Il mostro a tre teste, di cui ha parlato Lucarelli ieri sera, è il mostro delle ecomafie. Un mostro alimentato dalla criminalità organizzata, dagli imprenditori senza scrupoli che con le mafie fanno affari, dai sindaci, dagli assessori, i geometri, gli avvocati, i professionisti che assecondano gli appetiti di questo mostro.
Un mostro che divora il territorio, inquina le falde, distrugge boschi, è causa disastri (alluvioni, frane) e di morti senza giustizia. Ma non solo: le ecomafie distruggono anche l'economia, avvelenano il cibo che poi portiamo sulle tavole e ci mangiamo.
Dove passa questo mostro, non c'è futuro.
Chiunque aiuta questo mostro è colpevole: il sindaco o l'assessore che fanno un cambio di destinazione d'uso di un terreno per favorire l'impresa criminale.
L'autotrasportatore che falsifica le bolle per far si che i rifuti tossici diventini rifuti comuni che si possono sversare in una discarica.
Il broker di rifuti che, solo con un cellulare un fax, agevola lo smaltimento di rifuti industriali, ma anche l'impresa che fa finta di non sapere. Non sapere che se il costo per lo smaltimento è particolarmente alto, probabilmente gli scarti, gli olii, finiranno dentro il terreno senza alcun trattamento.
Il politico locale o nazionale, che prepara piani regolatori che permettono altre opere in cemento, discariche, per poi dividersi la mazzetta o per un rendiconto elettorale.
Le tre teste del mostro, secondo la metafora di Lucarelli sono la rifiuti Spa, la più grande azienda a livello europeo, che ha trasformato la monnezza in oro, grazie al ciclo integrato dei rifiuti .
Il ciclo criminale dei rifiuti non è solo un problema della Campania, come ha raccontato Saviano in Gomorra. Discariche illegali sono cresciute anche al nord, in Brianza.
Un giro d'affari di 3 miliardi di euro all'anno.
L'altra testa del mostro è quella del ciclo criminale del cemento.
Un ciclo completo in mano alle ecomafie che controllano le cave abusive, le aziende di trasporto di inerti (per i cantieri) e di movimento terra. Il controllo dei cantieri dove in molti lavorano in nero. Le aziende che producono calcestruzzo, che magari non è nemmeno vero cemento, ma un cemento depotenziato. Perchè costa meno, perché per la criminalità rende di più. Perchè tanto, chi dovrebbe controllare (l'assessore, il sindaco, il vigile) non si fa scrupoli dei problemi che potrebbero nascere in futuro.
Come per il ciclo dei rifiuti, anche per il cemento vale lo stesso discorso: questa testa del mostro non sarebbe potuta crescere se non ci fosse stato uno stretto legame tra mafie e politica. Emerge da tante inchieste, troppe, e non si può più parlare di episodi singoli. Al nord, come al sud: per gli appalti per le grandi opere e l'Expo, e anche al sud, per esempio con la Salerno Reggio Calabria.
In Italia sono state costruite dal 2003 240000 case abusive. Che sfuggono al fisco, che sono state beneficiate da uno dei tanti condoni. Condoni che qualche politico locale o nazionale ha promesso per un proprio fine elettorale.
L'ultima testa del mostro è quella del ciclo alimentare criminale.
Perchè anche questo fanno le ecomafie: sui terreni inquinati da loro stessi, fanno crescere ortaggi e frutte che poi arrivano sulle tavole.
Le ecomafie impongono agli imprenditori nel settore alimentare di vendere i loro prodotti nei supermercati: prodotti più cari e meno buoni.
Perchè non siamo più da un pezzo nel libero mercato (dove i grossisti possono scegliere la frutta e i prodotti migliori e a miglior prezzo): siamo nel monopolio della criminalità organizzata.
E alle persone coraggiose che poi denunciano il pizzo, succede anche di trovarsi poi le porte chiuse da parte delle banche. Perché lo sanno tutti che chi si mette contro la mafia, è un morto che cammina.
