"Una
storia politica e di mafia ancora tutta da raccontare"
Ecco un altro appassionato di dietrologia che vuole vedere misteri ed enigmi anche laddove non ce ne sono !
Ecco un altro appassionato di dietrologia che vuole vedere misteri ed enigmi anche laddove non ce ne sono !
Questa potrebbe essere, più o meno, la
reazione del lettore medio alla lettura del titolo di questo titolo,
e soprattutto di quanto segue sotto: “una storia politica e di
mafia ancora tutta da raccontare”.
Ma, come, non c'è già stato un processo, anzi più processi, contro i membri della Uno Bianca? Non ci sono già state delle condanne con sentenza passata in giudicato? Non sono stati i fratelli Savi (Roberto il “ragioniere”, il poliziotto della questura di Bologna, e Fabio, il “fantasista”, con la complicità del fratello Alberto e di altri poliziotti) a compiere quella scia di sangue? 82 delitti, 23 omicidi, centinaia di feriti ..
Ma, come, non c'è già stato un processo, anzi più processi, contro i membri della Uno Bianca? Non ci sono già state delle condanne con sentenza passata in giudicato? Non sono stati i fratelli Savi (Roberto il “ragioniere”, il poliziotto della questura di Bologna, e Fabio, il “fantasista”, con la complicità del fratello Alberto e di altri poliziotti) a compiere quella scia di sangue? 82 delitti, 23 omicidi, centinaia di feriti ..
Tutto
vero.
E allora perchè questo libro?
Forse perchè, le
sentenze, le confessioni (troppe confessioni), anche di delitti
ancora da scoprire o di delitti per cui altri imputati erano già
finiti davanti al giudice, (come per il processo Medda per lastrage del Pilastro e per il processo contro la banda Amato,
composta da rapinatori catanesi), comunque lasciano scoperte
delle zone d'ombra.
Perché le confessioni dei due fratelli
sembra costruite a tavolino perché entrambi non ricordano certi
episodi e particolari specifici, su altri mentono entrambi o fanno
finta di non ricordare.
Mettendo assieme uno dopo l'altro i
fatti, come ha fatto il magistrato autore del libro, si scopre che
dietro i delitti della Uno Bianca, non possono esserci solo i Savi,
ovvero una “impresa criminale a struttura familiare”.
Troppe
testimonianze parlano di altre persone sui luoghi dei crimini, di
altre macchine che si allontanavano dal luogo della rapina dopo aver
raccolto i responsabili , ci sono pistole che hanno sparato contro
delle vittime che non appartengono ai Savi ..
Bisogna iniziare a distinguere tra i delitti della banda della Uno Bianca e i delitti (non del tutto slegati) della banda dei fratelli Savi.
Bisogna iniziare a distinguere tra i delitti della banda della Uno Bianca e i delitti (non del tutto slegati) della banda dei fratelli Savi.
Che qualcosa non
torni, in questa storia di rapine, assalti a banche e coop, omicidi
gratuiti e senza un perchè ci sono tante cose: prima
di tutto la pista che portò ai Savi, da parte dei due ispettori
della polizia Baglioni
e Costanza.
Da qui
inizia il suo lungo percorso Spinosa: dalla scoperta casuale della
residenza di Roberto Savi, a Torriana,
seguendo una punto bianca con la targa sporca (che aveva attirato
l'attenzione dei due ispettori), che però è risultata non
appartenere a nessuno dei fratelli.
Una circostanza che la stessa
corte d'Assise di Rimini ha stabilito essere una “concomitanza
di circostanze fortuite e sicuramente irripetibili”.
“La Fiat Tipo bianca che passò davanti alla banca era, quindi, la macchina di uno sconosciuto; quella parcheggiata davanti all’abitazione di Fabio Savi apparteneva a un innocuo vicino. (…) (…) Baglioni e Costanza non avrebbero avuto alcuna ragione d’insospettirsi per il passaggio di una Fiat Tipo (macchina che, in teoria, non avrebbe dovuto nemmeno essere segnalata come collegata ai banditi della Uno bianca) davanti alla banca, se tale passaggio non avesse avuto caratteristiche particolarmente sospette e reiterate. Verrebbe da dire: adescanti.”
Non
si fa della dietrologia spicciola allora se si inizia a chiedersi
perchè i Savi si sono incolpati di crimini di cui altri erano già
sotto processo (i catanesi del Pilastro, Marco Medda un camorrista vicono
alla NCO di Cutolo).
Quale era il loro vero ruolo in certe rapine:
forse erano solo i fornitori di mezzi e armi (da qui si spiega il
perchè delle targhe anteriori delle auto smontate, forse come
segnale per i veri rapinatori).
