Cosa ne pensano i russi della guerra, come agisce la macchina della propaganda per silenziare l’opposizione e le voci di dissenso. E poi, come si aggirano le sanzioni, specie nel mondo degli sponsor del calcio italiano.
Questi gli argomenti dei primi servizi di Report in questa puntata post natalizia.
LA MATRIOSKA DELLE SCOMMESSE di Lorenzo Vendemiale
La
guerra ha interrotto il campionato di calcio ucraino ripartito a
ottobre, per dare morale alla nazione: ma gli stadi sono blindati e
le partite si giocano solo a Kiev.
“Giocare
in queste condizioni è molto difficile” spiega l’allenatore del
Kryvbas “siamo lontani da casa e senza i nostri tifosi, gli
allenamenti vengono continuamente interrotti dagli allarmi antiaereo.
Dopo le gare anziché riposare siamo costretti a lunghe trasferte in
pullman, ma siamo comunque dei privilegiati.”
A parlare così
è Jurij
Vernydub
che un anno fa allenava in Moldavia ed era diventato famoso per aver
battuto il Real Madrid: quando è scoppiata la guerra non ci ha
pensato un secondo a mollare tutto: “dovevo tornare, il resto non
aveva senso. Nei primi mesi ho combattuto con la 152 esima divisione,
ora sono di nuovo in panchina, spero di regalare un sorriso ai tifosi
che sono al fronte.”
Dopo
l’annessione della Russia di alcune regioni, molte squadre sono
scomparse, sebbene siano ancora considerate parte del calcio ucraino:
in questo paese è una questione di orgoglio nazionale continuare a
giocare nonostante la guerra e le bombe russe, è una fiamma accesa
sulla resilienza ucraina.
Forse nel 2030 i campionati mondiali
si potrebbero giocare in Ucraina, sarebbe un bel segnale.
Ma
Report, mentre cercava di raccontare questo campionato di calcio, ha
scoperto che ci sono società russe che scommettono sul campionato
ucraino: sono società che fanno da sponsor alle squadre di calcio
italiane, nonostante le sanzioni.
Francesco Baranca,
responsabile trasparenza del calcio ucraino, racconta
a Report questa incredibile storia
dei bookmaker russi, come 1XBet, la
quale nei mesi passati
ha cercato di aprire un business addirittura in Ucraina, passando
attraverso una società ponte.
Il pericolo è la raccolta di
dati personali di
società poco trasparenti e per questo il blocco di queste società
di scommesse è una
questione di sicurezza nazionale per il governo Zelensky: dietro
1XBet c’è un labirinto di società, una matrioska, tutte aziende
in paesi offshore.
A Curacao 1XBet è stata colpita da sentenza
di bancarotta, alcuni giocatori che avevano vinto e si sono visti
bloccare le vincite dai giudici dell’isola.
Dietro 1XBet ci
sono tre imprenditori russi (che
oggi negano di essere i veri proprietari):
oggi è sbarcata in Italia, con un manager cipriota nato nella stessa
città dei tre imprenditori che l’hanno fondata, il
sito italiano ha regolare licenza e
questo
bookmaker si era infiltrato nella Serie con le sponsorizzazioni: sono
sponsor ufficiali che si vedono solo all’estero (per
una norma del DL - Dignità).
Dalla
Russia arriva anche LigaStavok: la federcalcio ucraina dopo
aver visto questo sponsor associato al calcio italiano
ha scritto una lettera di protesta contro la Serie A, che però si
dissocia dicendo
che
sono solo contratti a singole società di calcio.
La Lega di serie A non si è fatta problemi, non si è preoccupata di chiedersi da dove arrivano i soldi. Le altre squadre di calcio, tra Lazio, Udinese, Empoli, continuano ad accettare soldi dalla LigaStavok. Un bel modo di aggirare le sanzioni.
LA BATTAGLIA DI MOSCA di Manuele Bonaccorsi
Come
funziona la macchina del consenso in Russia? La
macchina della propaganda non smette mai di fermarsi, come il 30
settembre quando Putin ha annunciato l’annessione delle regioni
ucraine conquistate.
Spirito nazionalistico, la verità è con
noi, gli ucraini sono nostri fratelli: sono questi gli argomenti
usati dalle star sul palco della piazza rossa.
