28 marzo 2021

Da quanto tempo non piangi, capitano De Nittis? – di Paolo Regina

 


Un tostapane. Di quelli vecchi, in metallo pesante, che si usavano un tempo. Avete mai ucciso un uomo con un tostapane? Io l’ho fatto. Un colpo secco dietro al “coppino”, come si dice da queste parti. Non è che volessi proprio ammazzarlo, ma ero fuori di me. Ho questo difetto. Se non ottengo subito quello che voglio, perdo la testa. [..] E con lui ho avuto fin troppa pazienza. Ne va della mia vita e dei miei sogni. Ha fatto male a parlarmi a quel modo.

Dopo l'indagine sulla morte di un antiquariato, quella sulla morte del cardinale di Ferrara, Paolo Regina ci racconta una nuova indagine sul capitano della guardia di Finanza Gaetano De Nittis. Un uomo del sud che si è ritrovato per lavoro a Ferrara, una città a misura d'uomo, che gira in sella alla sua Bianchi, dove è riuscito a ricostruirsi un suo spazio: non ci sarà il sole e il caldo della sua Puglia, anzi questo autunno ha già fatto capire che l'estate è ben finita. Ma un po' di sole lo si può trovare dalla Nives al Tugnìn, “il grande chiosco art déco in vetro e metallo a ridosso del castello estense”.

Il cambio di canovaccio sulla titolazione è significativo, il titolo è preso da un passaggio del libro, un passaggio importante e molto intimo tra l'uomo De Nittis e una adolescente in un momento fragile della sua vita. Dove quelle fragilità possono diventare crateri dentro cui sprofonda tutta la tua esistenza.

In questo terzo capitolo, De Nittis dovrà seguire ben tre diverse casi, di cui il primo nemmeno da titolare e che riguarda la morte di un ristoratore molto noto in città, Otello Squarzanti, il cui cadavere viene trovato in un sacco, senza testa, in una piazzola che funge da deposito di materiale edilizio e dove fino a poche ore prima erano presente i carri di una famiglia di giostrai.

Non si trattava di un semplice sacco della spazzatura. Quelli non hanno braccia e gambe. Né piedi nudi e lividi inzuppati d’acqua. Fece un salto all’indietro e gridò: «Aziz, agh’è un mort chi. Ed è senza testa!».

L'indagine è affidata ai carabinieri: il comandante territoriale lo dice in modo chiaro al capitano Cuviello, quella è l'ultima occasione per dimostrare di essere capace di fare il suo lavoro, dopo tutti i passi falsi nel passato. O risolve l'indagine oppure verrà trasferito.

Cuviello rappresenta la summa dell'ufficiale raccomandato (ma è un profilo che andrebbe a pennello anche a tante persone), dunque supponente perché pensa che gli scatti in carriera sia merito delle sue capacità, che gli errori siano colpa dei suoi sottoposti e con un irritante intercalare “Cioè a dire”, preso in prestito da Loriano Macchiavelli dai suoi romanzi con Sarti Antonio, che trovano spazio in un piccolo cameo

.. teneva le riviste di musica e il libro che stava leggendo: 33 indagini per Sarti Antonio. Adorava quel personaggio. Trasandato, colitico, sfigato. Un poliziotto normale, non come i supereroi del cinema.

Non avendo capacità investigative, Cuviello si ferma ai pregiudizi, alla soluzioni scontate: l'assassino? Sarà colpa degli “zingari”, che ora se ne sono scappati via, avranno ucciso il ristoratore in un loro rituale barbaro.

«De Pa’, secondo te non sono stati gli zingari, vero?» «Signornò. Non sono stati loro.» «E chi cazzo è stato? Era così comodo… Sono selvaggi e violenti. E ladri!»

Lasciamo per un momento da parte Cuviello e i suoi pregiudizi. Nella stessa mattina dove l'autunno ha deciso di fare visita alla città, con tutti gli sbalzi d'umore per uno come De Nittis, nel parco comunale incontro un'adolescente che, ad un tratto, tira fuori un coltello e compie il gesto di pugnalarsi. Fa solo in tempo a fermarla, il capitano, perché la ragazza scappa via.

Arrivato in caserma, De Nittis riceve dal suo comandante un nuovo incarico: dovrà fare da servizio di vigilanza durante un concerto che si terrà alla biblioteca Ariostea, dove una famosa violinista si esibirà con un violino storico, un celebre Guarnieri del Gesù, di proprietà della famiglia Picenardi, poi passato nelle mani del ras fascista di Cremona Farinacci.

