20 dicembre 2022

La giustizia non è una pallottola di Fulvio Ervas


Metà giugno

Una notizia strepitosa era giunta alla Questura di Treviso. Una di quelle notizie che fanno tremare le valvole cardiache anche ai poliziotti più esperti. Dapprima avevano pensato ad un errore di battitura, un numero 12 che poteva sembrare la grandezza di un'epurazione, perché il contenuto della notizia riguardava l'arrivo di nuovi agenti e dodici nuovi colleghi erano davvero troppi per una provincia non proprio capofila della criminalità, e rischiava, semmai, di rivelarsi un giudizio d'inadeguatezza, di scarsa efficienza.

Non sono tanti gli scrittori che hanno saputo raccontare l’altro lato del Veneto, la regione benestante e placida, dove la criminalità sembra non esserci, dove le dolci colline, i filari di viti a produrre il famoso prosecco fanno pensare più ad un piccolo paradiso in terra che non ad una terra violentata e saccheggiata. C’è riuscito Massimo Carlotto, con le storie dell’Alligatore, l’investigatore privato che ha raccontato il Veneto patria di una criminalità di confine, che qui trova terreno fertile perché c’è il denaro, c’è la voglia di spenderlo.
E c’è riuscito, secondo me, anche Fulvio Ervas col suo ispettore Stucky, padre veneziano e madre iraniana, un "foresto", che col suo lavoro nella marca trevigiana ci racconta anche lui l’altro Veneto. Quello che viene fuori quando le bollicine nel bicchiere sono tutte svanite.
Lo incontriamo subito in questo racconto (nono e forse ultimo della serie), quando si scontra con lo zio Cyrus, scappato dall’Iran dopo la rivoluzione contro lo Scià: qualcuno ha calpestato il suo orto, forse un ladro, dobbiamo armarci per difenderci. Lo dice proprio al nipote, poliziotto nella Questura di Treviso.

«Ma da dove ti viene tutta questa smania?» lo interruppe Stucky.

«Non li leggi i giornali? Non vedi quanti, di fronte alla delinquenza, si fanno giustizia da soli e sono addirittura portati in palmo di mano.»

La giustizia non è una pallottola, mormorò Stucky e poi lo ripetè a voce alta, guardando lo zio dritto negli occhi.

Vedeva la paura nel vecchio combattente, del nomade, dell'espatriato: anche questa corazzata cedeva alle rughe dell'esistenza.

La giustizia non è una pallottola, non è prendersi un’arma e sparare a qualunque estraneo si avvicini a casa. La giustizia è fatta da quelle leggi che comminano la punizione ai torti subiti, che cercano di riparare ad un danno senza voler creare un danno maggiore.
Strano concetto della giustizia, o forse della vendetta, in quel Veneto reduce, tra le altre cose, dallo scandalo del Mose, dall’inquinamento del PFAS o dal crac delle banche popolari.

Perché non capiva le proporzioni. Potevi farti fregare migliaia di euro da una banca, che ti concedeva un prestito in cambio delle sue azioni, sfruttando l'attrazione erotica delle baciate, ma se qualcuno ti entra nell'orto, se qualcuno osa rubarti il tagliaerba o la motosega, allora spiani il Magnum calibro12 a pompa.
Il nostro ispettore Stucky è un poliziotto strano: non sposato ma nemmeno solitario, uno zio e due amiche che vivono nello stesso vicolo. L’autore non ci racconta molto di lui, di com’è fisicamente, non ci parla del suo passato (e questo rende un pochetto ostico avvicinarsi per la prima volta al personaggio). Ma Stucky è una persona che ama la sua città, tranquilla, dove ci si può ancora permettere il lusso di conoscersi, dove non c’è la pressione per quei reati che fanno rumore. Ama la sua città e ama il suo lavoro, il voler riparare ai torti e assicurare alla giustizia gli assassini, che considera come un virus contro la comunità.

