16 marzo 2021

Presadiretta – processo alla ndrangheta

Al centro del servizio di Presa diretta il processo Rinascita Scott: seguendo questo processo si può capire come mai la ndrangheta è così forte, una sorta di stato parallelo.

L'indagine è stata portata avanti dal procuratore capo Gratteri e dai suoi collaboratori, e ha portato a questo processo è una delle più importanti contro questa mafia, che ha colpito la cosca della provincia di Vibo Valentia.

5 anni di indagini, 334 arresti dalla Sicilia alla Lombardia, l'indagine è stata gestita dal procuratore capo Gratteri: sono state smantellate le locali di Vibo e provincia, un elenco di famiglie che controllavano l'economia di una intera provincia che copre 150 comuni, dal mare alla montagna.

Come la locale di Zumbri che controllava aziende agricole, era nel narcotraffico internazionale, in contatto col Brasile.

Solo a Vibo sono disarticolate tre ndrine, che controllavano tutta l'economia, dagli ospedali agli appalti pubblici. Ndrine che uccidevano, col metodo della lupara bianca per far sparire le persone: a capo di queste locali di Vibo c'era il supremo, Luigi Mancuso, arrestato sul treno da Milano verso la Calabria.

Mancuso e compagni conoscevano gli orari del blitz e così i carabinieri del ROS hanno dovuto anticipare l'azione: la famiglia Mancuso aveva contatti ramificati con la pubblica amministrazione e con uomini dello Stato che si erano messi a servizio.

Carabinieri e anche avvocati come Pittelli, ex senatore di Forza Italia, nonché massone.

Pochi giorni dopo il blitz, le persone erano sotto la procura ad applaudire le forze dell'ordine, per averli liberati da quella pressione: ora tocca alla gente occupare quegli spazi che la procura e i suoi uomini hanno liberato – sono le parole di Gratteri.

Rinascita Scott è una storia italiana: la ndrangheta è una mafia non solo regionale in Calabria, questa non è solo una storia di cronaca giudiziaria, ma riguarda la nostra libertà.

19 dicembre 2019: nella notte comincia l'operazione che ha portato l'arresto degli ndranghetisti, 479 indagati di cui 334 arrestati, così tanti che a Lamezia Termi si è dovuta costruire un'aula bunker per contenerli tutti.

Tutto è cominciato a Catanzaro: da quando è diventato procuratore capo a Catanzaro, Gratteri ha messo nel mirino la ndrangheta del distretto più grande della Calabria, con una serie di operazioni, contro clan che erano dediti ad usura, estorsione, traffico di droga.

Ogni volta, ascoltando le intercettazioni, Gratteri e i magistrati scoprivano quanto i mafiosi si sentivano intoccabili.

E non solo Gratteri e le persone del suo ufficio scoprono che gli ndranghetisti sapevano quello che succedeva dentro la procura.

“Uno dei talloni d'Achille era che spessissimo c'erano fughe di notizie” racconta a Iacona il procuratore, “ho chiuso le porte e chiunque venisse qui doveva dire da chi andava e dove andava e cosa voleva, altrimenti non entrava. Poi ho cominciato a spostare un po' di gente, trasferimenti di decine di ufficiali di polizia giudiziaria..”

E così le fughe di notizie, le ambasciate, sono terminate, “non esce più uno spillo” si sente dire in una nuova intercettazione.

“Qualche successo se lo abbiamo avuto e se lo avremo, passa anche da questo, dal fatto mio di essere stato duro, senza guardare in faccia a nessuno” - dice Gratteri, perché non siamo in tempo di pace, siamo in guerra.

Di fronte alla potenza della ndrangheta va alzato lo scontro: nei faldoni dell'ordinanza del rinvio a giudizio c'è la storia del clan Mancuso, un racconto che comincia a Limbadi, dove viveva il boss Mancuso.

Nullatenente per lo stato, ma possessore di una villetta in campagna: il fratello anziano era riuscito a farsi eleggere sindaco da latitante, l'allora presidente Pertini aveva sciolto poi il comune per mafia. Questo testimonia il potere dei Mancuso.

Rosaria, la nipote del boss Luigi, è la seconda generazione di mafiosi: è lei responsabile della morte di Matteo Vinci, colpevole di essersi opposto alle mire del clan sui terreni di famiglia.

Famiglia che aveva denunciato le aggressioni del clan, denunce finite in oblio, fino all'attentato contro Matteo, ucciso da una bomba messa nella sua macchina.

Si uccide per un pezzo di terra da queste parti: dallo stato si ottengono i contributi agricoli, quelli di cui la famiglia Mancuso voleva impossessarsi.

