"Cu cu .. la crisi non c'è più, è arrivato maggio ..".
Ma davvero abbiamo imboccato la strada giusta per uscire dalla crisi? Davvero i timidi segnali di ripresa (+1,5% la crescita della produzione industriale ad aprile, +5% la fiducia dei consumatori) indicano l'inizio della fine del peggio?
Annozero è andato in America: nel giorno in cui il presidente Obama si dice orgoglioso dell'accordo di Chrisler con Fiat, grazie a cui è riuscito a salvare l'azienda americana e qualche migliaia di posti di lavoro, Corrado Formigli nel suo reportage mostrava la tendopoli di Sacramento. Il luogo dove sono finiti tanti americani, colpiti dalla crisi: persone appartenenti alla ex middle class, che di colpo son passati dal guadagnare qualche centinaia di migliaia di dollari l'anno, a zero. Come un domino, raccontava uno di questi: prima perdi i mobili, poi la casa, la macchina ...
Attenzione, non era il solito reality sulla povertà e sulla miseria: il servizio raccontava del grande coraggio, della grande dignità, dello spirito di questi nuovi homeless, che anche dentro una tenda non vogliono perdere la fiducia e la speranza di uscirne fuori.
E noi italiani: dovremo anche noi affrontare lo stesso guado degli ex lavoratori di Sacramento (California)? Finiremo anche noi dentro le tende riscaldate da una batteria di automobile?
In Italia, oltre agli indicatori positivi citati prima, ne esistono altri meno incoraggianti: sui posti di lavoro persi; sulle piccole imprese che chiudono, sui negozi chiusi. Sul calo del PIL.
Se fino ad oggi il sistema ha tenuto è anche perchè in Italia ad un altro debito pubblico, si contrappone un debito virtuoso delle famiglie.
Bisognerebbe che qualcuno ascolti le persone: dai lavoratori messi in cassa integrazione (quando va bene), alle piccole imprese che oggi hanno difficoltà ad ottenere prestiti dalle banche. Che si ritrovano a dover affrontare la giungla normativa, piena di burocrazia.
Ad un certo punto in studio si è alzata una signora, parrucchiera a Belluno: "il popolo si arrabbia e io sono molto arrabbiata". Questa signora chiedeva un sistema più snello per le imprese, maggiore meritocrazia ovvero coloro che hanno sbagliato in politica dovrebbero andarsene. Facile bollare il suo sfogo come il solito populismo: ma su una cosa aveva ragione. Se crolla la piccola e media impresa ...
Negli Stati Uniti è arrivato il socialismo: i sindacati parteciperanno alla vita aziendale. Chi lo avrebbe detto, nel paese di McCarthy? Il fallimento pilotato riuscirà a salvare l'azienda Chrisler? Vedremo.
Ma in studio, i giornalisti presenti, Massimo Riva de L'Espresso, Nicola Porro del Giornale, Federico Rampini di Repubblica, hanno espresso i propri dubbi sull'effettivo cambiamento di rotta del sistema.
Se la crisi c'è stata in America, questa è stata causata non solo dalle famiglie che compravano in debito, ma anche da chi li ha spinti a farlo. Dalle banche che concedevano mutui senza garanzie. Dai derivati.
Dalle agenzie di rating: come puoi fidarti delle stesse banche (UBS, Deutsche Bank, JP Morgan) oggi?
Si è parlato anche del conflitto di interessi in casa Obama (evidentemente questo conflitto di interessi non è tabù), poichè alcuni suoi collaboratori nel passato hanno avuto rapporti con Hedge Fund.
Dove sono le regole nuove che erano state ventilate qualche G20 fa? Dov'è il cambiamento?
Servirebbero nuove regole: magari contro i paradisi fiscali. Davigo, sempre ad Annozero, spiegava come basterebbe una legge che imponesse alle imprese italiane la contabilità in Italia e non all'estero.
Il 50% di imprese quotate in borsa e il 25% delle banche hanno società partecipate con sede nei paradisi fiscali.
