24 aprile 2011

La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi, a cura di Anna Vinci

Purtroppo, l'unico difetto che ho trovato in questo libro, è proprio nella sua struttura: una raccolta dei 700 e passa foglietti, nervosi appunti presi nel corso delle audizioni, lettere, atti che lo compongono e che raccontano la storia (complicata e anche ostacolata) della Commissione Parlamentare sulla Loggia P2, di cui Tina Anselmi fu presidente (e Giovanni di Ciommo che ne ha scritto la prefazione, segretario).
Foglietti che partono dal 30 ottobre 1981, per arrivare fino al 28 luglio 1990 (gli ultimi echi), nonostante la commissione terminò i lavori (o meglio, furono fatti terminare i lavori, per il presunto tacito accordo dei partiti di farli terminare) nel 1984.

Immagino la difficoltà, per una persona che in quegli anni non era ancora nato o era troppo piccolo, che volesse usare questo libro per comprendere cosa sia stato la Loggia P2, e cosa siano stati quegli anni densi di eventi che misero l'Italia di fronte alla lotta al terrorismo, il golpe dei corleonesi al sud, le bombe della strategia della tensione, gli scandali e le tangenti (Eni Petronim, lo scandalo dei petrolieri, il crac Italcasse, il crac Sindona, il crac del Banco Ambrosiano di Calvi). I tentativi di colpo di stato. E infine questa P2, come un ombra che compare spesso dietro questi episodi ancora oggi non del tutti spiegati. Non del tutto chiariti.

Ecco, iniziamo col dire che “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi” non è un libro sulla P2 né sulla storia criminale italiana degli anni 70-80, nonostante le ricche note a fine di ogni capitolo che approfondiscono singoli episodi citati negli appunti della Anselmi.
E' invece un racconto, quasi da diario personale, dei messi vissuti dentro la Commissione Parlamentare, che su questa Loggia fu chiamata ad indagare.

Ironia della sorte, fu una donna a presiedere una commissione, di soli maschi, su una struttura il cui elenco degli iscritti era stato scoperto durante la perquisizione alla Giole (di Licio Gelli), ordinata dai magistrati Colombo e Turone il 17 marzo 1981, composta da soli uomini.

Forse anche questo spiega le difficoltà che questa commissione dovette affrontare, anche all'interno delle stesse strutture democratiche in cui la Loggia P2 pareva avere buone aderenze.
Perché in quelle liste erano presenti politici, ministri, giornalisti, banchieri, magistrati, qualche industriale, e i vertici delle forze armate e dei servizi segreti.

La P2: 12 generali dei carabinieri, 5 generali della Guardia di Finanza, 22 generali dell'esercito, 4 generali dell'Aeronautica militare, 8 ammiragli, direttori e funzionari dei vari servizi segreti, 44 parlamentari, 2 ministri dell'allora governo, un segretario di partito, giornalisti, imprenditori, faccendieri, magistrati ..

Una scoperta che metteva in imbarazzo i partiti di governo (eccetto il PCI e pochi altri partiti erano iscritti tutti i partiti della maggioranza), i servizi, l'esercito.

Si corre il rischio di farsi prendere dalla vertigine, leggendo le pagine di questo diario: troppi i nomi citati, nomi di personaggi oggi dimenticati (purtroppo), nonostante qualche rieccolo è ancora oggi presente nella vita istituzionale del paese.
Oltre ai giornalisti Costanzo, Trecca e Gervaso, il presidente Berlusconi, gli onorevoli Cicchitto e Selva.
Ma ad un certo punto si parla degli affari in Sardegna di Carboni (anche lui tornato nelle notizie di cronache per l'inchiesta sull'eolico, per l'inchiesta sulla P3) con Pisanu e Berlusconi. Del Mokbel recentemente balzato sulle notizie di cronaca per l'inchiesta sul senatore Di Girolamo.
E, purtroppo, anche il venerabile Licio Gelli, patron della ragnatela P2, non fa molto per farsi dimenticare dal popolo italiano. Rivendicando la paternità del piano di rinascita nazionale, che ritornerebbe nelle riforme messe in atto dall'attuale maggioranza parlamentare di centrodestra, senza che questo generi particolari scalpori in essa.

"Peccato non averlo depositato alla Siae per i diritti - ha detto il Venerabile - tutti ne hanno preso spunto: ma l'unico che può andare avanti è Silvio Berlusconi...".

Si comprendono bene, allora, le difficoltà nel lavoro della Commissione, che dovette dipanarsi in questa ragnatela che metteva assieme massoneria, logge coperte, finanzieri, politici e giornalisti. Ciascuno teso a minimizzare, tirarsi fuori, negare (in pochi ammisero la propria iscrizione, e la natura contraria alla Costituzione). In molti usarono poi la Commissione come “buca delle lettere” per gettare discredito su altri membri, su altri personaggi della vita pubblica: depistaggi, menzogne, reticenze. Fino alle pressioni, velate alcune, altre meno, sulla volontà di chiudere i lavori, se avessero oltrepassato una certa soglia. La soglia che pone il cittadino di fronte alla domanda: per quale motivo queste persone, alti esponenti dello stato, si riunivano assieme? Quale era la ragione sociale della Loggia (coperta, e spesso senza che nemmeno tutti gli iscritti si conoscessero tra loro)?