Le proteste? Ci
sono, ma da parte dei traditori – racconta
una signora in piazza a festeggiare.
La
propaganda è dappertutto, nelle vie, nella musica alla radio, nella
narrazione della seconda guerra mondiale.
Dopo il crollo
dell’Unione Sovietica è nato un sentimento a favore della guerra –
racconta a Report un intellettuale “moderato” del think thank
Valdai.
Secondo
l’ala moderata di Mosca, la guerra si poteva evitare: la Russia
chiedeva maggiore autonomia nelle regioni russofone, accordi
commerciali e
mantenere la lingua russa.
Report ha ricevuto dei documenti
inviati da Lavrov a Francia e Germania lo
scorso anno dove puntava il dito contro
delle leggi approvate in Ucraina nel 2021.
Il giornalista ha
intervistato una parlamentare della Duma che nel 2011 aveva
protestato contro i brogli fatti da Putin, ma che oggi è schierato a
favore dell’invasione, perché – testuali parole – ha
finalmente risolto la questione in Donbass.
E
questi sono i moderati, ma in
Russia ci sono anche i falchi, come il comandante del gruppo Wagner,
o altri giornalisti che si dicono indipendenti, che hanno criticato
il ministro della difesa russo: spingono perché la Russia usi
in modo più massiccio le
sue forze militari in Ucraina. Sembra strano, ma molti in Russia
pensano veramente che la guerra in Ucraina sia giusta.
C’è da
stare poco allegri, seguendo le posizioni dei moderati, che oggi sono
stati messi in un vicolo cieco, dei falchi o di quelli che sono
all’opposizione ma che sulla guerra sono vicini alle posizioni di
Putin.
In questi anni gli accordi di Minsk non sono stati
rispettati del tutto: Lavrov aveva stigmatizzato il comportamento
ucraino nel 2021, che impediva il russo nelle regioni russofone e
impediva a candidarsi a chi aveva collaborato nelle regioni
indipendentiste, dopo che l’Ucraina aveva preso controllo giuridico
su queste.
Il dialogo tra Russia e Europa saltò nel novembre
2021, la stessa Merkel ha riconosciuto che in questi anni si è solo
armato l’Ucraina.
Ma
oggi i civili che percezione hanno della guerra?
A
Mosca la guerra sembra lontana, studenti e lavoratori specializzati
stanno con la guerra e con Putin: alcuni sono contrari, certo, ma
sostengono il paese.
La maggior parte dei militari arrivano
dalle regioni povere, lontano da Mosca: alcuni di loro sono
volontari, sono convinti di vincere la guerra o, meglio, sanno che
durerà a lungo e alla fine che nessuno potrebbe vincere.
Gli
ucraini sono fratelli – dicono i soldati in partenza per il fronte
– vogliamo solo giustizia: eppure continuano a bombardare i loro
fratelli.
I giornalisti che si permettono di criticare la guerra
e Putin rischiano al galera: chi vuole opporsi sceglie la
clandestinità, usando Telegram oppure appendendo volantini nella
città.
Ma questa opposizione preoccupa poco il governo, tanto da tollerare drappelli di sparuti rappresentanti dell’opposizione si ritrovino in piccoli gruppi nelle piazze della capitale.
Il
grado di apprezzamento di Putin è calato di poco dopo la guerra che
viene percepita dal mondo contro Putin, anche
dopo la mobilitazione.
Molti oppositori, quelli
che avevano le risorse per farlo,
si sono spostati in Georgia, unico paese dove possono entrare senza
visto: da Tblisi possono protestare, cosa impossibile a Mosca, dove
chi protesta prende una multa di mille rubli e poi il carcere.
In
questo modo
le voci di dissenso vengono silenziate, anche perché i
giovani di Mosca della borghesia non sono stati reclutati e
possono continuare
a fare la loro bella vita.
Ma
al fronte le cose sono ben diverse da come le vedono i giovani
moscoviti nei bar: i
soldati ucraini sono malvestiti, mal armati e perfino senza munizioni
– racconta un servizio del NY Times: arrivano dalle regioni povere
della Russia, nella periferia.
Questo ha sollevato critiche
anche all’interno dell’esercito e perfino nell’amministrazione
russa a Kherson, che ha invitato il ministro della difesa a
spararsi.
