30 giugno 2014

Carbone sporco

Spero che Enel smentisca il rapporto di Greenpeace, su come Enel compra il Carbone nel mondo.
Sul suo sito si spiega come il carbone "sia conveniente ed affidabile".
Conveniente per Enel e , forse, per il consumatore.
Ma per l'ambiente? E per i minatori colombiani? Dall'art. di Thomas Mackinson sul FQ

La questione è se la nostra bolletta dell’Enel, insieme a quelle di 31 milioni di italiani, possa aver contribuito o meno a caricare gli Ak47 che nel 2001 hanno ucciso tre leader sindacali del Sintraminercol alla miniera di La Loma, Colombia. E magari contribuisca ancora oggi a foraggiare indirettamente i gruppi paramilitari che terrorizzano i minatori con servizi di security che si spingono molto oltre il limite della violazione dei diritti umani. Questione delicatissima, che investe una società controllata dallo Stato che ha come maggior azionista il Governo italiano e che trova ragion d’essere in un studio sulla sostenibilità ambientale della filiera del carbone proveniente dalla Colombia, tra i maggiori esportatori in Italia. Greenpeace lo ha commissionato all’istituto di ricerca indipendente olandese Somo nei primi mesi del 2014. E ilfattoquotidiano.it lo pubblica oggi, in esclusiva.

La ricerca si chiama “Colombian Coal in Europe Imports by Enel as a Case Study ”. Nasce come completamento di uno studio precedente (The Black Box, Luci e ombre nella catena di fornitura di carbone in Olanda – 2012) sull’origine del carbone utilizzato per generare elettricità nei Paesi Bassi e la mancanza di trasparenza nelle catene di fornitura di carbone europee. Non operando Enel sul mercato olandese non era presente come caso di studio, nonostante sia un grande importatore di materia fossile colombiana e partecipi fin dalla sua origine a Bettercoal, un organo di certificazione dell’eticità della filiera cui aderiscono 11 grandi multiutility europee. Enel è, anzi, è tra i promotori.

Lo studio ha evidenziato l’esistenza di relazioni commerciali tra la più grande società elettrica d’Italia e due grandi aziende minerarie che operano in Colombia estremamente controverse, la statunitense Drummond e la svizzera Prodeco (GlencoreXstrata). Due nomi che in Italia dicono poco o nulla ma che in America, e non solo quella Latina, hanno una pessima fama. “Le loro politiche ambientali sono deboli – si legge nella sintesi del rapporto curata da Greenpeace – e più spesso deficitarie; ma, ancor più, su entrambe le aziende esiste una corposa documentazione giornalistica (e legale) che testimonia come siano state ripetutamente accusate di gravissime violazioni dei diritti umani e di aver commissionato omicidi e torture di sindacalisti e abitanti delle aree circostanti le loro miniere in Colombia. Alcuni dei processi a carico di queste aziende, conosciute all’opinione pubblica di molti Paesi per i loro imbarazzanti ‘crime files’, sono ancora pendenti”.

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Greenpeace: “Enel riveda presto i suoi accordi commerciali”
“Riteniamo che Enel debba presto rivedere i suoi accordi commerciali con queste aziende. E’ un dovere, ancor più dal momento che Enel è una controllata pubblica che ha come maggior azionista il Governo italiano. Un soggetto imprenditoriale delle dimensioni e dell’importanza di Enel non dovrebbe intrattenere relazioni commerciali con simili aziende – ripetutamente accusate di crimini efferati – anche per il buon nome e il prestigio industriale del nostro Paese”. Un asupicio rivolto al futuro. “Confidiamo che il nuovo management, che sta dando forti segnali di discontinuità, possa valutare attentamente le evidenze raccolte e semmai decidere di recidere i contratti con Drummond e Prodeco. Per noi resta l’assunto che la filiera del carbone è ‘inquinata’ dall’inizio alla fine; e che dobbiamo consegnare progressivamente e quanto prima al passato quella fonte energetica”.

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