Intervistato per la serata speciale di Che tempo che fa, il cardinale Tettamanzi ha dato la sua testimonianza di essere cristiano.La difficoltà dell'essere cristiano oggi, in questo momento di crisi (e non solo economica): oggi che chiamiamo clandestino il nostro prossimo che ha solo avuto la sfortuna di nascere dalla parte sbagliata (o meno fortunata) del mare.
A Lampedusa abbiamo riscoperto le nostre radici cristiane: per tutti i Gesù morti e sepolti, nel cimitero dell'isola o abbandonati nel mare , uccisi da Erode e Ponzio Pilato assieme, come raccontava nella sua introduzione Erri De Luca.
Il cardinale parlava di esigenze degli immigrati (come lo siamo stati noi italiani) e di diritti. Della solidarietà che dobbiamo dare e dell'aggressività con cui invece è stato risposto da una parte politica (si pensi alla richiesta di concedere luoghi di culti per i mussulmani).
«L'aggressività non mi preoccupa più di tanto — anche se non è stata piccola cosa — perché io parto da me stesso, faccio riferimento al Vangelo e alla razionalità, che ci invitano al dialogo, al confronto, all'incontro. L'aggressività è segno di mancanza di impegno a trovare un terreno comune per affrontare i problemi e dare loro una risposta umana».
«Penso che, soprattutto la politica, debba senz'altro interessarsi del momento, certo più difficile e delicato dell'emergenza, ma ad essa non può arrestarsi - ha aggiunto il cardinale -. La politica deve partire da progetti grandiosi, e soltanto in questo quadro è possibile allora attivare le diverse forze sociali, culturali istituzionali, di volontariato, religiose, perchè solo in un quadro progettuale è possibile risolvere anche il momento puntuale dell'emergenza».
Perchè tutti siamo in realtà debitori di qualcosa, nel passato. Per quello che i nostri genitori ci hanno insegnato, per quello che ci hanno lasciato.
Altra parole citata dal cardinale: sobrietà che non significa penitenza, ma moderatezza nei modi. Forse si riferiva ai tanti che si dicono cristiani (o ispirati ai suoi valori) e invece praticano la doppia morale. Tutti gli amministratori, uomini politici, persone che hanno il compito di guida nella nostra comunità.
«Non nominare il nome di cristiano invano».
Sobrietà e solidarietà: mettere al centro del discorso (di ogni cristiano) la dignità dell'uomo. Che si intreccia con la dignità della famiglia.
«Personalmente ritengo che esiste una regola delle regole e una governance delle governance. Perché la regola, in ultima analisi, è una sola, ed è la persona, la dignità della persona, i valori e le esigenze della persona. C'è solo un principio che dobbiamo onorare con fatica, e questo principio è il rimettere al centro l'uomo, la sua dignità. Potrei dire che bisogna avere il coraggio di parlare dell'etica. Dove l'etica non è qualcosa che blocca, o frena, o ostacola, ma al contrario qualcosa che libera, perché ci dà la possibilità di affrontare tutto e sempre in chiave umana e umanizzante».
Avere il coraggio di parlare dell'etica. Della persona: nè chiusa nei suoi egoismi, nè chiusa in sè stesso.
Libertà e destino: non c'è contrapposizione. Il nostro destino è scritto con la libertà concessaci da Dio. Qui il cardinale è volato troppo alto, quando ha parlato dei no della Chiesa, sui tanti temi della scienza, di bioetica. Sono nò che non indicano uno sbarramento, una porta chiusa.
Per ordinare il libro del cardinale Tettamanzi "Non c'è futuro senza solidarietà".
A Lampedusa abbiamo riscoperto le nostre radici cristiane: per tutti i Gesù morti e sepolti, nel cimitero dell'isola o abbandonati nel mare , uccisi da Erode e Ponzio Pilato assieme, come raccontava nella sua introduzione Erri De Luca.
Il cardinale parlava di esigenze degli immigrati (come lo siamo stati noi italiani) e di diritti. Della solidarietà che dobbiamo dare e dell'aggressività con cui invece è stato risposto da una parte politica (si pensi alla richiesta di concedere luoghi di culti per i mussulmani).
«L'aggressività non mi preoccupa più di tanto — anche se non è stata piccola cosa — perché io parto da me stesso, faccio riferimento al Vangelo e alla razionalità, che ci invitano al dialogo, al confronto, all'incontro. L'aggressività è segno di mancanza di impegno a trovare un terreno comune per affrontare i problemi e dare loro una risposta umana».
«Penso che, soprattutto la politica, debba senz'altro interessarsi del momento, certo più difficile e delicato dell'emergenza, ma ad essa non può arrestarsi - ha aggiunto il cardinale -. La politica deve partire da progetti grandiosi, e soltanto in questo quadro è possibile allora attivare le diverse forze sociali, culturali istituzionali, di volontariato, religiose, perchè solo in un quadro progettuale è possibile risolvere anche il momento puntuale dell'emergenza».
Perchè tutti siamo in realtà debitori di qualcosa, nel passato. Per quello che i nostri genitori ci hanno insegnato, per quello che ci hanno lasciato.
Altra parole citata dal cardinale: sobrietà che non significa penitenza, ma moderatezza nei modi. Forse si riferiva ai tanti che si dicono cristiani (o ispirati ai suoi valori) e invece praticano la doppia morale. Tutti gli amministratori, uomini politici, persone che hanno il compito di guida nella nostra comunità.
«Non nominare il nome di cristiano invano».
Sobrietà e solidarietà: mettere al centro del discorso (di ogni cristiano) la dignità dell'uomo. Che si intreccia con la dignità della famiglia.
«Personalmente ritengo che esiste una regola delle regole e una governance delle governance. Perché la regola, in ultima analisi, è una sola, ed è la persona, la dignità della persona, i valori e le esigenze della persona. C'è solo un principio che dobbiamo onorare con fatica, e questo principio è il rimettere al centro l'uomo, la sua dignità. Potrei dire che bisogna avere il coraggio di parlare dell'etica. Dove l'etica non è qualcosa che blocca, o frena, o ostacola, ma al contrario qualcosa che libera, perché ci dà la possibilità di affrontare tutto e sempre in chiave umana e umanizzante».
Avere il coraggio di parlare dell'etica. Della persona: nè chiusa nei suoi egoismi, nè chiusa in sè stesso.
Libertà e destino: non c'è contrapposizione. Il nostro destino è scritto con la libertà concessaci da Dio. Qui il cardinale è volato troppo alto, quando ha parlato dei no della Chiesa, sui tanti temi della scienza, di bioetica. Sono nò che non indicano uno sbarramento, una porta chiusa.
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