Metà giugno
Una notizia strepitosa era giunta alla Questura di Treviso. Una di quelle notizie che fanno tremare le valvole cardiache anche ai poliziotti più esperti. Dapprima avevano pensato ad un errore di battitura, un numero 12 che poteva sembrare la grandezza di un'epurazione, perché il contenuto della notizia riguardava l'arrivo di nuovi agenti e dodici nuovi colleghi erano davvero troppi per una provincia non proprio capofila della criminalità, e rischiava, semmai, di rivelarsi un giudizio d'inadeguatezza, di scarsa efficienza.
Non
sono tanti gli scrittori che hanno saputo raccontare l’altro lato
del Veneto, la regione benestante e placida, dove la criminalità
sembra non esserci, dove le dolci colline, i filari di viti a
produrre il famoso prosecco fanno pensare più ad un piccolo paradiso
in terra che non ad una terra violentata e saccheggiata. C’è
riuscito Massimo Carlotto, con le storie dell’Alligatore,
l’investigatore privato che ha raccontato il Veneto patria di una
criminalità di confine, che qui trova terreno fertile perché c’è
il denaro, c’è la voglia di spenderlo.
E c’è riuscito,
secondo me, anche Fulvio Ervas col suo ispettore Stucky, padre veneziano e madre
iraniana, un "foresto", che col suo lavoro nella marca trevigiana ci racconta anche
lui l’altro Veneto. Quello che viene fuori quando le bollicine nel
bicchiere sono tutte svanite.
Lo incontriamo subito in questo
racconto (nono e forse ultimo della serie), quando si scontra con lo
zio Cyrus, scappato dall’Iran dopo la rivoluzione contro lo Scià:
qualcuno ha calpestato il suo orto, forse un ladro, dobbiamo armarci
per difenderci. Lo dice proprio al nipote, poliziotto nella Questura
di Treviso.
«Ma da dove ti viene tutta questa smania?» lo interruppe Stucky.
«Non li leggi i giornali? Non vedi quanti, di fronte alla delinquenza, si fanno giustizia da soli e sono addirittura portati in palmo di mano.»
La giustizia non è una pallottola, mormorò Stucky e poi lo ripetè a voce alta, guardando lo zio dritto negli occhi.
Vedeva la paura nel vecchio combattente, del nomade, dell'espatriato: anche questa corazzata cedeva alle rughe dell'esistenza.
La giustizia non è
una pallottola, non è prendersi un’arma e sparare a qualunque
estraneo si avvicini a casa. La giustizia è fatta da quelle leggi
che comminano la punizione ai torti subiti, che cercano di riparare
ad un danno senza voler creare un danno maggiore.
Strano
concetto della giustizia, o forse della vendetta, in quel Veneto
reduce, tra le altre cose, dallo scandalo del Mose, dall’inquinamento
del PFAS o dal crac delle banche popolari.
Perché non capiva le proporzioni. Potevi farti fregare migliaia di euro da una banca, che ti concedeva un prestito in cambio delle sue azioni, sfruttando l'attrazione erotica delle baciate, ma se qualcuno ti entra nell'orto, se qualcuno osa rubarti il tagliaerba o la motosega, allora spiani il Magnum calibro12 a pompa.Il nostro ispettore Stucky è un poliziotto strano: non sposato ma nemmeno solitario, uno zio e due amiche che vivono nello stesso vicolo. L’autore non ci racconta molto di lui, di com’è fisicamente, non ci parla del suo passato (e questo rende un pochetto ostico avvicinarsi per la prima volta al personaggio). Ma Stucky è una persona che ama la sua città, tranquilla, dove ci si può ancora permettere il lusso di conoscersi, dove non c’è la pressione per quei reati che fanno rumore. Ama la sua città e ama il suo lavoro, il voler riparare ai torti e assicurare alla giustizia gli assassini, che considera come un virus contro la comunità.
«Luca, ogni volta che sono di fronte ad un delitto mi motiva l'idea che sto togliendo dalla comunità umana una mutazione tossica, una particella virale pericolosa. Ho scelto questa professione spinto dall'avversione per i ladri di vita»
Un poliziotto strano
dunque. Ma è strano anche il caso che gli si presenta: un
imprenditore famoso, Alessandro Giustinian, denuncia un tentato furto
nella sua villa in collina. La guardia armata che sorveglia la villa
ha visto dei ladri allontanarsi e ha esploso dei colpi.
Troppo
poco per avviare un’indagine, ma abbastanza per far nascere una
certa simpatia per l’ispettore e questo imprenditore colto, uno che
ha voluto circondarsi di belle cose, come libri antichi, come quella
affascinante signora di colore che ospita nella villa, Nina si chiama
e che suona il pianoforte per lui.
