10 gennaio 2019

Vengono prima i diritti umani della propaganda

La politica ha trovato  (tardivamente) un accordo sulla ricollocazione dei migranti sulla Sea Watch: la linea Conte, di mediazione, ha prevalso su quella dei falchi, dei porti chiusi, della speculazione politica dei migranti in nome di una sovranità che, alla luce degli eventi, è semplicimente ridicola.
L'Italia e l'Europa per giorni sono rimaste bloccate a discutere di queste 49 persone: la fortezza Europa si sentiva minacciata da questi uomini, donne, bambini.
I sovranisti alla Salvini o alla Toninelli che ritiravano fuori la scusa per cui bastava consegnarli alla guardia costiera libica (quella che l'Italia ha armato e addestrato, dai tempi del governo Minniti) dovrebbero, per onestà intellettuale, andare a vedere di persona le condizioni dei centri in Libia, dovrebbero andarsi a rileggere quanto il NY Times ha scritto il 26 dicembre 2018: ‘It’s an Act of Murder’: How Europe Outsources Suffering as Migrants Drown

Di seguito il commento di Marco Lillo sul FQ di oggi:
Danilo Toninelli durante la trasmissione tv #Cartabianca martedì sera ha dichiarato: “I rapporti che ho in mano dicono che Sea Eye non solo non poteva e non doveva caricare a bordo i migranti da quel barcone, ma ha ricevuto l’ordine da parte della Guardia costiera libica, che era già uscita con una propria imbarcazione, di non imbarcarli e di non muoversi, perché il coordinamento era ufficialmente preso, nel salvataggio di questi migranti, dalla Guardia costiera libica. Hanno violato la legge, spero domani ci sia un question time”. Noi speriamo invece che Toninelli si metta un giorno nei panni dei poveri migranti che sono stati abbandonati ai “soccorsi” dalla Guardia costiera libica nei mesi e negli anni scorsi per scelta di questo governo e di quello precedente. Per fortuna esiste una documentazione delle modalità di ingaggio dei partner africani preferiti alle Ong dal ministro.
Il New York Times ha dedicato un articolo e un dossier molto ben documentati a quello che è accaduto in mare il 6 novembre 2017.
Quel giorno, secondo la tesi del quotidiano statunitense, proprio per effetto indiretto della decisione politica di lasciare i soccorsi in mano alla Guardia costiera libica, sono morte molte persone che potevano essere salvate. Il titolo dell’articolo è eloquente: “‘It’s an Act of Murder’: How Europe Outsources Suffering as Migrants Drown”. Perché il Nyt arriva a definire l’esternalizzazione della sofferenza con tanto di annegamento una sorta di omicidio?
Quel giorno del novembre del 2017, i soccorsi furono impediti proprio alla Sea Watch che era in zona e furono affidati ai libici, come Danilo Toninelli oggi vorrebbe fare. Il punto è che l’equipaggio libico di quella nave, consegnata dall’Italia ai tempi del ministro Marco Minniti, si comportò in modo non professionale e disumano nei confronti dei naufraghi. La nave Ras Jadir affiancò il gommone dei migranti senza usare un’imbarcazione più piccola per avvicinarli. Così alcuni che erano già in difficoltà in acqua non furono salvati. Nel caos, secondo il Nyt, annegarono cinque persone. Quel giorno si materializzò in un piccolo specchio di mare il bivio che Toninelli ha evocato a #Cartabianca: Guardia costiera libica o Sea Watch? Chi è riuscito a saltare a bordo del gommone della Sea Watch è riuscito a cambiare in meglio la sua vita. Chi è stato acciuffato dalla nave della Guardia costiera libica è stato riportato nell’inferno di quel Paese. La politica italiana, ieri come oggi, premeva per la soluzione libica. Non a caso, i libici, foraggiati e addestrati dall’Italia, minacciavano l’equipaggio della Sea Watch perché non salvasse i naufraghi. Alcuni migranti già recuperati si lanciarono in acqua dalla vedetta libica per cercare una fine diversa. Alcuni annegarono. Tutto sotto gli occhi dei militari che intanto picchiavano sul ponte del Ras Jadir chi era sopravvissuto e magari aveva appena perso un amico o un familiare. La ricostruzione dell’accaduto realizzata da Forensic Architecture e Forensic Oceanography è alla base di una causa contro l’Italia presentata da Global Legal Action Network e Association for Juridical Studies on Immigration con il supporto degli studenti della Yale Law School alla Corte europea dei diritti umani a nome di 17 sopravvissuti. Prima di chiedere alle Ong di lasciare i migranti nelle grinfie dei libici, Toninelli dovrebbe rispondere a una domanda: se un giorno toccasse a lui trovarsi in acqua tra la Guardia costiera libica e la Sea Watch, da chi si farebbe tirare su?

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