Esce il libro "Le due guerre " del procuratore Gian Carlo Caselli. Le due guerre sono quelle contro le Br e contro la mafia.
Lo Stato, scrive Caselli, «si è fermato a undici metri dalla fine, come se dovesse tirare un calcio di rigore, al novantesimo. Ma invece di tirare, è rientrato negli spogliatoi».
Qui sta la differenza tra Le due guerre che danno il titolo al nuovo saggio del magistrato, edito da Melampo e in uscita il 28 maggio (pagine 157, 15), che verrà presentato in anteprima domani alla Fiera del libro di Torino (ore 15.30, Spazio Ibs).
Nel primo dei due conflitti, contro il terrorismo, si è andati fino in fondo, perché il nemico era sostanzialmente isolato, disponeva di agganci molto deboli nel contesto sociale. Contro la mafia, nella seconda e più difficile guerra, i successi ottenuti contro i killer e i boss non sono bastati, perché Cosa nostra gode di collusioni diffuse, negli ambienti politici come in «quote consistenti della borghesia ricca e colta».
E quando si tocca quell'intreccio perverso, la solidarietà verso l'azione degli inquirenti si attenua, mentre crescono i distinguo, le critiche, i veleni. Caselli parla per doppia esperienza diretta. Fu da subito in prima fila contro le Brigate rosse, quando certi terroristi catturati preferivano farsi interrogare da lui in quanto esponente della corrente di sinistra delle toghe, Magistratura democratica, per poi rimanere miseramente delusi di fronte alla sua proverbiale fermezza piemontese.
Qui sta la differenza tra Le due guerre che danno il titolo al nuovo saggio del magistrato, edito da Melampo e in uscita il 28 maggio (pagine 157, 15), che verrà presentato in anteprima domani alla Fiera del libro di Torino (ore 15.30, Spazio Ibs).
Nel primo dei due conflitti, contro il terrorismo, si è andati fino in fondo, perché il nemico era sostanzialmente isolato, disponeva di agganci molto deboli nel contesto sociale. Contro la mafia, nella seconda e più difficile guerra, i successi ottenuti contro i killer e i boss non sono bastati, perché Cosa nostra gode di collusioni diffuse, negli ambienti politici come in «quote consistenti della borghesia ricca e colta».
E quando si tocca quell'intreccio perverso, la solidarietà verso l'azione degli inquirenti si attenua, mentre crescono i distinguo, le critiche, i veleni. Caselli parla per doppia esperienza diretta. Fu da subito in prima fila contro le Brigate rosse, quando certi terroristi catturati preferivano farsi interrogare da lui in quanto esponente della corrente di sinistra delle toghe, Magistratura democratica, per poi rimanere miseramente delusi di fronte alla sua proverbiale fermezza piemontese.
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