Il violino era stato ritrovato eseguendo dei restauri in un palazzo di proprietà di un architetto di Cremona: dopo averlo fatto restaurare, ha deciso di concedere l'uso del violino per un tour, la cui prima tappa sarà appunto Ferrara. De Nittis dovrà controllare l'incolumità di quel violino dal valore inestimabile.

Ma, purtroppo, le cose non vanno nel verso giusto: forse perché al concerto è distratto dalla presenza della bella Nives, la proprietaria del Tugnin, la cosa più vicina ad una amica assieme al giornalista amico Bonfatti, qualcuno la fa sotto il naso al capitano, rubando il violino.

..entrarono due uomini con la divisa della società di trasporto valori. «Siamo venuti a ritirare il violino.» «Oh merda!» fu l’unica cosa che il capitano riuscì a dire prima di precipitarsi fuori.

Non è solo per il valore dello strumento, è soprattutto per la delusione di essersi fatto fregare sotto il naso che spinge De Nittis e la sua squadra a cercare gli autori del furto, che sono stati abili a far sparire le tracce, ma non altrettanto a nascondere la scia che si sono lasciati dietro e che porta il capitano fino a Cremona, la città dove è stato scoperto il violino, dove è stato rubato il furgone usato dal finto portavalori e dove sembra che sia stato ideato il colpo. Qui si farà aiutare da una collega, che lo metterà in contatto con i protagonisti di questa storia: l'architetto, il socio con cui aveva litigato, il perito che ha eseguito i restauri. Un mondo lucido e brillante visto da fuori.

.. ho l’impressione che Cremona le assomigli molto. Tanti borghesi con la puzzetta sotto al naso che hanno spesso il culo sporco. Scusa il francesismo. E oggi mi è sembrato che quasi tutti ci abbiano fatto vedere solo il salotto buono, omettendo di mostrarci i bacarozzi in cucina.

Ma non dimentichiamoci di Cuviello e dell'assassinio del ristoratore. Incapace di risolvere il caso e non trovando nessuno a cui affibbiare tutte le colpe, l'unica soluzione per evitare l'umiliante trasferimento, è chiedere aiuto all'ultima persona a cui avrebbe mai pensato. Proprio quel De Nittis con cui il capitano dei carabinieri si era scontrati nel passato.

«De Ni’, il fatto è che sono nella merda.» Fece una lunga pausa per riordinare le idee. «Sicuramente hai saputo dell’omicidio di Squarzanti e della morte del figlio.

Che fare, lasciare Cuviello affogare nei suoi problemi, col rischio che magari a pagare le spese della sua incompetenza si trovi un innocente (come stata succedendo con Bonfatti, nel caso del cardinale)?
Oppure dargli una mano, di nascosto dai capi?
De Nittis è un ufficiale fuori dagli schemi ma soprattutto una persona incapace di dare colpi bassi e così decide, una volta sbrigliata la matassa a Cremona, di occuparsi anche del delitto Squarzanti.

Partendo dalla famiglia del morto, i suoi due figli, con la passione della cucina anche loro, dal passato della vittima (che da giovane era andato a Londra a cercar fortuna).

Non bisogna cercare lontano per capire il perché di quella morte, è un qualcosa che parte da un antico rancore, covato per anni e che all'improvviso è scoppiato contro una persona mite e amata da tutti come il ristoratore. Ce lo dice anche l'assassino stesso, i cui pensieri si alternano alle pagine dove si svolge tutta la storia

Avrei voluto fare psicologia all’università. Invece ho ammazzato qualcuno.

[..]

Ora so solo questo. Che non potrò mai più dormire una notte intera. Che non potrò mai più ridere di cuore. E che ho amato a costo dell’amore.

Infine, la storia di Chiara: è lei l'adolescente incontrata da De Nittis all'inizio, in quella fredda mattina autunnale nel parco.

Perché un'adolescente decide di infliggersi delle pene, di farsi dei tagli alle braccia per punizione. Che dolore si porta dentro?

«Da quanto tempo non piangi, capitano De Nittis?» Anche la sua voce era piena di graffi. 
«Da quando è morta mia madre.» 
«Beato te. Io ho ascoltato l’ultimo respiro della mia e non ho provato niente.

E' una storia che parla di abbandono, di quelle fragilità dei ragazzi che rischiano di essere manipolati da menti criminali, che li spingono in giochi sempre più autolesionistici, per dimostrare di essere qualcuno, non un nulla qualsiasi.
Buona lettura!

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