Qualcuno voleva imbeccare i due
agenti sulla pista giusta, e consegnare i Savi alla polizia, quando
ormai si sapeva che erano bruciati?
Perchè i Savi, quando ne
ebbero la possibilità non scapparono all'estero, non nascosero le
armi che li inchiodavano ai loro reati? Perchè raccontarono alcune
delle loro “imprese”
alle rispettive fidanzate (il “fumarone”
alla coop di Casalecchio
di Reno)? Che fine hanno
fatto i profitti delle loro azioni (1,9 miliardi di lire)? Come mai
nelle loro abitazioni sono state trovate così tante armi, che
nemmeno usarono nella loro vita criminale? Per chi erano a
disposizione?
Per arrivare a dare una risposta ai perchè
(perchè quella violenza, hanno fatto tutto da soli, quali
erano i loro reali obiettivi, perchè si sono presi anche colpe che
potrebbero essere non loro, perchè non parlano, ..)
Spinosa ricostruisce la storia della banda, seguendo le orme della
sua evoluzione, dai primi colpi del 1987, fino all'arresto del
1994.
Mostrando una cosa all'apparenza poco scontata: la loro
evoluzione criminale è stata tutt'altro che lineare, ovvero da
piccoli furti, a furti via via più complessi, feroci o
remunerativi.
No, usando una metafora dal mondo animale, Spinosa
parla di evoluzione a “cespuglio”.
Ovvero
una evoluzione con nel mezzo delle discontinuità, come se a compiere
certe azioni non fossero le stesse persone.
Dalla
seconda parte del libro: “Una lunga scia di
sangue”
- Dalle rapine
ai caselli agli assalti alle coop (1987-1989)
Per quale motivo i
Savi decisero di passare dai caselli, alle rapine alle coop, più
complicate militarmente e logisticamente da gestire?
Nell'assalto
alla coop di via Gorki, chi sparò alla guardia Picello, alle spalle,
mentre i due malviventi furono visti scendergli dal davanti?
Perchè
spararono ad Adolfino Alessandri, colpevole solo di avergli gridato
“Sa fet, delinquent!”.
Perchè
quel colpo di fucile gratuito al casello di S Lazzaro nel 1988: forse
per collegare quella nuova arma (il fucile a pompa) ai delitti della
Uno Bianca?
Perchè le auto senza targhe anteriori, perchè i Savi
non ricordano questo particolare?
Quale altra arma non posseduta
dai Savi ha sparato ai carabinieri Stasi ed Erriu, colpevoli solodi
essersi imbattuti nella banda della Uno Bianca che si stava
preparando ad un altro colpo?
- Furore omicida. Dalla prova
del fuoco ai delitti senza maschera.
Sono i mesi delle morti senza
un motivo particolare: non è razzismo (Roberto aveva una fidanzata
nigeriana), né può essere stata una scelta dettata da uno scatto
d'ira.
Il ferimento di Akesby (la prova del fuoco di Fabio
Savi?), l'omicidio di Primo Zecchi, l'assalto al campo nomadi di
Santa Caterina e quello in via Gobetti. Fino agli omicidi di Pasqui e
Pedini, durante una rapina al distributore.
- L'eccidio del Pilastro. Una sistematica e consapevole ricerca del caos (4 gennaio 1991).
Qui, della ricostruzione dei Savi (che ha permesso la scarcerazione di Antonio Medda), non convince nulla.
La posizione degli spari, come è iniziato l'agguato, perchè sono stati uccisi i tre carabinieri Mitilini, Stefanini e Moneta (morto con le armi in pugno). Cosa avevano visto, nel loro giro di pattuglia?
- L'eccidio del Pilastro. Una sistematica e consapevole ricerca del caos (4 gennaio 1991).
Qui, della ricostruzione dei Savi (che ha permesso la scarcerazione di Antonio Medda), non convince nulla.
La posizione degli spari, come è iniziato l'agguato, perchè sono stati uccisi i tre carabinieri Mitilini, Stefanini e Moneta (morto con le armi in pugno). Cosa avevano visto, nel loro giro di pattuglia?
-
Omicidi senza un apparente perchè (9 gennaio – 28 agosto
1991).
L'omicidio nell'armeria di Volturno (Ansaloni e Capolungo),
l'omicidio Mirri e Bonfiglioli durante una rapina ad un distributore
di benzina. Chi era la persona distinta vista fuori dall'armeria?
Infine l'omicidio dei tre senegalesi Cheick, Malik e Diaw.
