterale che otterremo col decreto sicurezza: meno integrazione, meno cura dei migranti che arrivano, più materiale per i signori populisti.

PS: tempi difficili per il paese ma nemmeno l'opposizione se la passa bene e quanto ne avremmo bisogno di una opposizione seria che sia presente nel paese e meno sui social e che non se ne esca con baggianate del tipo meglio Berlusconi di Salvini.
Abbiamo già dato, grazie. Non rimpiangiamo Berlusconi e non apprezziamo (per usare un eufemismo) l'attuale ministro dell'interno.
Così come non apprezzavamo la proposta sulla legittima difesa del PD

28 novembre 2018

Fumo nero

Forse non aspettavano altro, per dare un sussulto alla loro forma di opposizione social.
L'appello di Zagrebelsky per una resistenza civile di fronte alle mosse del governo.
L'inchiesta delle Iene sul padre del ministro Di Maio.

Cari dirigenti del Pd così attivi sul web e forse meno sul territorio, pensate veramente che sia questa la strada per una vera opposizione?
Ovvero sfruttare le accuse di lavoro nero sul padre di Di Maio facendole ricadere sul figlio (come se il figlio avesse fatto qualcosa per nasconderle o per aiutare il padre).
Anziché del fumo di nero bisognerebbe occuparsi del problema del lavoro nero oggi.
O del lavoro sotto pagato, come quello delle migliaia di giornalisti precari, pagati a pezzo.
O dei pendolari e dei loro problemi quotidiani.
O delle vittime dell'amianto, che solo in Lombardia l'anno scorso sono state 2000 e di cui molti processi sono a rischio prescrizione (ah già, la prescrizione da bloccare non va bene siccome la propone il m5s).

Questo non toglie che poi serva qualcuno che faccia le pulci alla maggioranza  (uso le parole del direttore Calabresi) e all'esecutivo sulla legge di bilancio, le riforme e le proposte.
Ma bisogna prima di tutto essere credibili come opposizione, non scimmiottare gli atteggiamenti e i bullismi.
Per esempio, la vecchia maggioranza che oggi rinfaccia a Zagrebelsky di essere stato silente coi 5 stelle che stanno smantellando la Costituzione, è sicura di avere la coscienza a posto?

27 novembre 2018

I ragazzi dello zoo di Milano, di Riccardo Besola Andrea Ferrari e Francesco Gallone



Prologo 
Milano, Bastioni di porta Venezia, giovedì 16 marzo 1978, ore 3.00 
I Bastioni di Porta Venezia dormono con un occhio solo. Con l'altro osservano sospettosi una Bmw color vinaccia parcheggiata da poco in viale Vittorio Veneto, proprio all'angolo con corso Buenos Aires.A Milano, di questi tempi e soprattutto a quest'ora di notte, quando tutto è più scuro e silenzioso, anche il minimo movimento, il più insignificante rumore, può apparire, al contempo, sospetto e inquietante.Due colpi secchi rimbombano nella notte, la violentano, e destano di soprassalto tutto il circondario. Immediatamente si levano al cielo le grida disumane delle scimmie dello Zoo che s'affollano, idrofobe, contro le sbarre del gabbione. Gli fanno eco, come un coro da tragedia greca, i richiami e i frullli d'ala degli uccelli tropicali, insieme alle prime voci degli uomini che s'affacciano alle finestre delle camere da letto.Nel mezzo di tutto questo frastuono, nessuno avverte il tonfo del corpo che stramazza a terra.

16 marzo 1978.
Il giorno dell'agguato in via Fani, del rapimento del presidente della DC Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, della strage della sua scorta.
Un giorno importante della Storia del nostro paese, la storia con la S maiuscola.

Nello stesso giorno, anzi nella stessa notte, avviene però un episodio criminale di quella storia minore, diciamo quella con s minuscola: qualcuno è entrato dentro lo zoo di Milano (eh, sì, Milano una volta aveva anche uno zoo, poca roba certo e non è che gli animali fossero tenuti bene), ha rubato Bombay, l'elefantessa che era la passione di tutti i bambini milanesi.
Ma quel qualcuno ha anche ucciso una guardia dello zoo e pure una scimmia.

Mentre il paese assiste angosciato alle notizie che arrivano dalla televisione, dai servizi del TG ancora in bianco e nero, quel duplice omicidio (perché anche se non interessa a nessuno, anche la scimmia è stata uccisa) è affidato al capo della sezione omicidi della Mobile di Milano il commissario Benito Malaspina, assieme al suo assistente, l'agente scelto Venditti.
Non è un momento semplice, per Malaspina, diventato padre da poco e dunque alle prese con notti in bianco, pianti e pappine: non è semplice nemmeno perché il capo, il commissario Puglisi, li considera quasi come due appestati, loro due che si devono occupare di una guardia dello zoo mentre tutta la polizia è sulle tracce delle Brigate Rosse.

Ma un delitto è un delitto e ogni morto merita giustizia: anche Pietro Dosio, così si chiamava la guardia. Sposato con due figli, trasferito da un anno da Torino dove lavorava alla Fiat.
Malaspina parte da qui: dall'abbandono del posto fisso nella grande fabbrica torinese che, scoprirà poi, è stato un abbandono quasi provocato. Dosio era stato accusato di piccoli furti in fabbrica e con le sue dimissioni si era messo a tacere il caso.
La guardia è stata uccisa per caso, durante il rapimento di Bombay, oppure c'è altro dietro?
La moglie del morto sembra nascondere altro: per esempio quello zio che l'aveva chiamato a Milano e che Pietro chiamava lo zio d'America e che viveva ai margini della legalità.
Un giro di scommesse illegali, in cui compariva anche uno strano soggetto, muto e dunque chiamato nell'ambiente “parola”.
A volte ridere è una favola.Una favola che ci si racconta volentieri, per non pensare che dietro una risata si possono nascondere un sacco di cose che è meglio seppellire.Dino Lazzati, detto Fernet, giornalista di nera,non ha mai raccontato una favola in vita sua. Ha sempre e solo raccontato di Milano e dei milanesi, in particolare di quelli la cui vita era legata ai fatti di cronaca nera.

Un aiuto all'indagine arriva anche da Fernet, ovvero il giornalista de La notte Dino Lazzati che qui troviamo sempre alle prese con una nuova esperienza da radio giornalista per una delle tante radio libere nate nel corso dell'anno precedente.
Una radio che trasmette da un palazzo in via Rembrandt e che si chiama Radio Focolare (omaggio a Radio Popolare di Milano) e da cui conduce una sua trasmissione di cronaca dadaista (prendersi in giro e prendere in giro la realtà, così si usava allora): in un tam tam tra le altre radio di Milano, gli arriva voce che implicati nel furto del pachiderma ci sarebbe un gruppo di “indiani metropolitani” accampati nella zona di via Ripamonti. Il furto di Bombay sarebbe da interpretare come un gesto di rivolta contro il sistema, liberare l'animale dalle catene dello zoo. Per tenerlo chiuso da altre catene in una delle tante cascine semi abbandonate che si trovano tra Milano e Lodi.
Cascine non ancora stritolate dalla morsa del cemento che, pezzo dopo pezzo, si è preso una buona parte della Milano non ancora da bere.
Ne sa qualcosa l'Osvaldo, padrone della bocciofila del capolinea, che abbiamo già conosciuto nei precedenti romanzi della serie con Malaspina e Fernet.
E un ruolo nella storia, non secondario lo avrà anche lui, l'Osvaldo, l'omone buono che anni prima aveva pensato di dare una svolta alla sua vita rubando la Madonnina, pensate voi..
Un ruolo lo avrà anche il suo figliolo Giovanni, che da anni frequenta quella strana gente e che aveva pure rischiato una sbandata.

