«Te li do perché Francesco deve sapere. Deve sapere che il Vaticano possiede a Roma case che valgono 4 miliardi e che dentro non ci sono rifugiati ma un sacco di vip e raccomandati che pagano affitti ridicoli. Deve sapere che le fondazioni dedicate a Ratzinger e a Wojtyla hanno incassato talmente tanti soldi che ormai conservano in banca oltre 15 milioni. Deve sapere che ci sono un mucchio di cardinali che vivono in appartamenti da 400, 500, anche 600 metri quadri. Più attico e terrazzo panoramico. Deve sapere un sacco di cose. Cose che non sa, perché nessuno gliele dice».Queste parole, più o meno, aprono il libro del giornalista de l'Espresso sui beni accumulati dal Vaticano.
Emiliano Fittipaldi - l'Espresso "Così è nato il libro sul Vaticano"
Francesco deve sapere, e anche il paese deve sapere.
E se questo arriva da un furto (di documenti riservati che erano tenuti ben chiusi nel cassetto), beh, è un peccato veniale, rispetto all'avarizia.
Qui alcuni stralci del capitolo dedicato allo Ior:
Di certo nessuno sa dove siano finiti i soldi dei vecchi clienti fuoriusciti dal Vaticano. La filosofia dei manager del papa sembra infatti improntata alla tarantella napoletana “chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato”: se l’obiettivo finale è quello di un nuovo inizio immacolato, il passato oscuro deve rimanere tale, e venire rapidamente dimenticato. È un fatto che i clienti più “pesanti” e diplomaticamente imbarazzanti abbiano capito che la musica stava cambiando già nel 2008, quando hanno cominciato a uscire dalle mura leonine per trovare rifugio altrove. Le nostre autorità non hanno avuto alcuna informazione sui movimenti finanziari (al tempo il Vaticano aveva mani libere potendosi muovere senza alcuna regola), ma sospettano che enormi somme di denaro siano state bonificate in paesi offshore e in alcune banche della Germania. Perché proprio a Berlino? Perché le autorità antiriciclaggio tedesche sono da sempre assai deboli rispetto a quelle di altri paesi europei: la Financial Intelligence Unit (Fiu) di Angela Merkel è infatti un dipartimento inglobato nella polizia tedesca, senza autonomia, con uomini, mezzi e capacità di analisi finanziarie imparagonabili agli uffici italiani dell’Uif (l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia) o alle Fiu francesi o spagnole. Se dei clienti scappati prima della tempesta e dell’arrivo di papa Francesco la Uif non ha mai avuto nessuna informazione, nemmeno dei 554 clienti misteriosi scovati dalla società di revisione Promontory, gli esperti tricolori dell’antiriciclaggio sono riusciti ad avere notizie: nonostante l’accordo di collaborazione firmato nel luglio 2013 tra la Aif (al tempo guidata dal cardinale Attilio Nicora) e la stessa Uif, finora la promessa informale di girare all’Italia la lista di tutti i clienti sospetti nascosti allo Ior non è stata mantenuta, e Bankitalia non ha potuto analizzare – se non in pochissimi casi – eventuali trasferimenti illeciti o presunte evasioni fiscali, da segnalare poi alla magistratura italiana per possibili indagini penali. Un fuggi fuggi generale che rischia ormai di rimanere impunito.
Mentre andiamo in stampa allo Ior galleggiano poco più di cento conti sospetti, tra cui una decina intestati a nomi eccellenti che potrebbero creare più di un disagio a Santa Romana Chiesa. In qualche caso si tratta di eredità di clienti laici ancora da liquidare (a bilancio la somma è messa a 17 milioni), ma altri depositi appartengono a professionisti e imprenditori. “Questi depositi sono stati bloccati,” ha giurato il capo dell’Aif Brülhart. All’Uif, però, sono rimasti di sasso quando hanno scoperto – dopo la lettura di un articolo giornalistico dell’agosto 2015 – che tra i clienti dello Ior ci sono ancora i nipoti del fu commendatore Lorenzo Leone. Un manager della Sanità che ha accumulato 16 miliardi di lire nella banca del torrione mentre dirigeva (o “depredava”, come hanno scritto i magistrati di Trani in una recente inchiesta sull’ospedale) la Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie, un manicomio di una congregazione religiosa di cui Leone fu dominus quasi fino alla sua morte.
Per concludere:
Fonti investigative italiane mi confermano che la trasparenza promessa dai nuovi dirigenti dell’Istituto è una favoletta che il Vaticano sta vendendo alla stampa mondiale, che l’accesso alla white list è di là da venire, e che i laici “abusivi” effettivamente cacciati dalla banca sono stati allontanati senza che lasciassero tracce: di fatto, almeno fino alla pubblicazione del libro, l’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia non ha mai avuto la lista dei presunti evasori fiscali allontanati dal Vaticano. Non solo: altre fonti mi confermano che alcuni imprenditori italiani indagati dalle procure nascondono ancora i propri averi all’interno dello Ior. Uno è Angelo Proietti, storico fornitore del Vaticano, il costruttore che ristrutturò gratis la casa in cui abitò Giulio Tremonti.
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