02 novembre 2015

A 40 anni dalla sua fine – PPP

E' questa, secondo me, l'immagine migliore, quella con cui voglio ricordarlo
A 40 anni dalla sua morte, all'idroscalo di Ostia, le parole di Pasolini (nelle sue poesie, nei suoi scritti, nei film) riescono a dirci sempre qualcosa.
Parole che esprimevano ed esprimono un punto di vista originale, diverso, sicuramente non allineato a quello delle masse.
Parole e immagini che scandalizzavano e in un certo senso scandalizzano ancora oggi.
Un punto di vista scomodo, contro la televisione come medium di massa antidemocratico, contro la Democrazia Cristiana contro cui chiedeva un processo. Contro questo modello di sviluppo che non avrebbe portato alcun progresso. Ma semmai avrebbe favorito quell'imbarbarimento, quella inculturazione che nemmeno il fascismo era riuscito a creare.
Su Youtube si possono trovare diversi spezzoni delle sue interviste, come quella famosa con Enzo Biagi, dove, sempre con quella sua voce calma (la mia puerile voce) spiegava di non sentirsi libero.
Non sono libero perché ci sono le leggi fasciste, sarei accusato di vilipendio, dovrei autocensurarmi perché le mie parole arriverebbero a gente non preparata.
Vi invito però a lasciar perdere per un momento i video, i documentari, gli speciali che la Rai manda in onda in questi giorni per ricordarlo.
Andate a leggervi i suoi articoli, prendete in mano uno dei suoi romanzi, guardatevi un suo film (Decameron o anche Il Vangelo secondo Matteo, girato a Matera).
Leggetevi una delle sue poesie:
E' difficile dire con parole di figlio ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei l'unica al mondo che sa ..(Supplica a mia madre).

La poesia dedicata a Roma, la città dove era arrivato dopo Sacile e Bologna (la poesia è da Le ceneri di Gramsci, dal film “Pasolini, un delitto italiano”)

Stupenda e misera città,che m'hai insegnato ciò che allegri e ferocigli uomini imparano bambini,le piccole cose in cui la grandezzadella vita in pace si scopre, comeandare duri e pronti nella ressadelle strade, rivolgersi a un altro uomosenza tremare, non vergognarsidi guardare il denaro contatocon pigre dita dal fattorinoche suda contro le facciate in corsain un colore eterno d'estate;a difendermi, a offendere, ad avereil mondo davanti agli occhi e nonsoltanto in cuore, a capire

Ieri un canale Rai ha trasmesso il bel film di Marco Tullio Giordana, “Pasolini, un delitto italiano”: in quel film c'è tutto, sull'omicidio del poeta. Sulle indagini che non si sono fatte. Sulla pista Pelosi, battuta dalla procura e mandata sulle televisioni come una versione possibile. Su tutti i dubbi della versione ufficiale: Pino Pelosi, detto pelosino, che uccide Pasolini in un scatto di rabbia, dopo che questi voleva fargli violenza.
Un omicidio scabroso, perché “così muoiono gli omosessuali”.
Faceva comodo a tanti, ancora oggi, chiudere questa storia così: un delitto tra froci, nonostante le incongruenze.
Per cosa è stato ucciso Pasolini, allora?
Per il libro che stava scrivendo sull'Eni di Cefis, sull'omicidio di Enrico Mattei, su qualcosa che aveva a che fare con la strategia della tensione? Non si uccide uno scrittore per questo.
Molti giornalisti, tra cui Giovanni Lo Bianco e Sandra Rizza, ma anche Carlo Lucarelli (che ha scritto il bel saggio “Pasolini un segreto italiano”) formulano una nuova teoria.
Pelosi sarebbe stato solo un'esca per attirare PPP in una trappola, per dargli una lezione: una trappola che nasce dal furto degli originali del film “Le 120 giornate di Salò”.

Chissà, forse. Pelosi che si è fatto tutti quegli anni di carcere, una volta uscito ha dato una nuova versione, ha parlato (e poi ritrattato) di altre persone, siciliane, picchiatori fascisti.
Ma non parliamo di mistero, come per altre vicende tragiche italiane. Ustica, Bologna, Piazza Fontana.
La verità è lì, nota a tanti, almeno dal punto di vista storico.
Io so ma non ho le prove ..

A furia di ripeterle queste parola, diventano quasi stucchevoli. Ma dicono quanto siamo vicini al segreto. Basta mettere assieme e legare tra loro i fatti: mettere ordine laddove regna il caos.
Pasolini era un intellettuale che metteva la faccia, che non si nascondeva, nemmeno fisicamente (spesso, dopo le presentazioni dei suoi film, subiva delle aggressioni da parte dei fascisti). I processi subiti per le accuse di vilipendio della religione di stato, accuse contro la morale, oscenità, sconcezze, pornografia. Censure, aggressioni, processi e poi assoluzioni e dissequestri.

Nessun mistero, dunque.
Pasolini aveva individuato i due problemi della società italiana: il qualunquismo e il moralismo.
Un paese bigotto dove la morale viene usata come clava per colpire il diverso e deve essere sempre rivolta verso gli altri. Il paese delle pubbliche virtù e delle private sconcezze.
Un paese dove ci si aggrega sempre attorno al potente di turno, si mette la vela sempre dove tira vento. Acriticamente, senza raziocinio.
Prevedo la spoliticizzazione completa dell'Italia: diventeremo un gran corpo senza nervi, senza più riflessi. Lo so: i comitati di quartiere, la partecipazione dei genitori nelle scuole, la politica dal basso... Ma sono tutte iniziative pratiche, utilitaristiche, in definitiva non politiche. La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e come.

Non poteva immaginare quanto fossero vere le sue previsioni: lo vediamo oggi, con la politica che si è trasformato in tifo, o per noi o contro di noi. Un “qualcosa” per pochi, dove il voto, la volontà popolare contano sempre meno, sempre meno gente va a votare.
Dove spesso, per i cittadini telecomandati, l'unica fonte di informazione è quella televisione, medium di massa assolutamente antidemocratico.
L'Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici, liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società.(Da Saggi sulla politica e sulla società, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Mondadori.)

Non voglio fare il gioco, troppo facile, su cosa direbbe oggi PPP su questa politica, sui social e dell'uso che ne fanno i politici, sul turpiloquio usato come linguaggio comune, sull'assenza di educazione. Sui reality, su Sulla rottamazione di Renzi o sulla rivoluzione liberale di Berlusconi.
Non credo che nemmeno PPP se fosse vivo, avrebbe voglia di parlarne. Di certo non ne parlerebbe in tv.
Fatevi un regalo, oggi. Aprite un libro e mettetevi a leggere.


La cultura rende liberi. Il suo lascito più grande è, appunto, questa libertà.

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