26 novembre 2006

UnoeNessuno

Io non potevo vedermi vivere. Potei averne l'impressione dalla qual fui per così dire assaltato, allorchè alcuni giorni dopo, camminando e parlando col mio amico Stefano Firbo, mi accadde di sorprendermi all'improvviso in uno specchio per via, di cui non m'ero prima accorto. Non potè durare più di un attimo quell'impressione, chè subito seguì quel tale arresto e finì la spontaneità e cominciò lo studio.
Non riconobbi in prima me stesso. Ebbi l'impressione di un estraneo che passasse per via conversando. Mi fermai. Dovevo esser molto pallido. Firbo mi domandò:
“Che hai?”
“Niente” dissi. E tra me, invaso da uno strano sgomento ch'era insieme ribrezzo, pensavo:
“Era proprio la mia immagine, intravista in un lampo? Sono proprio così, io, di fuori quando – vivendo – non mi penso? Dunque per gli altri sono quell'estraneo sorpreso nello specchio: quello e non già io quale mi conosco: quell'uno lì che io stesso in prima, scorgendolo, non ho riconosciuto. Sono quell'estraneo che non posso veder vivere se non così, in un attimo impensato. Un estraneo che possono vedere e conoscere solamente gli altri, e io no”.
E mi fissai d'allora in poi questo proposito disperato: d'andare inseguendo quell'estraneo ch'era in me e che mi sfuggiva; che non potevo fermare davanti ad uno specchio perchè subito diventava me in quale io mi conoscevo; quell'UNO che viveva per gli altri e che io non potevo conoscere; che gli altri vedevano vivere e io no. Lo volevo vedere e conoscere anch'io così come gli altri lo vedevano e conoscevano.
Ripeto, credevo ancora che fosse uno solo questo estraneo: UNO solo per tutti, uno solo come io credevo d'esser io per me. Ma presto l'atroce mio dramma si complicò: con la scoperta dei centomila Moscarda ch'io ero non solo per tutti gli altri ma anche per me, tutti con questo solo nome di Moscarda, brutto fino alla crudeltà, tutti dentro questo mio povero corpo ch'era UNO anch'esso, UNO E NESSUNO ahimè, se me lo mettevo davanti allo specchio e me lo guardavo fisso e immobile negli occhi, abolendo in esso ogni sentimento di volontà.
Quando così il mio dramma si complicò, cominciarono le mie incredibili pazzie.


Luigi Pirandello, tratto da Uno nessuno e centomila.

Il dramma di non sapere chi siamo, per noi stessi e per gli altri; il dramma di scoprire che siamo visti, da ciascuno in modo diverso da quello che ci aspettiamo e che, peggio, questo (o questi) altri UNO noi non li possiamo vedere.
Forse per questo ci adeguiamo a dei costumi, a degli stili comportamentali che non sono nostri, ma costumi di massa. In modo da essere assimilati alla massa, al branco, al gruppo. Vedendo gli altri, vediamo noi, perchè tutti uguali.
Ogni giorno indossiamo una divisa, che magari ci sta stretta e scomoda, nemmeno ci piace, forse. Ma che è così pratica e utile per essere accettati.
Perchè chi è diverso, fuori dal gruppo e dal branco, indossa un'altra divisa. E deve essere isolato, scacciato e deriso. Come il nemico di Piero, cui deve sparare, anche se è un ragazzo come te, perchè indossa una divisa di un altro colore.
Benvenuti nella nuova era della pietra.


“Sparagli Piero, sparagli ora e dopo un colpo sparagli ancora,
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue.”

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1 commento:

Anonimo ha detto...

così terribilmente vero
io dietro tutto questo vedo l'ignoranza e le pigrizia:
la pigrizia che rende appetibile la semplicità della classificazione e degli atteggiamenti preconcetti
la mancanza di desiderio di capire e mettersi nei panni dell'altro


p.s.: lo so: oggi sono un po' chiacchierone :-P