Un giro d'affari da 70 miliardi l'anno: il pane cotto nei forni abusivi, alimentati da legname preso da casse da morto.
La mozzarella di bufala fatta con latte alla diossina.
I compost inquinati che vengono venduti agli agricoltori come concimi.
Il caffè imposto dai clan a tutti bar di una determinata zona (per esempio il caffè Nobis.).
I cartoni della mozzarelle che devono essere quelli che dice il clan ("dove c'è pizza c'è mafia" si sente dire in una intercettazione dopo la strage di Duisburg).
Per raccontare delle teste del mostro, Lucarelli ha usate tre storie e un prologo.
Il prologo è il terremoto dell'Irpinia avvenuto nel novembre 1980.
Fu qui che la camorra (Cutolo, Alfieri) e la mafia (tramite Nuvoletta) imparò quanto potesse essere lucroso entrare nel business della ricostruzione. Mettersi in affari con lo stato, con i politici (che decidono sugli appalti e sulle leggi per gli appalti), con gli imprenditori che per costruire le case in Campania dovevano mettersi a posto. Pagando il pizzo.
Dalla ricostruzione si arrivò, col patto di Villaricca, al business dei rifiuti: l'accordo fu siglato tra gli anni 80 e 90, tra imprenditori nel settore (come Gaetano Vassallo ) e boss come Gaetano Cenci e Nunzio Perella.
La seconda storia, sul ciclo del cemento, l'ha raccontata Roberto Robustelli, scampato per miracolo alla morte, dopo l'alluvione di Sarno, nel maggio 1998.
Quando la montagna franò, rimase per 72 ore dentro il fango.
Fango che era franato per il disboscamento criminale delle colline sopra i paese, perché si era costruito dove non si doveva.
E' successo a Sarno ma anche a Genova l'anno scorso con l'alluvione. In Versilia nel e nella Lunigiana. A Giampilieri nel 2009.
L'ultima testimonianza, l'ultima storia, quella raccontata dal signor Imberbe, che ad un certo punto si è stancato di pagare il pizzo per la sua attività di distribuzione alimentare.
Un mostro che divora il territorio, inquina le falde, distrugge boschi, è causa disastri (alluvioni, frane) e di morti senza giustizia. Ma non solo: le ecomafie distruggono anche l'economia, avvelenano il cibo che poi portiamo sulle tavole e ci mangiamo.
Dove passa questo mostro, non c'è futuro.
Chiunque aiuta questo mostro è colpevole: il sindaco o l'assessore che fanno un cambio di destinazione d'uso di un terreno per favorire l'impresa criminale.
L'autotrasportatore che falsifica le bolle per far si che i rifuti tossici diventini rifuti comuni che si possono sversare in una discarica.
Il broker di rifuti che, solo con un cellulare un fax, agevola lo smaltimento di rifuti industriali, ma anche l'impresa che fa finta di non sapere. Non sapere che se il costo per lo smaltimento è particolarmente alto, probabilmente gli scarti, gli olii, finiranno dentro il terreno senza alcun trattamento.
Il politico locale o nazionale, che prepara piani regolatori che permettono altre opere in cemento, discariche, per poi dividersi la mazzetta o per un rendiconto elettorale.
Le tre teste del mostro, secondo la metafora di Lucarelli sono la rifiuti Spa, la più grande azienda a livello europeo, che ha trasformato la monnezza in oro, grazie al ciclo integrato dei rifiuti .
Il ciclo criminale dei rifiuti non è solo un problema della Campania, come ha raccontato Saviano in Gomorra. Discariche illegali sono cresciute anche al nord, in Brianza.
Un giro d'affari di 3 miliardi di euro all'anno.
L'altra testa del mostro è quella del ciclo criminale del cemento.