Leggendo i foglietti, è bene cercare di farsi un quadro d'insieme della situazione, volare alto, per non rimanere invischiati in questa ragnatela di persone, fatti, tangenti (sul petrolio, sui giornali, ai partiti), ricatti a mezzo stampa (il giornalista Pecorelli, poi ucciso egli stesso forse per aver preteso troppo dal gioco dei ricatti), senza farsi fregare dal gioco se quell'esponente era veramente iscritto.


Nell'intervista a
Famiglia Cristiana , Anna Vinci dice, sul lavoro di Tina Anselmi
«Aveva a che fare non solo con le audizioni, ma anche con le carte che venivano dalle Procure. Voleva documentare il suo lavoro perché temeva – e il timore era fondato – che il lavoro suo e dei commissari non venisse preso in considerazione. Scriveva per lasciare tutto “a futura memoria”. Quello che le è passato sotto gli occhi in quei tre anni era colossale. Come lei stessa l’ha definito, nel suo discorso del 9 gennaio 1986 alla Camera dei Deputati, la P2 è stata il “tentativo sofisticato e occulto di manipolare la democrazia”, di svuotarla dal suo interno rendendo l’Italia un Paese solo apparentemente democratico. Insomma, un vero e proprio piano eversivo».

L’onorevole Anselmi ha dichiarato, proprio al nostro settimanale in un’intervista del 25 maggio 1984: “Questi tre anni sono stati per me l’esperienza più sconvolgente della mia vita. Solo frugando nei segreti della P2 ho scoperto come il potere, quello che ci viene delegato dal popolo, possa essere ridotto a un’apparenza. La P2 si è impadronita delle istituzioni, ha fatto un colpo di Stato strisciante. Per più di dieci anni i servizi segreti sono stati gestiti da un potere occulto”. È per essere andata fino in fondo che poi ne ha pagato il prezzo politico?

«Sì. Quando le hanno proposto di diventare Presidente della Commissione, ha accettato perché è una donna coraggiosa. E la sua conduzione, nei tre anni seguenti, è stata un esempio di dirittura morale e onestà profonda. Anche se capiva che il “non fare sconti a nessuno” avrebbe comportato un duro prezzo. E l’ha pagato. Da allora è stata “fatta fuori” politicamente. È stata emarginata».

Quello che Tina Anselmi ha scoperto non era solo il tentativo di svuotamento della democrazia…
«No, infatti. C’erano anche
le implicazioni con la strage di Bologna, con l’attentato dell’Italicus, con il caso-Moro, con il caso-Sindona, le relazioni con la mafia e la banda della Magliana. E con tanti altri episodi oscuri e inquietanti della storia italiana. Emergeva un cono d’ombra comune, che aveva la sua matrice nella P2 di Licio Gelli».

Lei, dottoressa, nel ripercorrere quei foglietti e le vicende ad essi collegati, cosa ne ha tratto?
«Mi ha colpito la mancanza di senso dello Stato,
l’irresponsabilità. “Mi sono iscritto, ma non credevo… non sapevo…” Questo lo dicevano in tanti. È lo spaccato di un’intera classe dirigente che non si capisce quanto fosse incompetente o truffaldina. Dal libro emerge non tanto un giudizio politico ma la pochezza degli uomini. Gelli riceveva all’Excelsior. Non era lui che andava a trovare i politici. E tanti nomi degli iscritti alla lista P2 sono ancora in piena attività».

[..]

Tina Anselmi, una donna, si trovò a indagare in uno dei mondi più esclusivamente maschili, qual è quello della massoneria. È stato un valore aggiunto o un limite?
«Un valore aggiunto. Non se l’aspettavano la tenacia e il rigore di Tina. Quel mondo si è trovato spiazzato. Nella vicenda P2 non ci sono donne, in queste pagine non emergono donne. È una vicenda tutta al maschile. Questo mi porta a dire che, allora come oggi, al nostro Paese manca l’apporto del talento delle donne».

C’è una figura, fra le tante, che l’ha particolarmente inquietata?
«Francesco Cossiga. Appena divenne Presidente della Repubblica scrisse alla Anselmi. Era ossessionato dai vecchi rapporti con Gelli. Come scrive il magistrato Giovanni Turone, all’epoca titolare dell’inchiesta (con Gherardo Colombo) che portò alla scoperta della P2, Cossiga è una delle persone più inquietanti del nostro dopoguerra».

Perché, secondo lei, è importante leggere oggi di una vicenda di 30 anni fa?
«Tina diceva che una delle tragedie dell’Italia è che non abbiamo la memoria condivisa. Lei aveva cercato di ricomporre un puzzle che ci ha lasciato, perché non si dimentichi e perché non si ripeta. Il libro è in fondo un atto d’accusa della situazione in cui siamo caduti. Il declino andava fermato allora. Tina aveva compreso una cosa molto importante. Scrisse in uno dei suoi appunti: “Basta una sola persona che ci governa ricattata o ricattabile, perché la democrazia sia a rischio"».

Una questione molto attuale. Lei è pessimista?
«No. Vinceremo noi, alla fine, non i piduisti».

Ecco, se vogliamo vincere veramente noi, dobbiamo da una parte coltivare il vizio della memoria, dall'altra difenderla tutti i giorni, la democrazia, da chi la vuole ricondurre all'oscure di logge e gruppi di potere opachi.

Il link per ordinare il libro su ibs
La scheda del libro sul sito di chiarelettere.
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