Aveva visto lungo, il servizio di Presa diretta del settembre passato sull'austerity che terminava con l'intervista a Marine Le Pen: il frutto avvelenato della politica di austerity (quella che anche il nostro governo ha sposato senza alcuna riserva per anni) è l'avanzata dell'estrema destra (in Francia e anche in Grecia) e dei populismi vari.
Rischiamo di consegnare l'Europa a partiti contro euro, contro il progetto di unità europea, favorevoli ai nazionalismi e contrari alle politiche di riduzione del debito.
Anche Hollande, dopo le amministrative, ha portato al ministero dell'interno uno politico favorevole al trasferimento dei rom.
Ma quanto è distante l'Italia dalla Grecia?
Dalla crisi abbiamo perso 1,7 milioni di posti di lavoro, i disoccupati sono 3,9 milioni, la disoccupazione giovanile è al 42% e al sud si arriva al 55%.
Il lungo viaggio di Presa diretta nell'Italia della crisi è partito da Salerno, la città del sindaco sceriffo De Luca. L'area industriale di Forni è un cimitero di capannoni, tra fabbriche scomparse e lavoratori in cassa integrazione. Anche nel centro della città, per colpa della deindustrializzazione, è tutto un saracinesche abbassate, un vendesi di attività commerciali che vivevano grazie ai poli industriali.
La Paif, la catena di negozi Eldo, la Filter product (azienda inglese che sposta la produzione in Inghilterra, a casa).
La cassa integrazione in questa zona è salita del +900%, ma ci sono lavoratori che ancora aspettano di prendere i soldi. Come campano le famiglie? Con l'aiuto dei genitori, con i pacchi della caritas, con i coupon per gli sconti.
L'arte di arrangiarsi, che è una delle virtù del nostro paese.
Perché se qui la politica non è intervenuta.
Come ad Avellino per la Irisbus, si sono lasciate scappare o fallire tutte le imprese che un pò di lavoro lo portavano al sud.
Irisbus rimane in Francia (dove il costo del lavoro è maggiore) e se ne va dall'Italia: "le battaglie del lavoro le abbiamo perse tutte e abbiamo ipotecato il futuro dei figli".
Figli che ora se ne devono andare al nord: non al nord dell'Italia, non basta più. C'è la Germania, l'Inghilterra. Tutto, ma fuori da questo paese che li ha maledetti.
Maledetti i giovani e le donne che qui, nemmeno il lavoro nelle case riescono più a trovare: a Napoli la disoccupazione femminile è al 60%, peggio della Grecia.
Il caso delle poste a Sesto Fiorentino.
Anche per chi ha un lavoro le cose non vanno bene: le Poste hanno cambiato appalto nel sistema di smistamento.
L'azienda che ha vinto la gara al massimo ribasso ha accettato di assumere i dipendenti della ditta che ha perso la commessa, a patto di uno stipendio minore.
Il risultato è che ora, a smistare le lettere, ci sono persone che non hanno competenze.
Ma garantiscono all'azienda costi minori per il personale.
"Il lavoro sparisce e quello che rimane vale sempre meno, con stipendi da fame" il commento di Iacona.
La Toscana non è il sud, ma anche qui molti lavoratori sono in cassa integrazione in deroga, quella pagata dallo stato. Questa per molti è l'unica forma di sussistenza: peccato che i soldi per la cassa in deroga non siano sufficienti.
Mancano quelli per il 2013, e quelli stanziati per il 2014 (1,7 miliardi, che il governo di turno deve recuperare) non sono abbastanza.
Come per il caso Sicilia, di cui Presa diretta si è occupata in seguito, anche in Toscana si sono sperperati soldi per corsi di formazione inutili, che non hanno creato posti di lavoro.
Un dirigente della regione Toscana, spiegava la crisi dando il numero dei mancati investimenti: 300 miliardi da quando è iniziata questa fase. Per uscirne servirebbe un nuovo piano Marshall, fuori fiscal compact.
Oppure rassegnarci all'arretramento.
Il crac Sicilia.
Il buco della regione Sicilia è di 5 miliardi: il governatore Crocetta deve ora rimediare coi tagli alla spesa regionale e coi tagli ai dipendenti regionali ora in protesta (perché molti aspettano ancora uno stipendio).
228000 persone sono scappate dalla regione. E altre li seguiranno.
Per anni la politica ha assunto in modo clientelare personale nei carrozzoni pubblici: assunzioni fatte nei periodi elettorali per comprarsi consenso.
Tra il 2009 e il 2012, il costo delle partecipate è salito al miliardo di euro: per rientrare nei costi ora, si deve ridurre personale e ore di lavoro.
Significa che i musei rimarranno chiusi la domenica disincentivando il turismo (ma ora tanto Farinetti trasformerà il sud in una grande Sharm el Sheik ..).
Tagliare la spesa pubblica in modo lineare, per tagliare il debito, significa tagliare posti di lavoro: significa impoverire un territorio già in crisi.
Non si poteva intervenire nella spesa improduttiva?
Non si potevano toccare tutte le consulenze d'oro concesse ai vari professionisti?
Il vero scandalo è quello dei corsi di formazione (di cui si era occupato anche Report l'anno passato): una macchina da 11000 dipendenti, che costa 500 ml di euro l'anno, in mano alla politica e ai sindacati.
Politica e sindacati che, più che creare posti di lavoro, si preoccupavano di creare consenso: qui in sicilia, i più votate alle scorse primarie nel pd sono stati i due deputati Rinaldi e Genovese.
Quest'ultimo è finito nell'inchiesta della magistratura che ne ha chiesto l'arresto.
Questo è il nuovo che avanza.
Chissà se anche in Italia assisteremo all'ingresso di alba dorata in parlamento che zittisce giornalisti e minaccia.
Di certo, le analogie col nostro paese sono molte.
Le spese militari costose e condite dalle mazzette ai politici.
In Grecia hanno gli U Boot comprati dalla Germania per 5 miliardi, lasciati ad arrugginire.
In Grecia la tv pubblica è stata tagliata, ed è rimasta solo per fare cassa di risonanza all'azione del governo. Delle larghe intese, come in Italia.
Dove l'informazione pubblica è oggi la gran cassa delle riforme a tutti i costi.
Non siamo così distanti.
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