In quest'ultimo giallo del trio delle meraviglie, Besola Ferrari e Gallone, respiriamo a pieni polmoni l'aria del poliziottesco anni settanta: la polizia che si muove sulle Alfa verdi, i giovani che protestano nelle strade dove ci si scontra e dove ci si spara anche.
E dove si viene uccisi per la strada a diciannove anni, come successo a Fausto e Iaio
Radio Popolare, sono le ventuno e diciassette, interrompiamo le trasmissioni per una notizia che ci è appena arrivata: Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due giovani di diciannove anni, sono stati uccisi questa sera in via Mancinelli, dietro al Centro Sociale Leoncavallo dove doveva tenersi un concerto di blues... I loro corpi sono ancora a terra”.

Se l'omicidio di Fausto e Iaio è rimasto senza colpevole, quello della guardia verrà invece risolto da Mala, il commissario Malaspina, aiutato da “Er Mangusta” Venditti, il poliziotto romano de Roma che, piano piano, si sta quasi innamorando di questa città, Milano, che fa sì la difficile, ma alla fine un sorriso lo regala a tutti.
Milano incubatorio di quello che poi l'Italia dovrà passare, oggi come nel passato, visto che da qui sono partiti fascismo e le prime mosse della Resistenza: perché a Milano si mescola tutto “piombo e sangue, ma anche di arte, musica e fantasia”.
Venditi incurva la bocca in una smorfia, ma non insiste. In fondo, un giorno alla volta, sta scoprendo che questa ragazza pallida che è Milano, che non è procace come la sua Roma, che porta i capelli raccolti e comodi per lavorare e non sciolti e voluttuosi, che abbottona la camicetta fino all'ultima asola e non la lascia morbida sul decolleté, che non ride apertamente ma sorride timida, lo sta conquistando. Certo, non cucina come Mamma Roma, ma non ti lascia comunque a digiuno.

Anche Venditti avrà la sua possibilità alla radio, dove dovrà destreggiarsi col dialetto milanese (“Cent cu cent crap, cent cuu dusent ciapp!”) e potrà spiegare anche la differenza nell'uso di Me cojoni e sticazzi (omaggio degli autori a Rocco Schiavone?).

C'è il delitto, c'è l'inchiesta che porterà a scoprire una storia di sfruttamento e di disperazione. Il frutto avvelenato da cui nasce il desiderio di vendetta.
Ma, attenzione, non dimentichiamoci che c'è ancora una elefantessa da liberare, elefantessa che gli autori ci fanno conoscere attraverso i suoi pensieri, di animale dietro le sbarre.
Ma siamo sicuri che ad essere dietro le sbarre, incatenata, sia solo lei?
Casa mia è questa, dove ho trascorso tutta la mia vita. Casa mia è un quadrato di terra da cui non esco mai. Casa mia è una gabbia. Bentornata a casa, Bombay.Ma tutte le loro vite, in fondo, le trascorrono in una gabbia. Pure loro. Io li vedo. Venire allo zoo è l'ora d'aria per le loro famiglie, un intermezzo nella prigionia del quotidiano.Ma non sono un filosofo. Bombay sa solo barrire, salutare, e mettere gli occhiali. Tutti questi pensieri, non li conoscerà mai nessuno. E, in fondo, non importa.Sai che c'è?Buonanotte.

In questo video del 1948 potete conoscere la vera Bombay (perché l'elefantessa non è mica inventata), arrivata in Italia nel 1932 e morta nel 1987




I predenti romanzi della serie con Malaspina e Fernet



La scheda del libro sul sito dell'editore Frilli
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

Report – Affari di cuore

I dispositivi medici ci allungano la vita e spesso ci fanno vivere meglio, ma quanto sono sicuri?

La seconda inchiesta riguarderà invece i rischi legati all'emissione delle onde dei cellulari.



Ma prima, il servizio sul consumo di pane



Pane a rendere – di Giulia Presutti



Il mercato del pane vale 6 miliardi di pane ma i panificatori italiani rischiano di essere strozzati dalla grande distribuzione, che impone prezzi sempre più bassi: si rischia di perdere la diversità del pane e a far chiudere i panifici (possibile che anche loro si debbano fare intervistare di nascosto come dei pentiti?).

L'Antitrust sta indagando sulla posizione dominante dei supermercati.



Il servizio è partito con la storia della Panem, strozzata dalla grande distribuzione per le clausole che imponeva, per esempio sul pane invenduto che dovevano ritirare.

Il pane invenduto della Auchan per esempio doveva essere ritirato dal panettiere, che così rischia di avere solo perdite.

Eppure i panettieri, per la grande concorrenza, sono costretti ad aggrapparsi alla grande distribuzione ed accettare le condizioni del reso da Coop, Conad, Auchan..



La giornalista ha cercato di intervistare i responsabili di Conad, durante un evento pubblico ed è stata trattata peggio dei criminale: siete faziosi, fate solo accuse .. la risposta del responsabile comunicazione.



L'antitrust sta indagando sulle fattureemesse dai panettieri: i panettieri consegnano il pane fresco e si deve riprendere il pane avanzato, si tratta di 5 tonnellate di pane, di cui una parte è recuperata grazie al Banco Alimentare.



In Gran Bretagna il pane raffermo diventa birra, dopo una trasformazione, in Francia i supermercati sono costretti a donare il pane invenduto.

Qui invece possono giocare coi resi e ordinare più pane del necessario, tanto nessuno gli fa le pulci o impone multe.



Affari di cuore di Giulio Valesini



Sono stati capaci anche di certificare una retina per arance, i giornalisti del gruppo ICIJ: la giornalista olandese ha convinto l'ente certificatore che quella retina poteva essere impiantata nel corpo di una donna.

I dispositivo medici sono utili, salvano vite, ma ci sono casi in cui la certificazione è arrivata troppo presto: dietro ci sono grossi interessi delle multinazionali che hanno comprato i brevetti e spessi questi non coincidono con quelli dei pazienti.



Giulio Valesini assieme ai colleghi Aldo Ciccolella e Simona Peluso hanno fatto un rigoroso lavoro di indagine, partendo dalla convention di Monaco del'agosto 2018: a fianco degli stand dei medici sono presenti anche gli sponsor e le multinazionali.

Sono conferenze finanziate dalle multinazionali, danno soldi agli organizzatori di questi incontri che poi invitano i medici per mostrare i prodigi della tecnologia: tra questo la Tavi, la valvola per curare la Stenosi, una malattia frequente per gli over 70.