Che poi sono di tre tipi: quelli societari (per cui di questa società non si conosce il padrone); quelli bancari (come la Svizzera); quelli valutari (non esistono controlli sui cambi) e infine quelli fiscali. Dove si paga una tassa per aprire una società e poi nessuno controlla.
Perchè non si fa in fretta e furia una leggina per bloccare questo: in 69 giorni si è fatto il lodo Schifani; in 24 giorni il lodo Alfano.
Nei paradisi fiscali si stima siano conservati dai 7 agli 11 miliardi di dollari.
Forse perchè, come per la lotta all'evasione, si scoprirebbero le mani in pasta dei grandi imprenditori italiani?
Intesa, Finmeccanica, Eni, Enel, Ifil, Mediobanca, gruppo Marcegaglia (viva l'italianità?). E anche il gruppo Fininvest.
Il paradiso (fiscale) può attendere, concludeva Travaglio: Berlusconi dovrebbe fare una legge in conflitto di interessi contro se stesso.
Così come può attendere la lotta ai monopoli, alle caste (le liberalizzazioni non fatte), alle corporazioni, all'evasione fiscale. La lotta per la meritocrazia (le candidature per il Parlamento Europeo sono sotto gli occhi di tutto).
Così come può attendere la lotta per la salvaguardia del lavoro, per un welfare distribuito per tutti, per maggiori tutele a fronte di maggiori flessibilità.
"Io vedo avanti e vedo buio" diceva Renato Cecchi, imprenditore tessile. Del tessile che sta sparendo. Ma loro non sono la Fiat. A Prato sono persi negli aluitmi anni 12000 posti di lavoro.
Sandro Ruotolo era ad Acerra: pare che le ecoballe, in Campania non siano finite. Inaugurato l'impianto alla presenza di Berlusconi a fine marzo, l'impianto funziona a metà regime. Un inceneritore (non il termovalorizzatore) che non crea energia.
"cu cu .. la crisi non c'è più .."
Technorati: Annozero
Ma davvero abbiamo imboccato la strada giusta per uscire dalla crisi? Davvero i timidi segnali di ripresa (+1,5% la crescita della produzione industriale ad aprile, +5% la fiducia dei consumatori) indicano l'inizio della fine del peggio?
Annozero è andato in America: nel giorno in cui il presidente Obama si dice orgoglioso dell'accordo di Chrisler con Fiat, grazie a cui è riuscito a salvare l'azienda americana e qualche migliaia di posti di lavoro, Corrado Formigli nel suo reportage mostrava la tendopoli di Sacramento. Il luogo dove sono finiti tanti americani, colpiti dalla crisi: persone appartenenti alla ex middle class, che di colpo son passati dal guadagnare qualche centinaia di migliaia di dollari l'anno, a zero. Come un domino, raccontava uno di questi: prima perdi i mobili, poi la casa, la macchina ...
Attenzione, non era il solito reality sulla povertà e sulla miseria: il servizio raccontava del grande coraggio, della grande dignità, dello spirito di questi nuovi homeless, che anche dentro una tenda non vogliono perdere la fiducia e la speranza di uscirne fuori.
E noi italiani: dovremo anche noi affrontare lo stesso guado degli ex lavoratori di Sacramento (California)? Finiremo anche noi dentro le tende riscaldate da una batteria di automobile?
In Italia, oltre agli indicatori positivi citati prima, ne esistono altri meno incoraggianti: sui posti di lavoro persi; sulle piccole imprese che chiudono, sui negozi chiusi. Sul calo del PIL.
Se fino ad oggi il sistema ha tenuto è anche perchè in Italia ad un altro debito pubblico, si contrappone un debito virtuoso delle famiglie.
Bisognerebbe che qualcuno ascolti le persone: dai lavoratori messi in cassa integrazione (quando va bene), alle piccole imprese che oggi hanno difficoltà ad ottenere prestiti dalle banche. Che si ritrovano a dover affrontare la giungla normativa, piena di burocrazia.
