21 marzo 2021

Via delle oche, di Carlo Lucarelli


Sul muro un cosacco enorme lo guardava truce, con la stella rossa sul colbacco e una baionetta tra i denti, un occhio socchiuso deformato dalle bolle d'aria sotto la carta.

Il manifesto era ancora lucido e umido di colla e quando De Luca lo aveva sfiorato, facendosi da parte per evitare buca sul marciapiede, gli aveva lasciato sulla manica del soprabito una striscia argentata, appiccicosa, come la traccia di una lumaca.

«E' LUI CHE ASPETTATE?» diceva la scritta in un corsivo appuntito, da pennello grosso e De Luca che era sceso dal marciapiede per metterla a fuoco in tutta la sua lunghezza si strinse nel soprabito, infilandosi le mani in tasca.

Confesso, amo i romanzo di Carlo Lucarelli con protagonista il commissario De Luca e, in particolar modo, questo Via delle Oche, il terzo della serie, che ho letto e riletto ambientato nell'Italia post bellica, nei giorni precedenti le elezioni storiche dell'aprile 1948.

Un omicidio fatto passare per suicidio dentro una casa chiusa in via delle Oche appunto: un omicidio fatto passare per suicidio per ordini superiori e su cui De Luca, vice commissario aggiunto presso la Questura, non potrebbe nemmeno indagare, essendo stato distaccato alla Buoncostume, ufficio che, secondo l'ipocrita mentalità dell'Italia di allora, si occupava che gli affari nelle case chiuse proseguissero senza però offendere il senso del decoro e del pudore.

Ma De Luca è un poliziotto, lo ripete di continuo, “sono solo un poliziotto”, ed è anche uno di quei poliziotti che di fronte ad un caso strano, come quell'uomo impiccato ad un cappio che però non avrebbe potuto raggiungere, non si da pace, non riesce a dormire.

Lo dice anche al maresciallo Pugliese, con cui aveva lavorato proprio a Bologna nei mesi prima della fine della guerra (“Carta bianca”).

«Pugliese io sono curioso di natura e i misteri non mi piacciono. Non so a lei, ma a me questo signore che fa le acrobazie per infilzare la testa in una corda mi dà un fastidio quasi fisico e lo so che poi non ci dormo la notte. Dica un po', Pugliese .. secondo lei sarebbe una pazzia andare da questa Tripolina e farle un paio di domande sul Ricciotti?»

No, non è solo un giallo ambientato nel mondo dei bordelli, con licenza parlando.

Non è solo l'indagine su un “serafino” (il tuttofare delle case chiuse) ucciso nel suo stanzino. Non è solo l'indagine sulla morte di un fotografo con la tessera del PCI, aggredito da un picchiatore fascista sulla collina della Montagnola.

L'indagine, non autorizzata e non apprezzata dai superiori, viene usata per fini politici, da quella fazione della polizia “vicina” al partito comunista che ha interessa a capire chi ha ucciso quel fotografo, che vuole usare quelle morti in vista delle imminenti elezioni, che stanno mettendo in fibrillazione la Questura e il paese, per il rischio di sommosse e di tensioni.

Ma De Luca è così: lui vuole solo fare la sua indagine, non importa se viene usato dai comunisti, “faccio il poliziotto e sto con chi mi permette di fare il mio mestiere! ”. Non importa se, indagando nel bordello di via delle Oche dove lavorava il primo morto, qualcuno ha fatto sparire la quindicina e promosso la tenutaria ad una casa chiusa di un livello superiore.

Cosa è successo quella domenica in via delle Oche? Cosa cercavano gli assassini da Ricciotti e dal fotografo, tanto da farli fuori entrambi?

Quell'omicidio in via delle Oche diventa la chiave per raccontare brutti legami tra alcuni politici di spicco del bolognese, per raccontare strani rapporti tra il partito dell'ordine e della morale con residuati del partito fascista, per raccontare il ruolo ambiguo della polizia dell'epoca (o forse sarebbe giusto dire della polizia di sempre), a metà tra il rispetto della legge e l'ossequio del potere.

Dall'altra parte i comunisti che, archiviata la rivoluzione, devono sottostare al gioco della democrazia, anche se è un gioco con le carte sporche, dove forse è già stabilito chi vince.

- Sa qual è il nostro difetto commissario? Che vorremmo vincere ma abbiamo paura di vincere troppo... e così perdiamo sempre. Quando dico noi intendo dire noi comunisti.
L'indagine finirà in niente, di fronte all'ennesima ragione di stato, non la prima e nemmeno l'ultima, che metterà una pietra sopra alla cattura dei colpevoli di questi delitti. Perché questo paese ha bisogno di ordine, di stabilità:

«Sa di cosa ha bisogno questo paese?» disse, come se parlasse tra sé, come se canticchiasse, quasi. «Di stabilità. Questo paese ha bisogno di ricostruire e non di distruggere. L'hanno capito anche gli altri. Ha bisogni di rispettabilità, di considerazione internazionale, di investimenti, dei dollari del generale Marshall, del patto atlantico ... Di ordine».

«Di legge»

«E' la stessa cosa».

«Per me no, io sono un poliziotto».

D'Ambrogio voltò la testa sulla spalla lanciò un'occhiata a De Luca. 

«Anche io» disse «e come poliziotto sono al servizio del governo. Di interessi superiori, vicecommissario aggiunto, interessi superiori».

Tramite il commissario De Luca (“non sono dottore”, come l'altro commissario inventato da Carlo Emilio Gadda, Ingravallo) Carlo Lucarelli ha raccontato gli anni a cavallo della fine della seconda guerra mondiale (l'ultimo romanzo, in termini temporali, è ambientato tra il 1953 e il 1954): la fame e la miseria degli italiani nei mesi di guerra, il crollo del regime, l'occupazione nazista dell'Italia, il crollo delle istituzioni, le violenze e i soprusi, da parte delle tante polizie fasciste in nord Italia. Il clima teso attorno alle elezioni del 1948, il timore di rivolte e sommosse di piazza da parte di sindacati e di militanti del partito comunista, le armi fatte passare da carabinieri ai vari comitati civici vicini alla DC per difendersi.. Tensione culminata con l'attentato a Togliatti, nel luglio 1948. Un pezzo della nostra storia che ci siamo dimenticati perché, come dice uno di questi personaggi del sottobosco politico, tutto casa chiesa e fascio, "siamo un paese senza memoria". 

Come ha raccontato Lucarelli stessi, è nato dall'incontro con un poliziotto vero, uno che ha lavorato con la polizia fascista prima e che poi, finita la guerra, è rimasto nella polizia della Repubblica italiana, che i fascisti avrebbe dovuto arrestare.

Ma invece, come racconta anche un po' romanzo, le epurazioni hanno colpito solo alcuni poliziotti, solo alcuni fascisti, arrestati all'indomani del 25 aprile. La polizia, come anche la magistratura, le scuole, tutta la burocrazia statale, è rimasta quella del fascismo.

Come è possibile passare dal fascismo alla democrazia, facendo lo stesso lavoro? “Sono solo un poliziotto” aveva risposto questa persona a Lucarelli.

Ed è la stessa risposta che da anche De Luca, che pure dovrà scontare la sua colpa, di fronte all'alto commissario per le epurazioni, il suopeccato mortale (è il penultimo romanzo della serie).

Questi i romanzi della serie con De Luca, non in ordine di uscita, ma in ordine temporale

La scheda del libro sul sito di Sellerio

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