Con questa valvola si evita l'operazione al cuore aperto: questa invece si inserisce con un catetere, ma alcuni cardiologi hanno dei dubbi sulla sua durata.

Uno di questi, intervistato, ha mostrato il caso di una Tavi ridotta male per la calcificazione: non si conoscono ancora i suoi effetti nel lungo periodo.

In effetti nasceva come strumento per pazienti anziani con bassa aspettativa di vita: ma oggi succede che viene impiantata anche per sessantenni.



Il dottor Dvir, ha raccontato dei problemi di questa valvola: meglio una valvola chirurgica se il paziente ha cinquant'anni, ci sono ancora rischi nel lungo periodo con la Tavi, come la trombosi, come il rischio degenerazione.



Il brevetto della prima valvola Tavi è stato venduto per 125ml di dollari, dal dottor Leon: l'azienda è stata ampiamente remunerata e Leon è stato tra i medici che hanno approvato il brevetto, col rischio di una situazione da conflitto di interessi.

Leon avrebbe preso finanziamenti da delle multinazionali, ma la parola “conflitti di interesse” fa sbottare il medico.



Studi analoghi in Europa hanno portato a scoprire che il tasso di mortalità, con la TAVI è più alto nei pazienti più giovani, rispetto a pazienti impiantati con valvole normali.

Nel nostro paese tra il 2001 e il 2011 è stata impiantata in pazienti giovani: il medico Tamburino è stato il primo ad impiantarla ma è anche medico che riceve soldi per consulenze e per le sue ricerche.

Meglio queste ricerche che nessuna ricerca, ha spiegato al giornalista: ma se poi i medici devono poi certificare  questi dispositivi (e non è il caso del dottor Tamburino) e ricevono finanziamenti, possono essere sereni nella loro scelta?



Ma un professore che è azionista e investigatore del prodotto sarà sereno nella sua scelta?

Serve un incentivo economico per le ore di lavoro e studio, non basta la salute del paziente, ammette il cardiologo Colombo.

Altro medico in odore di conflitto di interesse è il tedesco E. Grube, considerato un guru dalle multinazionali (ha lavorato per la valvola comprata da Medtronic): al giornalista ha parlato dell'importanza di entrare dentro i mercati emergenti, quando un giorno le valvole non saranno più pagate dai pazienti.



Grube ha promosso anche gli Stent della Biosensor, di cui possedeva anche delle Stock options: argomento poco gradito dal medico, stock options dentro i paradisi fiscali.



Il metodo è questo: il medico brevetta un dispositivo, con dei suoi studi presentati a convegni, poi il brevetto è comprato dalle multinazionali che poi pagano studi, convegni e anche azioni.

Homo, homini lupus...



Certo, ci sono ricerche e studi che sono benemeriti: servono a formare nuovi medici, a far circolare nuove idee.

Ma il conflitto di interesse rischia di trasformare il medico in un “opinion leader” il cui giudizio è condizionato dall'azienda che lo sponsorizza: ci sono condizionamenti economici e di carriera, anche in nostri ospedali.



A Tor Vergata si impiantano dispositivi della Medtronic che ha fatto anche una donazione: nessun problema, racconta il primario Romeo.

Che al giornalista ha detto di conoscere il direttore di Rai3, il vicedirettore …

Ma non ha spiegato come mai si spinga per la TAVI, che costa molto di più di una valvola normale e questo costo ricade sul pubblico.

E non spiega come mai non ci fosse un Heart team a gestire queste operazioni.



Il pacemaker della Saint Jude.



Il Nanostim è un pacemaker senza fili, impiantabile velocemente con una batteria che dveva durare 10 anni: un notevole passe in avanti rispetto ai pacemaker tradizionali.

Nessuna cicatrice, facile da mettere e da togliere: fu testato da delle pecore, serviva la certificazione CEE per metterlo sul mercato ed è arrivata in tre mesi su 33 pazienti.

Troppo poco forse, secondo il dottor Pappone: succede che poi, nel 2014 iniziano i primi problemi, per la batteria che durava molto poco.

La St Jude ha dovuto sospendere gli impianti nel 2016: le batterie si scaricavano in fretta, troppo, mettendo a rischio la salute del paziente.

Altri problemi sul bottone che fissa il dispositivo, in Germania ci sono stati due casi di morte, in Italia alcuni sono stati sostituiti, affiancandoli con un pacemaker tradizionale.



Ma come si ottiene la certificazione?

La fretta di entrare nel mercato spinge forse le imprese a fare pressioni e fare studi poco rigorosi?

Il controllo non lo fa lo Stato, ma a diversi enti certificati, che a volte sono anche soci in affari con le stesse multinazionali.

E fino al 2017 non c'era nemmeno l'obbligo di dimostrare il beneficio del brevetto: così sono stati approvati in Europa delle protesi che, in America, non sarebbero state fatte passare, così ha raccontato il direttore della FDA.

Sembra che in Europa abbiamo fatto uno scambio, velocità in cambio della sicurezza: l'azienda può scegliere il suo ente certificatore e non c'è obbligo di trasparenza degli atti, né per il paziente né per i giornalisti.

È un sistema che era noto all'Unione Europea: servirebbe un ente pubblico unico, che operi in modo trasparente come la FDA.

Non ha alcun senso in Europa” spiega Dario Pirovano, siamo 27 stati membri: ma un device approvato in Europa ha il doppio della probabilità di avere un richiamo, rispetto ad un prodotto approvato in America.



In Europa anche una retina può essere considerata dispositivi medico da impiantare nelle donne, per prevenire il prolasso: è questo il lavoro di Jet Schouten, giornalista olandese, che ha usato il principio dell'equivalenza.

Ha prodotto una documentazione di 121 pagine in cui si sono inserite anche informazioni tecniche dove si evidenziavano i rischi delle “retine”.

Ma gli enti certificatori non hanno detto di no: li hanno trattati come soci in affari, non come dei controllori.



Questo spiegherebbe anche gli scandali avvenuti in Italia: le pompe di insulina, le protesi che sono state sostituite..

E così l'Europa ha deciso di creare un database per i dispositivi ma senza trasparenza, per evitare che certi dati arrivino ai pazienti che poi possono spaventarsi.



Sul sito di Report e de l'Espresso è pubblicato un elenco dei dispositivi medici fallati: sono dati pubblici che è bene che siano consultati assieme al medico, che darà il supporto necessario.






26 novembre 2018

L'inchiesta sulla sicurezza dei dispositivi

Oltre a guardarvi Report stasera, se potete leggetevi anche l'inchiesta uscita con l'Espresso (a firma PAOLO BIONDANI, GLORIA RIVA E LEO SISTI) sulla sicurezza dei dispositivi medici che impiantiamo nel nostro corpo:
La nuova inchiesta Implant Files coordinata dall’ International consortium of investigative journalists (Icij) , a cui hanno partecipato per l’Italia L'Espresso e Report, documenta per la prima volta come funziona e quali segreti nasconde il ricchissimo business dei cosiddetti dispositivi medici (medical device). Un mercato in continua crescita, dominato da multinazionali con un giro d’affari da oltre 350 miliardi di euro all’anno, ma totalmente fuori controllo. I dati ora rivelati mostrano che solo negli Stati Uniti, dal 2008 al 2017, sono stati registrati oltre 82 mila casi di morte e più di un milione e 700 mila lesioni personali collegate a migliaia di apparecchi segnalati come difettosi, guasti, usurati o malfunzionanti.