Ad un certo punto in studio si è alzata una signora, parrucchiera a Belluno: "il popolo si arrabbia e io sono molto arrabbiata". Questa signora chiedeva un sistema più snello per le imprese, maggiore meritocrazia ovvero coloro che hanno sbagliato in politica dovrebbero andarsene. Facile bollare il suo sfogo come il solito populismo: ma su una cosa aveva ragione. Se crolla la piccola e media impresa ...
Negli Stati Uniti è arrivato il socialismo: i sindacati parteciperanno alla vita aziendale. Chi lo avrebbe detto, nel paese di McCarthy? Il fallimento pilotato riuscirà a salvare l'azienda Chrisler? Vedremo.
Ma in studio, i giornalisti presenti, Massimo Riva de L'Espresso, Nicola Porro del Giornale, Federico Rampini di Repubblica, hanno espresso i propri dubbi sull'effettivo cambiamento di rotta del sistema.
Se la crisi c'è stata in America, questa è stata causata non solo dalle famiglie che compravano in debito, ma anche da chi li ha spinti a farlo. Dalle banche che concedevano mutui senza garanzie. Dai derivati.
Dalle agenzie di rating: come puoi fidarti delle stesse banche (UBS, Deutsche Bank, JP Morgan) oggi?
Si è parlato anche del conflitto di interessi in casa Obama (evidentemente questo conflitto di interessi non è tabù), poichè alcuni suoi collaboratori nel passato hanno avuto rapporti con Hedge Fund.
Dove sono le regole nuove che erano state ventilate qualche G20 fa? Dov'è il cambiamento?
Servirebbero nuove regole: magari contro i paradisi fiscali. Davigo, sempre ad Annozero, spiegava come basterebbe una legge che imponesse alle imprese italiane la contabilità in Italia e non all'estero.
Il 50% di imprese quotate in borsa e il 25% delle banche hanno società partecipate con sede nei paradisi fiscali.
Che poi sono di tre tipi: quelli societari (per cui di questa società non si conosce il padrone); quelli bancari (come la Svizzera); quelli valutari (non esistono controlli sui cambi) e infine quelli fiscali. Dove si paga una tassa per aprire una società e poi nessuno controlla.
Perchè non si fa in fretta e furia una leggina per bloccare questo: in 69 giorni si è fatto il lodo Schifani; in 24 giorni il lodo Alfano.
Nei paradisi fiscali si stima siano conservati dai 7 agli 11 miliardi di dollari.
Forse perchè, come per la lotta all'evasione, si scoprirebbero le mani in pasta dei grandi imprenditori italiani?
Intesa, Finmeccanica, Eni, Enel, Ifil, Mediobanca, gruppo Marcegaglia (viva l'italianità?). E anche il gruppo Fininvest.
Il paradiso (fiscale) può attendere, concludeva Travaglio: Berlusconi dovrebbe fare una legge in conflitto di interessi contro se stesso.
Così come può attendere la lotta ai monopoli, alle caste (le liberalizzazioni non fatte), alle corporazioni, all'evasione fiscale. La lotta per la meritocrazia (le candidature per il Parlamento Europeo sono sotto gli occhi di tutto).
Così come può attendere la lotta per la salvaguardia del lavoro, per un welfare distribuito per tutti, per maggiori tutele a fronte di maggiori flessibilità.
"Io vedo avanti e vedo buio" diceva Renato Cecchi, imprenditore tessile. Del tessile che sta sparendo. Ma loro non sono la Fiat. A Prato sono persi negli aluitmi anni 12000 posti di lavoro.
Sandro Ruotolo era ad Acerra: pare che le ecoballe, in Campania non siano finite. Inaugurato l'impianto alla presenza di Berlusconi a fine marzo, l'impianto funziona a metà regime. Un inceneritore (non il termovalorizzatore) che non crea energia.
"cu cu .. la crisi non c'è più .."
Technorati: Annozero
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