Tutti i vicini dei Mancuso hanno subito minacce e soprusi, ma nessuno ha denunciato tranne i Vinci, tanta era la paura per questa famiglia.

I carabinieri dei ROS hanno attraversato sentieri di campagna nella notte per spiare i Mancuso: in un casotto di campagna del vice di Mancuso, Pasquale Gallone, sono state piazzare delle microspie.

Gallone, nel suo ufficio, trattava la compravendita dei terreni, presi a contadini, o meglio rubati, e poi rivenduti ad imprenditori agricoli, in cambio di un contributo.

I Mancuso erano una potenza economica, controllavano indirettamente decine di imprese, dalle costruzioni ai bar e ai negozi, fino ai servizi funebri.

Nicotera, antico paese di origine greca, un panorama mozzafiato, nel settembre 2016 atterra l'elicottero con due sposi, in piena piazza.

Il pranzo fu fatto in un resort ad un prezzo di favore, bastava fare il nome del boss Mancuso: l'azienda del catering dovette comprare il pesce e la frutta dove aveva indicato lo zio dello sposo, Gallone. Così i Mancuso iniziarono a controllare questa azienda di catering.

Poi c'è l'usura, prestiti ad aziende in crisi: chi ha denunciato gli usurai, come un grossista di gioielli, ha dovuto lasciare la città.

Si è iniziato con un prestito da 5000 euro, il clan chiedeva ogni mese 500 euro: dopo due anni il gioielliere si ritrovò strozzato e così decise di denunciare tutta la ramificazione degli usurai.

I quali cercarono di rivalersi contro il figlio, di mettere le mani sui suoi averi: è come un cancro, l'usura, racconta oggi il gioielliere che oggi si sente un uomo libero.

La ndrangheta sapeva tutto della vita economica a Vibo, perché avevano ottimi contatti nel mondo bancario: come il direttore della filiale di MPS di Vibo, gli ndranghetisti si mettono all'opera per trovargli nuovi correntisti, in cambio di un rapporto di favore da parte di MPS. Prestiti senza fido, ottenuti senza problemi.

Grazie alle amicizie col mondo bancario, la ndrangheta conosce perfino i contratti stipulati tra privati, come successo al signor Zappia, che si ritrovò davanti, prima di un affare, un uomo dei Mancuso, che gli proponeva dei soldi per coprire uno scoperto. Il clan ha sempre lavorato così, per anni, con estorsione e usura.

I Vagatello sono una famiglia ndranghetista: sono entrati in un appartamento di 200 metri quadri, di proprietà della signora Sicari, senza pagare nulla.

Così la signora Sicari si è trovata contro la famiglia ndranghetista e contro la banca, perché doveva completare di pagare il mutuo.

Tanta è la paura dei Vagatello che la banca ha venduto il credito, il comune non si è mai appalesato per bloccare i lavori fatti in un immobile che non è di loro proprietà.

La ndrangheta si prende terreni non loro, case di altre persone, aziende di altri imprenditori.

Tanti soprusi piccoli e grandi che testimoniano della loro forza: tutti beni poi intestati a prestanome incensurati, persone oggi accusate di intestazione fittizia di beni, un reato considerato minore ma che invece è importante per arrivare ai boss.

Sono la terra di mezzo della ndrangheta, colletti bianchi, prestanome, uomini dello stato infedeli.

E di fronte a questa marea di persone, sono ancora poche le persone coraggiose che denunciano questi signorotti, persone che sembrano pastori, che invece comandano interi paesi. Come è possibile?

Dietro il clan Mancuso si aprono scenari inquietanti: non solo erano i vertici della ndrangheta vibonese, riconosciuti dalle ndrine di San Luca, Luigi Mancuso ricopriva anche la carica di “crimine”, decideva reati, omicidi.

Quando cosa nostra decide la linea stragista, cerca di coinvolgere la ndrangheta: la riunione viene tenuta nel terreno dei Mancuso, alla presenza di Luigi Mancuso.

Cosa nostra chiedeva alle ndrine se fossero stati disposti a colpire obiettivi dello stato, per la trattativa: Luigi Mancuso era l'interlocutore in Calabria per Riina, talmente importante da “abitare il tetto del mondo” dice uno ndranghetista intercettato.

Il potere dei Mancuso è testimoniato dai summit che teneva in un casolare con altre famiglie, per tenerle unite, per decidere omicidi come quello di Davide Fortuna, ucciso per una faida tra due famiglie, di cui uno voleva fare la scalata al clan Mancuso.

Faide costate decine di omicidi, con anche quaranta casi di lupara bianca, omicidi in cui furono uccise anche persone che non centravano niente, come Filippo Ceravalo, ancora oggi irrisolto.