Le inchieste di Report: la sicurezza dei dispositivi, delle emissioni e il pane quotidiano


Anche questa sera le inchieste di Report toccano argomenti che ci riguardano da vicino:
  • Aumentano i pazienti che hanno bisogno di impiantare dispositivi medici e protesi. Sono sempre necessari e sicuri?
  • Nuovi studi chiedono di rivalutare i rischi per chi usa il cellulare
  • Quanto pane viene buttato dalla grande distribuzione?


L'anteprima di questa sera è dedicata al pane:
Ogni anno ne sforniamo quasi 2 milioni di tonnellate, l'85% è artigianale. Nel nostro paese ne esistono 300 specialità diverse: un'eccellenza tutta italiana, che però sta andando in sofferenza. Perché?

Pane a rendere – di Giulia Presutti

La scheda del servizio:
Ogni anno sforniamo quasi due milioni di tonnellate di pane. L'85% è artigianale: circa un milione e 600 mila tonnellate sono impastate da piccoli fornai. Nel nostro Paese ne esistono fino a 300 specialità diverse: un'eccellenza tutta italiana. Ma il consumo cala di anno in anno: dal 2016 al 2017 la produzione è scesa dell'1,7%, e se fino a dieci anni fa ne mangiavamo in media 100 grammi al giorno, ora ci fermiamo a 80. I panettieri sono in difficoltà e per allargare il mercato scelgono di rifornire la grande distribuzione. Auchan, Carrefour, Conad, Coop, Esselunga, Eurospin sono le sei catene più grandi e nei loro confronti l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha aperto sei istruttorie: secondo l'Antitrust, i supermercati comprano il pane dai forni, ma poi a fine giornata riconsegnano loro l'invenduto. E tutti questi avanzi che fine fanno?

La sicurezza dei dispositivi medici

Grazie a pacemaker, protesi ortopediche, agli erogatori di insulina milioni di persone vivono meglio e più a lungo: ma dietro questi dispositivi impiantati nel nostro organismo, c'è un mercato in forte espansione, che vale quasi 200mln $, dove gli interessi delle multinazionali non sempre coincidono con gli interessi dei pazienti.
In Europa sono 50 le società provate che danno il via libera all'immissione di questi dispositivi nel mercato: ma chi le controlla? I controlli sulla sicurezza funzionano davvero?


Monaco, agosto 2018: migliaia di medici si sono incontrati qui per il convegno europeo della Società della cardiologia, dove si discute di nuove terapie per le malattie del cuore.
Ma vicino ci sono anche gli sponsor, le multinazionali che producono i dispositivi medici per il cuore.
Come la Tavi, una valvola che cura la Stenosi dell'aorta, una delle malattie più diffuse al mondo: al convegno te la fanno provare come se fossi in un videogame.
Una cura rivoluzionaria perché è alternativa alla chirurgia, se non ci sono complicazioni, con questa valvola dopo pochi giorni sei a casa.
Ma è una metodica nuova di cui ancora non si conoscono bene gli effetti nel lungo periodo - racconta a Giulio Valesini un medico nell'intervista.

Il giornalista ha raccontato di un rapporto poco trasparente tra medici e le multinazionali che producono questi dispositivi: spesso ci sono medici che aiutano delle startup a produrre il loro brevetto, poi acquisito da una multinazionale da cui il medico incassa poi i soldi, continuando a lavorare in studi finanziati dalla multinazionale stessa.
E prendere altri soldi per andare poi ai convegni a parlar bene dei prodotti sponsorizzati.

Questo è quello che è successo per il pacemaker senza fili: sperimentato in repubblica Ceca su alcune pecore è stato poi comprato da una multinazionale.
Che aveva garantito che la batteria doveva durare almeno 10 anni ma che invece è durata molto poco.

Questo servizio è frutto di un lavoro di indagine dell'ICIJOrg,il gruppo investigativo internazionale in cui Report lavora assieme ai giornalisti de l'Espresso: sul sito del periodico potete trovare infatti il video del direttore che presenta tutto il lavoro fatto.

I pacemaker, le protesi ortopediche, gli erogatori di insulina. Grazie a questi e altri dispositivi oggi viviamo meglio e più a lungo. Ma l’espansione frenetica di un mercato da quasi 200 miliardi di dollari, guidato da multinazionali europee e americane, non sempre coincide con gli interessi dei pazienti. Il servizio illustrerà diverse tecnologie che hanno mostrato problemi rilevanti, dal pacemaker senza fili Nanostim alle protesi all’anca, passando per valvole cardiache e retine pelviche. Lo stesso ministero della Salute ha ammesso a Report che in fase di vigilanza molto spesso gli incidenti non vengono riportati, cioè non sappiamo davvero quanto un device sia pericoloso per la salute. La Commissione europea si è resa conto che le cose non vanno e nel 2017 ha varato una riforma del settore, il regolamento MDR 745. Ma funzionerà davvero o è stato scritto per lasciare tutto com’era?

Gli effetti delle onde – effetti collaterali del cellulare

Non c'è solo il problema della dipendenza dal nostro smartphone, il boom delle notizie sparate in rete che ci stanno facendo regredire ad animali della giungla, incapaci di fare un ragionamento dall'inizio alla fine.
C'è anche il rischio per l'inquinamento per le onde elettromagnetiche cui siamo esposti: quelle della rete dei cellulari e quelle dei dispositivi connessi alla rete.
Siamo esposti a questo inquinamento quando usiamo il cellulare in auto e perfino quando siamo a tavola dove accanto al tovagliolo posiamo il nostro cellulare (si arriva ad una misurazione di 11v/m).
Quando andiamo al lavoro usando i mezzi pubblici e dove tutte le persone stanno col volto chinato sul display dello smartphone, in un ambiente chiuso e metallico, dove le onde fanno fatica ad uscire.


In Italia esistono dei limiti per legge (6 volt per metro) eppure alla stazione Termini il giornalista di report riporta un dato due volte superiore al limite (fino a 13v/m), dato segnalato all'Arpa regionale.
Ma i controlli sulle radiofrequenze sono sicuri?
All'ARPA ammettono di non aver mai fatto controlli alla stazione Termini, ma sono disposti a farle anche subito se qualcuno glielo segnala.
Così Lucina Paternesi ha seguito il controllo a sorpresa dei tecnici dell'ARPA dentro la stazione: che cosa succederà ora?