Dopo qualche giorno però il
morto, la mutazione tossica dentro la società, arriva: la guardia
giurata è stata uccisa da un colpo di pistola. Ad ucciderla, dopo un
litigio causato proprio da Nina, è stato il signor Giustinian. Un
movente, anche se poco solido, una confessione.
Ma Stucky non è
convinto e riesce a far sorgere dei dubbi anche al suo superiore, il
commissario Montini che incarna il prototipo del poliziotto meno
idealista.
Bisogna scavare nella vita della guardia, che
nasconde qualche altarino dentro la sua abitazione. E anche nel
passato dell’imprenditore e della sua amica, o compagna forse, Nina
Bosh. Bella e misteriosa.
Ma ci sono altre questioni che
attirano l’attenzione di Stucky: i frati della chiesa di San
Francesco iniziano a ricevere delle strane lettere, dove li si
minaccia di venirsi a prendere le tombe di Francesca Petrarca e
Pietro Alighieri, i figli di due dei maggiori poeti italiani.
Chi
c’è dietro questa minaccia? Cosa vogliono ottenere con queste
lettere? Mica è facile portarsi via una tomba..
Ancora più
strano la scoperta, in campi di frumento fuori città, di
spaventapasseri issati su pali e sporchi di sangue. Sangue di pollo
inizialmente.
Una setta? Un messaggio per qualcuno? O forse solo
una bischerata?
«.. siamo di fronte a sollecitazioni per spingerci ad indagare su qualcosa. Le tombe sono un fattore di pressione. Ma gli spaventapasseri sporchi di sangue evocano un crimine da qualche parte sotto il frumento. Qualcosa che ha a che vedere con un figlio...»Ovviamente ha ragione l’ispettore Stucky a voler andare oltre la prima impressione, su tutti e tre i casi, il morto, le minacce ai frati e gli strani spaventapasseri, che sono un vero e proprio messaggio lanciato agli investigatori affinché facciano il loro mestiere, indagare, svelare i misteri, per far sì che i torti siano riparati e si dia giustizia. Anche a qualche morto del passato, fatto passare per un morto accidentale, perché “una morte non chiarita è essa stessa un delitto”.
Al centro del
romanzo c’è lo scontro tra due visioni imprenditoriali, quella
delle persone come Giustinian che lasciano qualcosa al territorio
dove sono cresciuti, una persona che si è barricato dentro la sua
villa circondato da bellezze, che si fa difendere da una guardia
giurata che però lo coinvolge in un brutta storia. Dall'altra parte
un altro imprenditore, il cui legame con Giustinian verrà fuori
proprio alla fine del racconto, che si è mangiato il territorio,
letteralmente mangiato per le cave, che sono la base per il settore
delle costruzioni.
È proprio in una di queste cave tanti anni
fa è avvenuta una di quelle “morti non chiarite” su cui Stucky,
con l’aiuto dei colleghi, cercherà di far luce, riaprendo una
vecchia indagine di 13 anni che tocca uno di questi imprenditori -
squali, quelli che pensano di poter mangiare e cementificare il loro
territorio.
Del legame tra
l'ambiente e il territorio dove siamo nati, che ci ha fatto diventare
quello che siamo oggi, ne ha parlato l’autore nel corso della sua
presentazione a La
Passione per il delitto, la rassegna di letteratura gialla a
Monticello Brianza, dove è stato ospite quest’anno. Ne parla anche
nella presentazione fatta sul sito di Rai
cultura: “il territorio è la nave su cui navighiamo
sul mare della vita: se si buca, se si danneggia la nave, si va a
fondo, dobbiamo rispettare il territorio per rispettare il
futuro”.
Uno dei
passaggi più importanti del libro:
Nel Veneto succede di tutto. Qui puoi dare da bere i PFAS ai bambini e che tanto semo forti, qui puoi sfruttare i tuoi lavoratori pakistani che tanto chi se ne frega dei pakistani che non sappiamo nemmeno dov'è il Pakistan, e puoi farti fregare dalla tua banca sotto casa che tanto i soldi non ti mancano e mica l'hanno fatto apposta, come se uno sorridesse allo stupratore, puoi seppellire sotto le strade tutta la merda che vuoi che tanto qua siamo seri e non ti controlla nessuno e quando non la seppellisci riempi un vecchio capannone. E poi ci dai fuoco. Qua semo el Veneto, no se fermemo mai, caro poissiotto...
La scheda del libro sul sito di Marcos Y Marcos
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