Il nuovo codice degli appalti, i
provvedimenti del governo contro la corruzione: queste le domande di
Iacona al giudice Raffaele Cantone, presidente dell'autorità anti
corruzione, in una puntata dove si parlerà della guerra dei dazi diTrump. Cosa può fare l'Europa per non finire stritolata?
L'intervista a Raffaele Cantone
La corruzione è
una malattia che rischia di distruggere il paese: tutti i partiti si
schierano contro la corruzione, ma a che punto è la lotta alla
corruzione?
Ci sono chance di
ottenere dei risultati, non si può eliminare, ma riportarla entro
valori fisiologici. Oggi siamo migliorati negli indici di
Transparency, per la maggiore consapevolezza della corruzione da
parte dei cittadini.
Il codice degli
appalti non va nella direzione giusta, come anche l'affidamento
diretto degli appalti (come era già emerso in mafia capitale): la
norma del governo parla di tre preventivi ma non dice come vengono
acquisiti, non c'è pubblicità per invitare nuovi concorrenti.
Il rischio è che
queste cose sperimentali (il nuovo codice) poi siano usate dalle
persone disoneste.
Di Maio ha
attaccato il codice degli appalti, come nemmeno Conte: ma non sono
regole e codici a frenare l'economia.
LA corruzione è
sabbia nel motore, non olio nel motore.
La manina che ha
introdotto nel decreto spazza corrotti, per trasformare il peculato
in malversazione.
Nello spazza
corrotti ci sono cose buone, come l'agente infiltrato: gli avvocati
nei processi per peculato hanno provato a far applicare la nuova
legge, non riuscendoci.
Le gare al massimo
ribasso continuano ad esserci e il codice degli appalti è ancora
monco.
Il codice è
entrato in vigore solo per un terzo, mancano il DPCM che avrebbe
creato la qualificazione delle stazioni appaltanti, ovvero non tutti
gli enti possono fare appalti, tipicamente i comuni piccoli.
La rivoluzione che
doveva portare è che tutti gli enti possono fare appalti, perché si
crea una nuova cultura, c'è meno confusione nelle regole, i tecnici
sono preparati ed efficienti.
Invece dove c'è
inefficienza c'è corruzione.
Sulla prescrizione
Cantone pensa che non sia sufficiente toglierla per rendere più
veloci i processi: ho stima nel ministro Bonafede, ma ho sentito
tanti ministri parlare di riforme epocali, ma poi è cambiato poco.
Cosa pensa di
questa Italia che chiude i porti e considera le ONG come gli
scafisti?
Non mi riconosco
in questa Italia, l'accoglienza è nel nostro dna, ma delle regole
vanno messe e devono coinvolgere tutta l'Europa. L'Italia deve essere
il porto dell'Europa: ma pensare che non si vada a salvare qualcuno
in mare dopo un sos, è qualcosa di agghiacciante.
La guerra dei dazi.
Dalla guerra dei
dazi dipende l'export del nostro made in Italy: la guerra è stata
aperta da Trump nel 2018, per difendere le aziende e i posti di
lavoro americani.
Ha alzato dazi
contro i produttori di pannelli fotovoltaici, poi sulle importazioni
di acciaio e alluminio: una guerra che ha colpito tanti paesi nel
mondo, col risultato che poi altri paesi come la Cina hanno a loro
volta alzato i loro dazi.
L'Europa ha
firmato trattati di libero scambio col resto del mondo: col Giappone
e col Canada (il CETA che abbatte del 98% i dazi doganali dei
prodotti scambiati tra Europa e Canada).
Ma i partiti
europei, non solo i sovranisti, sono contrati a questi trattati
bilaterali: c'è paura di essere invasi da merci e prodotti
stranieri, per il peso delle multinazionali che non garantiscono gli
stessi standard di sicurezza.
LA leader canadese
del movimento NoCeta (Barlow) si dice contraria al trattato: è
pensato per le multinazionali, che usano il glifosato nei campi e gli
ormoni nella carne.
Quando ci saranno
delle controversie tra le multinazionali e i paesi, per poter vendere
questi prodotti a bassa qualità, il loro peso varrà molto più
delle nostre tutele della salute.
Anche Coldiretti
si è mobilitata contro il CETA: anche in questo accordo sono
riconosciuti decine di prodotti DOP, non difende a sufficienza i
nostri prodotti in Canada.