La scheda del servizio: Onda su onda di Lucina Paternesi (qui su Raiplay)
Auto che si guidano da sole, droni che consentono di capire quando è ora di irrigare e avviare servizi di emergenza in caso di terremoto. Sono solo alcuni degli esempi dell’Internet of things, la rete di quinta generazione che stiamo già sperimentando anche in Italia. Mentre la tecnologia procede spedita verso le nuove frontiere, la scienza, invece, mette in luce alcuni rischi connessi all’uso dei cellulari. Quest’anno, infatti, si sono conclusi due importanti studi scientifici portati avanti da un prestigioso ente di ricerca pubblico americano e da un centro privato italiano. Entrambi gli studi hanno analizzato l'esposizione dei ratti alle radiofrequenze e, seppure uno studio si sia concentrato sulle radiazioni emesse dai cellulari e l'altro su quelle delle antenne, i risultati sono molto simili. Ma che valori emette un telefono cellulare mentre è in funzione? E, soprattutto, chi ha deciso quali sono i limiti di esposizione per la popolazione?
Intanto, tra associazioni private che decidono le linee guida che poi i governi adotteranno e modelli di misurazione delle esposizioni stabilite dagli stessi produttori di telefoni, in Francia scoppia lo scandalo ‘Phonegate’: due modelli di cellulare sono stati ritirati dal mercato perché le emissioni superavano le soglie stabilite dalla legge. E in Italia cosa accade? Chi controlla su emissioni e cellulari?


25 novembre 2018

Verrà un giorno (in cui non avremo bisogno della giornata contro la violenza sulle donne)

Oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne: è una giornata di hashtag, di iniziative in piazza, di testimonianze.
E' importante però che si faccia lo sforzo di andare oltre l'iniziativa isolata: oggi c'è la violenza perché manca la protezione nei confronti delle donne che la subiscono. Perché i centri antiviolenza vengono chiusi, anche a Roma dove poi la sindaca Raggi fa il suo post in difesa delle donne.
Perché le donne che denunciano poi o non vengono creduto o vengono lasciate a se stesse (perché la legge ha tempi lunghi, perché non possono abbandonare casa).
Perché in questo paese esiste ancora quella cultura maschilista per cui se vuoi offendere qualcuno lo chiami puttana (Di Battista e i giornalisti). E non puttaniere: se esistono le prostitute forse è perché ci sono tanti maschietti che le cercano, no?
Perché in questo paese, purtroppo, girano troppe armi in mano a persone che, oggettivamente, non dovrebbero possedere nemmeno un coltello.
Avere un arma è facile, in questo paese, specie se fai richiesta per uso sportivo (rivedetevi il servizio di Presa diretta).
Saperla usare è più complicato.

Verrà un giorno, raccontava nel suo monologo alla TV delle ragazze l'attrice Orsetta De Rossi, in cui non serviranno monologhi sulla violenza contro le donne:

"Se cambio la serratura di casa mia ha detto che mi ammazza. Non l'ho cambiata e lui è entrato in casa e mi ha strangolato mentre dormivo".

Ma quel giorno è lontano e molto dipende da noi maschietti (in diminutivo), da quello che decide di fare la politica (dove la sicurezza per le donne non è considerata sicurezza), le istituzioni (che dovrebbero investire nei centri per le donne).
Eh già, la politica.
Quella che non candida nessuna donna alle primarie per la segreteria del PD.
Quella delle ruspe, dell'odio, del pugno duro contro i più deboli.


24 novembre 2018

Il sapore del sangue, di Gianni Biondillo


Inpicit
Un lenzuolo steso fra i tetti e le cimase, puntellato dai colmi, dalle canne fumarie, dai merli ghibellini, gonfio, pesante, pallido, striato di fuliggine, opprimente, un panno sporco, caliginoso, pronto a cedere, a rovinare sulle teste dei passanti, un sudario infetto, estenuante, che batteva nelle tempie, tagliava il fiato, escludeva l’orizzonte.Questa fu la prima sensazione di Sasà, appena fuori dal portone. Il cielo come una copertura, un soffitto, sulla piazza Filangieri. E poi il cantiere della nuova metropolitana, a pochi metri dal carcere. La città che cambia, che sale, che scava, che costruisce, che non si ferma mai. Quattro anni di galera e va a finire che non riesco neppure ad orientarmi.

Dentro quest'ultimo libro, Il sapore del sangue, c'è dentro tutto il Biondillo che abbiamo conosciuto e amato nei suoi precedenti romanzi.
Le periferie e il centro della sua Milano: le prime che forse abbandonate no, ma un po' dimenticate, troppo lontane dalle luci delle vetrine e dei palazzi che svettano verso il cielo.
Milano che non è solo il Duomo, i grattacieli (quelli di Citylife, dove abita uno dei protagonisti) e le vetrine delle vie dello Shopping.
Milano che è una città dinamica, multietnica, dalle mille facce, con mille dialetti e mille voci. E con ancora troppi problemi da risolvere.

Come la criminalità (non solo la criminalità da strada) che viene raccontata dal di dentro, non riportando un modo pedissequo le cronache dei giornali.
C'è il racconto di come ha fatto un ragazzo svogliato a passare dall'ultimo banco della scuola, a diventare prima un cavallo della droga per conto della Camorra, e poi un feroce criminale per conto della Locale milanese.
Una storia criminale che scopriremo un pezzo per volta, grazie a tanti piccoli flash back indietro nel tempo.
Il racconto delle mafie a Milano e delle loro dinamiche dall'interno: i loro rapporti nei confronti della politica, della borghesia imprenditoriale, quella che Milano è la locomotiva del paese, che se potessimo starcene da soli..

E poi quegli splendidi personaggi raccontati con la solita ironia, tagliente e onesta, uomini e donne alle prese con la vita. Che scorre e va anche per l'ispettore Michele Ferraro, antieore, pigro e un po' indolente, non un gourmet, non un tombeur de femmes: uomo e padre con molti difetti, separato da una moglie a cui è ancora legato e con una figlia diventata grande oramai.
Incontriamo l'ispettore Michele Ferraro del commissariato di Quarto Oggiaro dopo una notte diturno alle prese con le denunce dei milanesi brava gente, quelli che io mi alzo presto, che ci vorrebbe una guerra per quelli (come se una guerra sistemasse mai le cose), che sono stati gli zingari, no gli alieni, come gli racconta il "pancotto paranoico", l'ultimo cittadino che sporge denuncia all'apposito ufficio.

Ferraro, negli anni, aveva chiuso ogni account a suo nome in rete. Niente pagine sui social, niente blog, niente di niente.Non guardava neppure i commenti agli articoli sui quotidiani on line. Era una forma di igiene mentale. Non ce la faceva più leggere sul divano di casa quel ciarpame da leoni da tastiera per poi risentirlo identicamente rabbioso, da vivo, ad ogni denuncia in commissariato. Era come si fosse rotta ogni diga.Non c'era più differenza tra il virtuale e il reale. Nessun pudore, nessuna remora, nessun codice di civile convivenza. Non era vero che la rete imitava in sedicesimo la realtà Era la realtà che era diventata una copia ipertrofica della rete.