«Luca, ogni volta che sono di fronte ad un delitto mi motiva l'idea che sto togliendo dalla comunità umana una mutazione tossica, una particella virale pericolosa. Ho scelto questa professione spinto dall'avversione per i ladri di vita»

Un poliziotto strano dunque. Ma è strano anche il caso che gli si presenta: un imprenditore famoso, Alessandro Giustinian, denuncia un tentato furto nella sua villa in collina. La guardia armata che sorveglia la villa ha visto dei ladri allontanarsi e ha esploso dei colpi.
Troppo poco per avviare un’indagine, ma abbastanza per far nascere una certa simpatia per l’ispettore e questo imprenditore colto, uno che ha voluto circondarsi di belle cose, come libri antichi, come quella affascinante signora di colore che ospita nella villa, Nina si chiama e che suona il pianoforte per lui.
Dopo qualche giorno però il morto, la mutazione tossica dentro la società, arriva: la guardia giurata è stata uccisa da un colpo di pistola. Ad ucciderla, dopo un litigio causato proprio da Nina, è stato il signor Giustinian. Un movente, anche se poco solido, una confessione.
Ma Stucky non è convinto e riesce a far sorgere dei dubbi anche al suo superiore, il commissario Montini che incarna il prototipo del poliziotto meno idealista.
Bisogna scavare nella vita della guardia, che nasconde qualche altarino dentro la sua abitazione. E anche nel passato dell’imprenditore e della sua amica, o compagna forse, Nina Bosh. Bella e misteriosa.

Ma ci sono altre questioni che attirano l’attenzione di Stucky: i frati della chiesa di San Francesco iniziano a ricevere delle strane lettere, dove li si minaccia di venirsi a prendere le tombe di Francesca Petrarca e Pietro Alighieri, i figli di due dei maggiori poeti italiani.
Chi c’è dietro questa minaccia? Cosa vogliono ottenere con queste lettere? Mica è facile portarsi via una tomba..
Ancora più strano la scoperta, in campi di frumento fuori città, di spaventapasseri issati su pali e sporchi di sangue. Sangue di pollo inizialmente.
Una setta? Un messaggio per qualcuno? O forse solo una bischerata?

«.. siamo di fronte a sollecitazioni per spingerci ad indagare su qualcosa. Le tombe sono un fattore di pressione. Ma gli spaventapasseri sporchi di sangue evocano un crimine da qualche parte sotto il frumento. Qualcosa che ha a che vedere con un figlio...»
Ovviamente ha ragione l’ispettore Stucky a voler andare oltre la prima impressione, su tutti e tre i casi, il morto, le minacce ai frati e gli strani spaventapasseri, che sono un vero e proprio messaggio lanciato agli investigatori affinché facciano il loro mestiere, indagare, svelare i misteri, per far sì che i torti siano riparati e si dia giustizia. Anche a qualche morto del passato, fatto passare per un morto accidentale, perché “una morte non chiarita è essa stessa un delitto”.

Al centro del romanzo c’è lo scontro tra due visioni imprenditoriali, quella delle persone come Giustinian che lasciano qualcosa al territorio dove sono cresciuti, una persona che si è barricato dentro la sua villa circondato da bellezze, che si fa difendere da una guardia giurata che però lo coinvolge in un brutta storia. Dall'altra parte un altro imprenditore, il cui legame con Giustinian verrà fuori proprio alla fine del racconto, che si è mangiato il territorio, letteralmente mangiato per le cave, che sono la base per il settore delle costruzioni.
È proprio in una di queste cave tanti anni fa è avvenuta una di quelle “morti non chiarite” su cui Stucky, con l’aiuto dei colleghi, cercherà di far luce, riaprendo una vecchia indagine di 13 anni che tocca uno di questi imprenditori - squali, quelli che pensano di poter mangiare e cementificare il loro territorio.

Del legame tra l'ambiente e il territorio dove siamo nati, che ci ha fatto diventare quello che siamo oggi, ne ha parlato l’autore nel corso della sua presentazione a La Passione per il delitto, la rassegna di letteratura gialla a Monticello Brianza, dove è stato ospite quest’anno. Ne parla anche nella presentazione fatta sul sito di Rai cultura: “il territorio è la nave su cui navighiamo sul mare della vita: se si buca, se si danneggia la nave, si va a fondo, dobbiamo rispettare il territorio per rispettare il futuro”.

Uno dei passaggi più importanti del libro:

Nel Veneto succede di tutto. Qui puoi dare da bere i PFAS ai bambini e che tanto semo forti, qui puoi sfruttare i tuoi lavoratori pakistani che tanto chi se ne frega dei pakistani che non sappiamo nemmeno dov'è il Pakistan, e puoi farti fregare dalla tua banca sotto casa che tanto i soldi non ti mancano e mica l'hanno fatto apposta, come se uno sorridesse allo stupratore, puoi seppellire sotto le strade tutta la merda che vuoi che tanto qua siamo seri e non ti controlla nessuno e quando non la seppellisci riempi un vecchio capannone. E poi ci dai fuoco. Qua semo el Veneto, no se fermemo mai, caro poissiotto...

La scheda del libro sul sito di Marcos Y Marcos

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