I prodotti con
“italian sound” continueranno ad essere venduti e poi, continua
coldiretti, la lista è troppo corta, sono poche le 41 DOP
riconosciute.
Ma sono prodotti
di nicchia, si difendono i sostenitori del Ceta.
Contro il Ceta si
sono incontrati anche politici come Salvini e Di Maio: i funzionari
italiani che sostengono il CETA saranno rimossi, ha minacciato Di
Maio davanti i delegati della coldiretti.
Ma ci sono
associazioni favorevoli a questo accordi, come Confagricoltura e Cia
fino a Confindustria: dobbiamo aprirci agli altri paesi per mantenere
questo livello di export, per non rimanere schiacciati dai due
giganti, Cina e America.
Grazie
all'industria noi esportiamo 442 miliardi: con questo accordo ci
siamo difesi dai paesi a basso costo di manodopera, spiega il
presidente Boccia.
Di diverso avviso
i partiti di destra, come FDI, in nome della tutela dei più deboli;
dello stesso parere anche Sinistra Italiana, perché c'è poca
chiarezza sugli arbitrati internazionali.
Nel campo del
centrodestra è rimasta solo Forza Italia a difendere il CETA: le
esportazioni verso il Canada sono cresciute dell'8% l'anno scorso.
Il Partito
Democratico è sostenitore dell'accordo: Gentiloni ha elogiato
l'abbattimento dei dazi, la tutela dei nostri prodotti, noi siamo i
paesi che ne trarrà maggior beneficio.
Cosa ne pensano i
produttori, in Italia? E cosa sta succedendo in Canada coi nostri
prodotti?
Iacona e i suoi
giornalisti hanno girato il paese per capire cosa ne pensano i nostri
produttori: a Sassari è andato da un pastore che produce il pecorino
DOP.
Il 60% della
superficie della Sardegna è dedicato alla pastorizia, qui nasce il
famoso pecorino romano, un marchio di qualità riconosciuto nel mondo
grazie ad un consorzio che produce 1,2ml di forme l'anno che poi
finiscono nei mercati del mondo.
I produttori di
formaggio hanno investito in tecnologia e qualità, hanno lavorato
sui sistemi di stoccaggio del latte, i sistemi di lavorazione
all'avanguardia, tutti i processi sono sottoposti a controlli, fino
alle analisi chimiche finali.
C'è infine un
legame forte tra prodotto e territorio: il pecorino romano è fatto
solo con latte di pecore sarde.
Salvatore Palitta,
presidente del consorzio, riconosce che nel trattato col Canada ci
sono aspetti innovativi perché riconosce quel marchio sul mercato
canadese, i volumi di export sono cresciuti del 61% in un anno.
L'aspetto negativo
è il costo del latte, troppo basso per garantire un giusto guadagno
ai pastori: Palitta non dà la colpa alla globalizzazione, ammette
che è colpa dei produttori, che spesso si muovono in modo diverso,
ognuno fa un prezzo diverso, magari ci si fa la guerra uno con
l'altro con un prezzo più basso.
Si vende al 10% di
meno del costo del pecorino: perché non si fa una sola politica dei
prezzi tra i produttori, per arrivare ad una situazione in cui tutti
ne traggono beneficio.
Anche il
Provolone, il gorgonzola, il montasio, la mozzarella, il grana padano
e il parmigiano reggiano hanno aumentato le esportazioni: crescite a
doppia cifra a volte.
Crescita
confermata anche da Assolatte, associazione dei produttori di latte:
pur con qualche problema, è meglio di una situazione senza accordi e
senza regole, come era prima.
Il comparto del
latte cuba circa 15 miliardi di euro l'anno: ma i benefici non sono
solo per i prodotti DOP, ma anche per prodotti di nicchia.
Basile è un
imprenditore agricolo calabrese: i suoi formaggi sono venduti anche
in nord America, nella sua Fattoria della Piana, un sistema ad
economia circolare, non si butta via niente, gli scarti delle aziende
agricole sono usate per creare energia.
Carmelo Basile
continua a pagare il latte ai produttori il 10% in più del valore di
mercato, mantenendo il fatturato: con lo sfruttamento non si ottiene
niente, risponde ad Iacona.