Il sapore del sangue è un romanzo che si gioca tutto nell'arco di 48 ore, in una Milano fredda e sommersa dalla neve (vi ricordate quella nevicata del 1985? Ecco, proprio quella..), dove la vita dei protagonisti di questa storia subisce una brusca accelerazione per il succedersi di una serie di eventi inattesi.
Un detenuto, Sasà Procopio, che esce da San Vittore in una fredda mattina di gennaio, respirando dopo quattro anni di carcere l'aria della libertà. Come ha fatto ad uscire dal carcere, visto che rischiava una pena da 30 anni per i reati fatti? Che cosa ha intenzione di fare, quali i suoi progetti in questa Milano che stenta quasi a riconoscere?
... Aveva le orecchie ghiacciate. La destra e ciò che restava della sinistra. Tirò su il cappuccio della felpa, troppo leggera, primaverile. Il tempo di farsi portare un giaccone pesante non c’era stato. Meglio così, nessuno deve sapere che sto respirando da uomo libero. Finché mi credono al gabbio ho tutto il tempo che voglio, si tratta solo di usarlo bene. Niente cazzate, si diceva. Aveva un piano, l’aveva studiato nelle notti insonni, nelle mattinate in cella al quarto raggio, nelle ore d’aria. Niente cazzate e tutto andrà come deve andare.

Il giovane rampollo della famiglia che controlla la locale ndranghetista di Milano: giovane e rampante, a capo di una piccola gang che dovrebbe occuparsi della raccolta del racket (ma la mafia a Milano c'è ancora?) e che si fa prendere la mano quando incontra quel signore anziano col cappuccio calato in testa per coprirsi dal freddo.

L'uomo di fiducia della stessa famiglia, quello che tiene i rapporti con la politica e con l'imprenditoria, chiamato "Ciccio pasticcio" (ma non davanti a lui): è così spaventato dalla scoperta che Sasà è uscito dal carcere da sudare freddo. Com'è possibile aver paura di qualcuno, se sei dentro una famiglia che controlla diversi business nel cuore di Milano, che ha le spalle coperte per le potenti amicizie con la politica regionale (quella di casa e famiglia, dei valori tradizionali di giorno, ma delle cene eleganti a base di sesso e coca di notte)?
Se don Pietro fosse venuto a conoscenza dell'oro, per Greco sarebbe stata la fine, la goccia che avrebbe fatto traboccare il suo fragile vaso.Non si fanno affari fuori dalla famiglia. Non si mette la famiglia in difficoltà. Non si fanno gesti eclatanti. Lasciamo che si ammazzino in Aspromonte, in Sila. I giornali non ci fanno caso, sono morti di serie B. Ma nella capitale economica non si muore. Meglio evitare. I milanesi ammazzano al sabato perché il resto della settimana sono occupati a gonfiare il fatturato.

Infine tre donne, anche loro legate a quell'uomo appena uscito da San Vittore e la cui vita è stata condizionata da quella persona. La sorella Nunzia, Anna la giovane moglie e Chiara la figlia.
Anche loro hanno pagato il prezzo del sangue per quel fratello che non aveva lavoro ma che faceva regali costosi ai genitori e al nipote. Per quel marito che riceveva nel suo bar persone che nemmeno si potevano nominare. Per quel padre che hai visto per anni dietro le sbarre.

No, signori. Non chiamiamolo solo romanzo di genere, questo non è solo un giallo.
E' un racconto della Milano che è, delle classi sociali che non esistono più o che stanno scomparendo.

Delle periferie che cambiano nome per darsi un tono internazionale
Poi, senza rendersene conto, un po' alla volta, come un farmaco inoculato goccia a goccia aveva, cambiato quartiere. Senza mai trasferirsi. Non abitava più in una ex portineria in zona via Padova. Ora alloggiava in un loft di Nolo. Che era sempre la ex portineria ma detto in modo più figo. Ed era sempre nella stessa traversa della via principale dello stesso quartiere, ma chiamato con un altro nome. Perché qualcuno, pare un gruppo di giovani designer, aveva deciso per gioco di rinominare così tutta la zona nord di Piazzale Loreto. Nord Loreto. Nolo.

Di persone sempre più incazzate, impaurite, esasperate.
Scese le scale che portavano in metropolitana. Restava l'opzione più ragionevole, il traffico automobilistico era un vero delirio. Una volta non sarebbe stato così semplice, pensò. Quando doveva andare in centro da Quarto era un viaggio degno di Chatwin.Ora fra metropolitane, passanti, ferrovie ci si muoveva in fretta. Era come se avessero avvicinato i quartieri tra di loro, come se la città borghese non fosse così lontana. Ma persino la categoria gli sembrava poco convincente. Città borghese e periferie operaie. Aveva ancora senso? Non c'erano più fabbriche a Milano, non c'erano più operai, case del popolo, sezioni di partito, feste dell'Unità. Non c'erano più comunisti a Milano. Gli ultimi che vedeva vagare per le strade sembravano perduti nel tempo e nello spazio. Che fine aveva fatto la classe operaia, che ne era dei suoi ideali? Eppure le persone erano le stesse. Invecchiate, spaventate, incattivite.[..]Ma a voler essere obiettivi c'erano stati periodi peggiori, molto più difficili, molto più pericolosi di ora. Eppure la gente si lamentava, viveva nel sospetto, nella paura.Alla fermata di Porta Garibaldi il vagone si svuotò. Ferraro seguì l'onda. Avevano perso la speranza, ecco cos'era cambiato. Quelle persone, i suoi vicini di casa, i suoi amici di cortile, i suoi compagni di classe, erano prontissimi a vivere in un posto di merda, ad ammazzarsi di lavoro, a ingoiare rospi ogni giorno se questo significava offrire una vita migliore ai loro figli.L'alba luminosa li aveva illusi, il sol dell'avvenire a conti fatti si era dimostrato un semplice tramonto. Da qui la frustrazione incontenibile.

E poi, signori, tanto di cappello per il meccanismo perfetto messo in atto dal Gianni Biondillo: un meccanismo preciso dove ogni ingranaggio funziona alla precisione, dove tutto sembra collegato e dove un'azione irrilevante può avere poi conseguenze devastanti per l'effetto "farfalla".
Poco alla volta, andando a scoprire un pezzo alla volta del suo passato, scopriremo la storia di questo criminale, Sasà, della sua ascesa dentro la locale, della sua ferocia, e della sua dipendenza dal sapore del sangue.

PS: in questo romanzo c'è un grande ritorno, l'ex ispettore Lanza che torna al suo commissariato col ruolo di dirigente.
E poi c'è una scena, esilarante, di Ferraro alla ricerca del cellulare perduto, che viene rintracciato grazie al movimento della scarpa destra...

La scheda del libro sul sito di Guanda e il link da cui scaricare il primo capitolo.
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

23 novembre 2018

Leggendo i giornali

Ieri abbiamo scoperto che dobbiamo stare attenti anche all'eccesso di altruismo (con tutti i poveri che abbiamo da curare a casa nostra, e poi paga sempre pantalone ...).
Oggi sul giornale leggo delle sciopero dei medici di base e dei penalisti.
I primi che protestano per avere più fondi e per il rinnovo del contratto di lavoro.
I secondi contro la riforma del codice penale che blocca la prescrizione al processo di primo grado (come succede in altri paesi).
Diversamente dai macchinisti (ATM o Trenord) non trovo giornalisti che scrivano del week end lungo, dell'Italia ostaggio di queste categorie rimaste al secolo passato etc etc..
Grazie al cielo aggiungo: il problema della sanità è tremendamente importante, specie nelle regioni del sud, ma anche qui al nord dove rischiamo di trasformare la sanità come servizio per ricchi.
Il problema dei penalisti è che proprio non riescono ad accettare che la giustizia debba essere uguale per tutti, non solo per gli imputati che possono pagarsi un avvocato disposto ad andare per le lunghe.