I russi hanno sopravvalutato le loro capacità: ma
le sanzioni economiche quanto hanno fiaccato la Russia?
Nei
supermercati si trova di tutto, anche prodotti esteri: nelle vetrine
dei marchi di moda c’è un messaggio che indica di chiamare un
numero telefonico, si possono ordinare i prodotti esteri in altro
modo.
Le sanzioni non funzionano in Russia, il sistema
finanziario si è stabilizzato: i prodotti ad alta tecnologia sono
stati sostituiti da prodotti meno sofisticati, Mc Donald è stato
acquistato da imprenditori russi, con lo stesso prodotto.
Ci
sono problemi con la meccanica, ad esempio nella grande fabbrica di
trebbiatrici della Rostelmash, che comprava forniture dalla
Germania.
Ma le forniture alla Russia continuano ad arrivare,
anche dall’Italia, magari
facendo delle triangolazioni con l’India:
nonostante
questo le
aziende italiane hanno perso il 19-20% di export verso
la Russia -
racconta il rappresentante delle aziende italiane che hanno rapporti
con la Russia Vittorio Torrembrini, si parla di miliardi.
Sono
aziende che vendono prodotti alla Russia, come la Ferrero: non
vogliono passare per putiniani, “cosa
dovrebbero fare allora le aziende che vendono in Cina?”.
Il
PIL russo ha perso il 3,4%, l’inflazione è cresciuta: di
fronte alle sanzioni la
Russia ha cercato nuovi mercati, ha costruito un nuovo gasdotto per
portare il gas in Cina, tutto
questo insegna che
in
un mondo globalizzato se le sanzioni non lo sono, sono armi
spuntate.
In
Russia aggirano le sanzioni usando triangolazioni con paesi terzi,
usando internet.
Ma mancano a noi le materie prime dalla Russia:
nel servizio di Michele Buono si propone di andarle a ricercare nelle
miniere che abbiamo creato noi, le nostre città.
MINIERE URBANE di Michele Buono
Ricicliamo
i rifiuti per estrarre tutte la materie che servono dagli scarti,
cercando di limitare al minimo i rifiuti.
Significa
ridurre sprechi, ridurre il consumo di fonti fossili, ridurre il
costo della bolletta e ridurre le emissioni nell’ambiente.
Centrali
che riciclano le energie come quelli per il biometano, cogeneratori
alimentati a biometani, edifici
vecchi gestiti in modo intelligente con algoritmi che pilotano
l’accensione di caldaie e elettrodomestici.
Cosa
ci manca? Non le competenze, ma la volontà politica che deve aiutare
le aziende che stanno lavorando in questo settore per togliere la
burocrazia inutile.
Per
sviluppare comunità energetiche come quella di San Giovanni a
Teduccio (sponsorizzato
da una fondazione privata, non dallo Stato o dalla Regione).
Per
recuperare metalli dai rifiuti di apparecchiature elettriche, come
fanno all’Enea a Roma: una scheda elettronica contiene oro, rame,
argento e stagno.
Le terre rare si recuperano si recuperano
negli hard disk dei nostri computer, anziché andare ad estrarle e
trattarle dalla terra.
Servirebbero
almeno cinque impianti idrometallurgici come quello dell’Enea per
recuperare metalli preziosi ma, cosa ancora più importante, servono
strutture distribuite sul territorio che raccolgono questi apparecchi
elettronici, come hanno fatto a Portici con un esperimento purtroppo
finito.
Questi
apparecchi oggi rischiano di essere dispersi nell’ambiente: oltre
alla perdita
dei materiali, c’è anche un rischio ambientale.
C’è
poi la plastica, che impiega 100 anni a biodegradarsi: a Brescia la
riciclano, dando nuova vita a plastica gettata nei rifiuti, la
plastica vergine
si
crea col petrolio, per ogni kg riciclato si evita di emettere 1,2 kg
di co2.
In Italia
produciamo 6 tonnellate di plastica l’anno e ne ricicliamo solo 1:
servirebbe creare
una rete di raccolta nazionale per la plastica (e lo stesso per il
recupero delle schede elettriche ed elettroniche), per dare una
certezza agli impianti che fanno riciclo.
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