Durante la faida, il clan era retto da Pantaleone Mancuso perché Luigi era in carcere: pur di farlo uscire, per risolvere gli screzi interni, la famiglia arrivò a corrompere magistrati e arrivando anche a uomini dei servizi.

La famiglia aveva a disposizione tanti soldi, frutto dei traffici criminali: così nel 2012 Luigi Mancuso esce dal carcere, un giudice a Messina gli ha condonato decine di anni di carcere.

Da latitante, Mancuso riprende il controllo del territorio e mette pace tra le famiglie, arrivando ad incontrare l'avvocato Giancarlo Pittelli.

Pittelli è accreditato nei circuiti più influenti della massoneria, nelle note del gip si legge che Pittelli è stato in grado di far relazionare la ndrangheta coi circuiti bancari, con le società straniere, con le università, con le istituzioni, facendo da passepartout per il clan Mancuso, “per il ruolo politico rivestito, per la sua fama professionale e di uomo stimato nelle relazioni sociali.”

Giancarlo Pittelli è un avvocato penalista di lungo corso con un importante curriculum sia politico che professionale: è stato eletto tre volte parlamentare tra il 2001 e il 2013 in Forza Italia, è stato più volte membro della Commissione Giustizia.

In una intercettazione racconta ad un gruppo di amici come è nata Forza Italia in Calabria:

io lo so che Dell'Utri la prima persona che contattò per la formazione di Forza Italia fu Piromalli a Gioia Tauro... Tu pensa che ci sono due mafiosi in Calabria che sono i numeri uno in assoluto, uno si chiama Giuseppe Piromalli e uno si chiama Luigi Mancuso, che è più giovane e forse più potente. Io li difendo da 1981 ..”

L'avvocato si da da fare per tutta la famiglia, per tutelarne la salute, per far superare un esame alla figlia di Luigi Mancuso: “ma che bella famiglia” dice in una intercettazione.

Pittelli aiuta anche il boss Razionale, per il figlio che deve ottenere un contratto di tirocinio all'ospedale di Roma, il Gemelli.

Come mai l'avvocato Pittelli si è messo così a disposizione dei clan? Perché questo interesse da parte dei professionisti nell'incontrare i boss?

E' un rapporto che serviva ad entrambi, a Pittelli e ai Mancuso – racconta l'ufficiale del ROS intervistato da Iacona.

Per esempio la storia del villaggio Valtur a Nicotera, una piccola opera d'arte integrata nel territorio, costruito dall'architetto Porcinai: villaggio poi acquistato dalla Prelios, che si rivolge proprio a Pittelli per trovare un acquirente per vendere il resort.

E' Palenzona, dirigente di Prelios, che si rivolge a Pittelli: questa vendita si può fare solo grazie all'autorizzazione dei Mancuso. Pittelli lo dice anche a Mussari di Mps, paventandogli un'operazione importante.

L'affare alla fine non si farà, ma rimane cristallizzato il ruolo di Pittelli come intermediario tra la mafia e imprenditori di primo livello: nel frattempo il villaggio rimane chiuso, in una regione che avrebbe bisogno di posti di lavoro.

Pittelli è accusato anche di aver cercato di mettere le mani sui verbali secretati di un pentito di ndrangheta, Andrea Mantella, che stava parlando del potere del clan Mancuso, anche ricorrendo ad un uomo della DIA.

Pittelli, quando viene arrestato, chiede se è per il provvedimento della Saccà, il nome del gip che autorizzò l'arresto: come ha fatto a sapere queste informazioni? L'avvocato si è giustificato dando la colpa al giornalista oggi morto.

Iacona ha intervistato i due avvocati difensori di Pittelli: sono fatti non penalmente rilevanti, dicono, con una tesi alquanto discutibile.

E la caccia alle informazioni per capire cosa stava dicendo il pentito? Solo un favore verso il cliente (il boss Mancuso).

I contatti col maresciallo della Dia, Michele Marinaro, che non ha verbalizzato le testimonianze di Mantella? Solo fatti personali.

L'ultima accusa contro Pittelli è di Cosimo Virgilio, secondo cui farebbe parte di una massoneria deviata: questa avrebbe fatto fare alla ndrangheta il salto di qualità, consentendogli di fare i veri affari, dove si decidono gli investimenti su un territorio, dove fare certe opere pubbliche.

Ma chi tocca la massoneria deviata rischia di morire: dentro si trova il vero potere, burattinai che non perdoneranno chi si è permesso di avvicinarsi a loro.

Avvocati, giudici, commercialisti, professionisti.

Uomini di fiducia dei boss, uomini di raccordo con le istituzioni e con la politica.

Fare la guerra alla ndrangheta significa mettersi contro questo mondo.

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