Sono ormai dieci anni e passa che sento parlare di sanità pubblica (a rischio), di processo penale trasformato in una gara ad ostacoli e dove a furia di cavilli, rinvii (e per un sistema dove si fanno troppi processi) i processi terminano in prescrizione (e il diritto delle vittime a vedersi riconosciuta giustizia?).
E temo che ne sentiremo parlare ancora, vista la tendenza a regredire rispetto alle conquiste del passato: e non posso non pensare alla battaglia delle donne di "non una di meno" (ieri al Consiglio comunale milanese) per la difesa delle fasce più deboli della nostra società.

22 novembre 2018

Smanie d'altruismo e le spalle dei contribuenti

Scrive Gramellini, sulla vicenda della volontaria italiana rapita in Africa, Silvia Romano (con la sua smania di altruismo):

"Ed è vero che la sua scelta avventata rischia di costare ai contribuenti italiani un corposo riscatto."

I contribuenti italiani già pagano oggi i costi delle cattive scelte politiche passate: tra le tante, il mutuo aperto per i lavori di Italia 90.
Promesse, sprechi, ruberie che oggi pesano sul nostro groppone e che potrebbero costarci una procedura di ingrazione dall'Europa (oggi meno incline ad accettare buoni propositi).
Forse Gramellini, da buon padre di famiglia, da persona di buon senso voleva dire che siccome la nostra situazione è già complicata, non peggioriamola.
Vero, perché uno deve andare a fare il volontario lontano con tutti i poveri (non ancora aboliti) che abbiamo qui?

Certo, ogni anno migliaia di italiani fanno delle vacanze in posti esotici, col rischio di fare brutti incontri.
Ho fatto giusta una breve ricerca in internet e ho trovato qualche articolo, come la coppia rapita in Kenya nel 2014.
Ma forse siamo noi che non abbiamo capito bene Gramellini ...

21 novembre 2018

Ma chi governa?

Seguire l'attualità e la politica di questo paese sta diventando un qualcosa di frustrante.
Si dice il TAV o la TAV?
Ma perché non costruiamo più inceneritori, pardon, termovalorizzatori come a Copenaghen così andiamo a sciare tutti quanti sul tetto?
Stiamo per dichiarare guerra all'Europa (per alcuni decimali di deficit) ma sono pronte 60 milioni di baionette per difendere il suolo italico.
Rischiamo una procedura di infrazione per la manovra del popolo, ma ne rischiamo un'altra anche per lo smog.

Che politiche vogliamo mettere in atto per rendere l'aria più respirabile, per diminuire lo smog, per rendere più efficiente il ciclo di gestione dei rifiuti?

Ho l'impressione di trovarmi sempre fermo alla casella di partenza: prescrizione si prescrizione no, grandi opere si grandi opere no.
Nemmeno sulla lotta alla corruzione: ieri sera alla Camera (quando il governo è andato sotto sull'emendamento contro il peculato) è emersa la natura della Lega, pugno di ferro coi deboli e guanto di velluto coi furbetti.
Lega che oggi sta prendendo il posto, nel cuore di Confindustria e del partito del cemento, del PD renziano.

Ne usciremo mai fuori?
Difficile, ogni questione diventa un momento di scontro, si ragiona per partito preso, anzi, per tifo.
Chi governa non si sta dimostrando all'altezza e, a conti fatti, stiamo scoprendo che il ruolo del M5S è solo quello dell'opposizione.
Già, ma chi governa?

20 novembre 2018

Report – nero come il petrolio

Fiumi di petrolio arrivano dai territorio dell'Isis e dalla Libia, per la più grande evasione della nostra storia, 6 miliardi di euro di tasse inevase.
Poi i comuni indebitati che avrebbero bisogno di una boccata di ossigeno, Torino, Catania, Casinò: non bastano i corni sul tavolo di De Magistris.

Ma prima una bella bevanda energetica.

Energy boom, di Alessandra Borella

Analcoliche, zuccherate, premettono prestazioni esagerate: gli energy drink dalle farmacie sono passati agli scaffali dei supermercati, sono bevute anche dai ragazzini (anche 4 litri al mese, di una bevanda ex farmaco) e questo preoccupa le organizzazioni mediche.

Dentro queste sostanze c'è carnitina, taurina, ginseng e altre erbe stimolanti, caffeina: un mix del genere bevuto da un adolescente che effetto fa?
Il professor Zuccotti ha fatto una relazione per il ministero della salute: non c'è motivo per cui un bambino debba prendere questa bevanda energetica, c'è il rischio di disturbi di ansia, emicrania, insonnia.
Disturbi già registrati dall'università canadese di Victoria: vengono prese per non sentire la stanchezza della nottata, per rendere meglio nello sport e nello studio.
Ma molti di questi poi finiscono al Pronto Soccorso, perché vengono presi assieme all'alcool, ti fanno ubriacare e non te ne accorgi.
L'università di Messina ha fatto studi in tal senso che non sono stati sufficientemente presi in considerazione dal ministero: servirebbe lanciare messaggi chiari ai ragazzi, spiegandone i rischi e proibendo le pubblicità ingannevole.

In Lituania è vietata la vendita degli energy drink ai minorenni, qui il ministero della Difesa fa sponsorizzare da una di queste bevande, Forza Blu, presente sul sito della Marina.

Assobibe è l'associazione dei produttori: non sono preoccupati dall'incremento del consumo, meno degli effetti di queste con l'alcool.
Vedremo cosa faranno.

Nero come il petrolio di Giorgio Mottola

Un'inchiesta delicata, ma anche un consiglio ai ministri Tria, Di Maio e Salvini per recuperare quei 6 miliardi evasi, per il petrolio di contrabbando.
Una norma del governo Monti ha fatto proliferare nel paese le pompe bianche: nessuno controlla l'origine del petrolio e così, si è scoperto poi, che il 30% di quello che troviamo alle pompe, è frutto di contrabbando.
Petrolio che è arrivato anche alla nostra Marina militare, a Q8, Total, Eni.

Facendo il pieno, c'è il 30% di possibilità di finanziare le mafie, il terrorismo, di milizie.
In Siria, mentre infuriava la guerra, si aggirava un broker che cercava del petrolio da vendere alle società di intermediazione di materie prime: il petrolio estratto da Raqqa trova il canale giusto, con un prezzo interessante per arrivare qui da noi.
Il broker, intervistato dal giornalista, racconta che ha comprato il petrolio in Turchia, per aggirare le regole: petrolio pagato in armi e in medicinali, oltre che in denaro.
Grazie all'occupazione dell'isis, le compagnie europee hanno comprato petrolio a prezzi vantaggiosi, anche società italiane: petrolio che le immagini dei satelliti russi hanno mostrato, nelle lunghe code di camion.