A questi numeri ha
contribuito il CETA: l'export in Canada è aumentato del 65%, un
ottimo risultato, anche se il pecorino calabrese non è nella lista
dei 41 prodotti DOP.
Le copie dei
prodotti italiani, dice Carmelo Basile, sono un qualcosa che ti
riconosce di avere qualcosa in più: oggi il modello della Fattoria
della Piana è osservato, studiato anche dai giapponesi, da altri
paesi europei.
“Oggi è finita
l'epoca dello sfruttamento, il futuro è l'economia circolare: non
c'è impatto per l'ambiente”: Carmelo non ha paura del Ceta, degli
arbitrati, del peso delle multinazionali. Non bisogna chiudersi,
dobbiamo essere più bravi noi degli altri, non avere sempre paura.
Iacona è andato a
visitare i prosciuttifici del San Daniele: alla Prolongo producono
questo prodotto secondo le norme rigide (solo sale marino, niente
conservanti).
Anche questo
marchio è oggi riconosciuto in Canada, come anche il Prosciutto di
Parma, che ha combattuto negli anni passati per poter vendere il loro
prodotto con la denominazione “Parma”.
Questo prosciutto
veniva venduto con un nome inventato, perché prosciutto di parma era
registrato da un'azienda canadese. Questo prima del Ceta.
Per esportare con
questi livelli, gli stabilimenti visitati da Iacona devono mantenere
alti standard di qualità, di pulizia, di igiene, spendendo molta
parte del guadagno per realizzare impianti all'avanguardia.
Senza export
queste aziende non avrebbero fortuna, perché il mercato italiano
ristagna da anni: puoi anche essere bravo nel fare il tuo prodotto,
ma se poi non riesci a venderlo, sei rovinato.
E' la storia degli
orafi italiani: i migliori al mondo, ma i dazi hanno chiuso i
mercati di questa industria, perché spesso i costi di questi dazi
erano superiori al valore del prodotto.
Come per il
settore del latte, anche questi orafi si sono salvati grazie agli
accordi come il CETA, che hanno aperto nuovi mercati.
Il viaggio in
Canada: cosa sta succedendo ai nostri prodotti in Canada, è
veramente tutt'oro quello che luccica?
E poi, corriamo
veramente il rischio di importare grano col glifosato o carne con gli
ormoni?
Sul mercato
canadese troviamo prodotti italiani affiancati da prodotti locali,
con nomi simili che richiamano il nostro paese. Ma sulle etichette
c'è sempre scritto made in Canada, mentre sui nostri prodotti sta
scritto made in Italia.
E' tutto nelle
mani dei consumatori che ricercano i marchi DOP, che sono ancora
garanzia di qualità.
In Canada è
andata l'assessore della regione Emilia Romagna, come testimonial dei
12 prodotti emiliani dop riconosciuti dal CETA: si difendono i
prodotti e anche i lavoratori che stanno dietro.
Non solo nel
settore alimentare, ma anche nel settore del vestiario: Loro Piana,
Zegna, Armani, Cucinelli sono marchi molto apprezzati dai canadesi.
Lo stesso discorso vale per le scarpe italiane e dei gioielli
italiani.
L'Italia esporta
in Canada tre volte di più di quanto importa: ora le tonnellate di
formaggio europeo sta causando problemi sui produttori canadesi, che
non ricevono sussidi dallo Stato e lamentano un crollo delle vendite.
I perdenti del
CETA sembrano essere i piccoli formaggiai del Quebec, gli agricoltori
che producono il grano (l'export del grano canadese è crollato
proprio per il glifosato, non per il CETA).
La carne dei
bovini canadesi cresce con l'aiuto degli ormoni, ammessi dagli
standard di questo paese: con gli ormoni la bestia cresce più in
fretta e i produttori sono più competitivi – dicono.
Ma il CETA vieta
l'esportazione della carne con ormoni: così gli allevatori per
esportare da noi devono allevare gli animali secondo un disciplinare
precisi, in recinti separati, sottoponendosi a controlli periodici.
Il CETA, a quanto
abbiamo potuto vedere, non ha abbassato gli standard sulla salute,
non ha danneggiato i produttori, ha consentito a molte aziende di
poter continuare ad andare avanti.
Cosa farà ora il governo del popolo?
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