Un ciclo completo in mano alle ecomafie che controllano le cave abusive, le aziende di trasporto di inerti (per i cantieri) e di movimento terra. Il controllo dei cantieri dove in molti lavorano in nero. Le aziende che producono calcestruzzo, che magari non è nemmeno vero cemento, ma un cemento depotenziato. Perchè costa meno, perché per la criminalità rende di più. Perchè tanto, chi dovrebbe controllare (l'assessore, il sindaco, il vigile) non si fa scrupoli dei problemi che potrebbero nascere in futuro.
Come per il ciclo dei rifiuti, anche per il cemento vale lo stesso discorso: questa testa del mostro non sarebbe potuta crescere se non ci fosse stato uno stretto legame tra mafie e politica. Emerge da tante inchieste, troppe, e non si può più parlare di episodi singoli. Al nord, come al sud: per gli appalti per le grandi opere e l'Expo, e anche al sud, per esempio con la Salerno Reggio Calabria.
In Italia sono state costruite dal 2003 240000 case abusive. Che sfuggono al fisco, che sono state beneficiate da uno dei tanti condoni. Condoni che qualche politico locale o nazionale ha promesso per un proprio fine elettorale.
L'ultima testa del mostro è quella del ciclo alimentare criminale.
Perchè anche questo fanno le ecomafie: sui terreni inquinati da loro stessi, fanno crescere ortaggi e frutte che poi arrivano sulle tavole.
Le ecomafie impongono agli imprenditori nel settore alimentare di vendere i loro prodotti nei supermercati: prodotti più cari e meno buoni.
Perchè non siamo più da un pezzo nel libero mercato (dove i grossisti possono scegliere la frutta e i prodotti migliori e a miglior prezzo): siamo nel monopolio della criminalità organizzata.
E alle persone coraggiose che poi denunciano il pizzo, succede anche di trovarsi poi le porte chiuse da parte delle banche. Perché lo sanno tutti che chi si mette contro la mafia, è un morto che cammina.
Un giro d'affari da 70 miliardi l'anno: il pane cotto nei forni abusivi, alimentati da legname preso da casse da morto.
La mozzarella di bufala fatta con latte alla diossina.
I compost inquinati che vengono venduti agli agricoltori come concimi.
Il caffè imposto dai clan a tutti bar di una determinata zona (per esempio il caffè Nobis.).
I cartoni della mozzarelle che devono essere quelli che dice il clan ("dove c'è pizza c'è mafia" si sente dire in una intercettazione dopo la strage di Duisburg).
Per raccontare delle teste del mostro, Lucarelli ha usate tre storie e un prologo.
Il prologo è il terremoto dell'Irpinia avvenuto nel novembre 1980.
Fu qui che la camorra (Cutolo, Alfieri) e la mafia (tramite Nuvoletta) imparò quanto potesse essere lucroso entrare nel business della ricostruzione. Mettersi in affari con lo stato, con i politici (che decidono sugli appalti e sulle leggi per gli appalti), con gli imprenditori che per costruire le case in Campania dovevano mettersi a posto. Pagando il pizzo.
Dalla ricostruzione si arrivò, col patto di Villaricca, al business dei rifiuti: l'accordo fu siglato tra gli anni 80 e 90, tra imprenditori nel settore (come Gaetano Vassallo ) e boss come Gaetano Cenci e Nunzio Perella.
La seconda storia, sul ciclo del cemento, l'ha raccontata Roberto Robustelli, scampato per miracolo alla morte, dopo l'alluvione di Sarno, nel maggio 1998.
Quando la montagna franò, rimase per 72 ore dentro il fango.
Fango che era franato per il disboscamento criminale delle colline sopra i paese, perché si era costruito dove non si doveva.
E' successo a Sarno ma anche a Genova l'anno scorso con l'alluvione. In Versilia nel e nella Lunigiana. A Giampilieri nel 2009.
L'ultima testimonianza, l'ultima storia, quella raccontata dal signor Imberbe, che ad un certo punto si è stancato di pagare il pizzo per la sua attività di distribuzione alimentare.
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