Il giornalista di Al Araby intervistato tira in ballo la Saras de Moratti, ma fino ad oggi nessuna inchiesta ha dimostrato questa vendita, ma ci sono state delle operazioni di Saras, passate da UBI, estero su estero. I PM di Brescia che stanno indagando su UNI e Saras hanno aperto delle rogatorie in Turchia per vederci chiaro.

Saras ha confermato di aver acquistato petrolio dal Curdistan e dalla Turchia, ma non ha spiegato perché i soldi sono transitati attraverso dei paradisi fiscali, in operazioni condotte da una banca il cui consiglio di Gestione era presieduto da Letizia Moratti.
In leggero conflitto di interesse.

La certificazione dell'origine del petrolio fa acqua da tutte le parti: Mottola ha raccontato la storia di due broker maltesi, Debono, che si sono avvalsi della consulenza di un boss mafioso legato al clan Santapaola.
Un giro che parte dalla Libia, passa per Malta ed è arrivato passando per Augusta, alla Maxcom Bunker per finire alla marina militare.

Dal 2015 al 2017 nel deposito di Augusta sono arrivate tonnellate di petrolio di contrabbando, poi finite nelle pompe nel nostro territorio ma anche in Germania.
La Finanza ha aperto una indagine, che ha fatto emergere tutta la rete del contrabbando: da Marco Porta, manager della Maxcom.
Poi Ignazio Romeo, referente del clan Santapaola, particolare che Marco Porta conosceva, per via della sua segretaria Rosanna La Duca: “questa è la mala che non si può toccare, la mala giusta”.
Romeo presenta il manager della Maxcom ai broker maltesi Debono, che trovano subito un accordo: nelle intercettazioni si parla di Malem, Fahmi Mousa Saleem Ben Khalifa: Steve Spittaels, coordinatore del dossier Onu del 2017, spiega chi sia questo “Malem”: si tratta di un capo di una delle milizie (simile ad un clan mafioso), uno dei più grandi contrabbandieri libici su cui l'ONU ha indagato di più.
Il suo ruolo era quello di far uscire il petrolio fuori da Zawiya, un importante hub petrolifero.

I Debono caricavano il petrolio dall'Hub in Libia e con le loro navi lo portavano nelle acque di Malta: qui il petrolio era portato da una nave ad un'altra, veniva cambiata l'origine del petrolio falsificando i certificati di origine.
Tutto questo grazie al fatto che Malta ha una legislazione permissiva, troppo permissiva per poter contrastare il contrabbando.

Un rapporto dell'Onu del 2016 indicava Darren Debono come uno dei trafficanti più importanti: il suo nome è scomparso dai rapporti però, per i suoi rapporti coi servizi segreti spagnoli.

Del ruolo di Malta nel contrabbando di petrolio nel Mediterraneo ne aveva parlato già Daphne Caruana, prima di essere uccisa: oggi Debono si difende dicendo di essere solo uno che vende pesce.

Mottola ha cercato un'intervista anche con Ignazio Romeo, ora ai domiciliari.
Ci sono altri cartelli che operano nel Mediterraneo: il 30% del carburante prodotto in Libia e molto di questo contrabbando passa per le milizie, che però non si occupano solo di petrolio ma anche di traffico di esseri umani e poi ci sono molti politici connessi ai contrabbandieri – sono le parole del presidente del NOC Mustafa Sanalla.
Che, continua nell'intervista, l'Unione Europea non si è mai occupata seriamente di questi traffici, perché per i paesi europei (Italia in primis) l'unico problema è quello del traffico degli esseri umani, ignorano o fingono di non vedere il traffico di petrolio, che però è uno degli elementi che minano di più la stabilità del paese libico.

Eppure il mar Mediterraneo è il più militarizzato: aerei elicotteri navi eppure le navi dei fratelli Debono portano il petrolio qui da noi, tutto questo non ha una logica.
Questo petrolio alimenta i terroristi, le milizie che destabilizzano la Libia, favoriscono le migrazioni dei disgraziati.

Eppure la commissione europea e il governo italiano non hanno in agenda il contrasto a questo traffico: il petrolio sporco di sangue è entrato qui in Italia.
Petrolio acquistato da Tamoil, Q8, fino a quando non è scattata l'inchiesta della Finanza.

Gordon Debono è a capo di una holding, legata a società italiane: la KB Petrols era una società maltese che avrebbe avuto tra i soci Danilo Angarella. Al giornalista ha raccontato come, dopo il crollo del prezzo del petrolio del 2015, molte aziende hanno preferito acquistare piccole quantità di petrolio e non passare più dalle grandi petroliere.
Debono era già accreditato presso le grandi società: riforniva la Q8, la Tamoil e l'API che hanno smesso di rifornirsi da questo broker solo dopo l'inchiesta della Finanza.
Debono vendeva il petrolio a prezzi bassi, molto vantaggiosi: il tutto perché c'era un'evasione dell'IVA per una somma pari a 6 miliardi di euro.
Non pagando l'iva le società del mercato parallelo stanno mettendo fuori mercato le pompe dei distributori ufficiali.

Di chi sono le società del mercato parallelo: una di queste è di un imprenditore romano, Giovanni Temibile. Sempre a Roma altre due società, la Finsel e la Car fuel, che in due anni non hanno versato un euro di tasse. Il proprietario è stato arrestato a seguito di una inchiesta sui clan di Ostia.

Dalle società del mercato parallelo del Veneto sono partiti bonifici verso la Cina ma anche verso una società nel napoletano, che facevano da prestanome per delle fatture false.
Soldi ritirati cash dalla banca, senza che nessuno dicesse niente.

Chi erano i registi di questa operazione, di broker, mafiosi, società cartiere, prestanome, società di distribuzione parallelo con prezzi bassi?
Forse la puzza di petrolio non ha fatto sentire la puzza di contrabbando.

In questa rete si trova dentro anche Loris Rossato, ex consigliere di Forza Italia, e Bellan, primo proprietario di una pompa bianca, con delle società che fanno numeri strani, come fatturazione.
C'è un nome che rincorre, Maloa, in questo sistema di frode sui carburanti: diverse procure stanno indagando su Maola e anche dalla Banca d'Italia

Il meccanismo della fattura elettronica e della fattura solidale è un tentativo del governo per cercare di tappare il buco della frode dell'Iva, ma senza successo.
Ancora oggi ci sono società che offrono a prezzi bassi, troppo bassi, del petrolio, come quella del bridisino Russi, che riesce a piazzare carburante ad un valore inferiore al suo costo di produzione.

Basta essere solo un committente e non l'acquirente: Russi tira in ballo la Max Petroli, società romana. Come fa la Max Petroli, i cui camion arrivano dalla Slovenia e dalla Croazia, a fare dei prezzi così competitivi?

Ci sono tanti camion che arrivano dalla Slovenia all'Italia: un flusso enorme che è aumentato in questi anni. Ma il carburante non è conveniente, se si rispetta la legge.
Se si rispetta la legge si è fuori dal mercato: come possiamo definirci un paese civile?

Chi non partecipa alle spese di un paese, lo rapina del suo futuro.
Di questa rapina sono complici quei governi che non si sono accorti di questa situazione, che oggi poi con la “pace fiscale” rischia di finire anche depenalizzata.