- La stagione delle rapine in banca (novembre 1991 – novembre 1994).
- La stagione delle rapine in banca (novembre 1991 – novembre 1994).
In questa fase la banda della Uno bianca diventa
sovrapponibile a quella dei Savi e il filone ecomomico diventa la
leva principale del gruppo, che comunque non rinuncia a quello
eversivo.
L'Italia
della Uno bianca.
Quale
era l'Italia negli anni della Uno bianca? Era
il paese in cui il gruppo di fuoco dei corleonesi aveva deciso di
lanciare la sua sfida allo stato, dopo le sentenze (passate in
Cassazione nel 1992) del maxi processo di Palermo.
La teoria del
giudice Spinosa, vede
nella violenza della banda della Uno Bianca il braccio armato della
mafia per il loro piano di terrore nelle strade, nelle banche, negli
uffici postali.
E
i Savi, non erano estranei a questa criminalità, come si crede.
I
legami con la criminalità
organizzata
e le rivendicazioni
della Falange Armata,
confermano questa teoria.
Le varie corti che si sono occupate
dei delitti della uno bianca hanno “parcellizzato”
i fatti senza riuscire ad avere una visione d'insieme generale.
È
diventato quasi un dogma, dice Spinosa, la permeabilità dei Savi
alla criminalità organizzata (come la mafia, che in quegli anni si
era ben radicata in Emilia Romagna). Eppure sono provati i contatti
tra Fabio Savi e una certa Sabine Falschlunger,
amante di Mario Iovine, esponente del clan dei casalesi.
Il
racconto di Alberto Savi, in carcere, sui suoi rapporti per traffico
d'armi con i camorristi della famiglia Jervolino.
I Savi, che in
Italia si dice non avessero contatti con la criminalità, da chi
avrebbero preso tutte quelle armi in loro possesso? E a chi le
dovevano dare? E come mai Fabio Savi va in Ungheria per compare delle
armi proprio dalla criminalità ungherese. Non è tutto questo poco
ragionevole?
La sigla misteriosa di Falange Armata rivendicò molti delitti e stragi di mafia della stagione 1992-1993. 221 telefonate su 500 di questa struttura (probabilmente legata a cellule del Sismi) riguardavano proprio episodi della Uno bianca.
La sigla misteriosa di Falange Armata rivendicò molti delitti e stragi di mafia della stagione 1992-1993. 221 telefonate su 500 di questa struttura (probabilmente legata a cellule del Sismi) riguardavano proprio episodi della Uno bianca.
Così
come i Savi servivano per portare il terrore nelle strade, la Falange
Armata serviva come terrorismo mediatico: creare confusione e
sfiducia nei cittadini nei confronti delle istituzioni. Una specie di
sfida allo Stato, come lo è stata da un certo punto anche quella dei
Savi, se si crede alle loro parole. Una banda familiare di criminali
che non si riesce a prendere, e che praticamente si lascia arrestare
quando alla fine viene scoperta (o fatta scoprire?).
Forse, parafrasando Fabio Savi, dietro la Uno Bianca c'è qualcosa di più della targa e del paraurti ….
Forse, parafrasando Fabio Savi, dietro la Uno Bianca c'è qualcosa di più della targa e del paraurti ….
"I DELITTI
DELLA UNO BIANCA SONO UNO DEI PRIMI ATTI DELLA STRATEGIA TERRORISTICA
E DESTABILIZZANTE CHE LA MAFIA SCATENA CONTRO LO STATO... CHI SI
INOLTRA NELLA LETTURA DI QUESTO LIBRO DEVE SAPERE CHE NON RIUSCIRÀ
PIÙ A SMETTERE."Marco Travaglio
Documentazione:
- La
lettera di Guglielmo Avolio, attualmente, è Presidente di
Sezione del Tribunale di Trento, all'epoca giudice di Corte d'Assise
presso il Tribunale di Bologna.
Sono stato estensore della sentenza che esitò il "primo" processo per i fatti della Uno Bianca, nel bel mezzo del quale, attraverso un'operazione che per me è ancora oscura (ma che qualcuno lega a risvolti addirittura boccacceschi), furono arrestati i Savi ed alcuni altri "poliziotti", e furono letteralmente cestinati anni di indagini ed oltre un anno di processo, che - attraverso riscontri oggettivi di non indifferente spessore - contestualizzavano, accanto a quelle belve, un ergastolano latitante legato ai servizi, ferito nella sparatoria e ucciso in casa sua a distanza di qualche anno, ed alcuni malavitosi locali imparentati o legati ad ergastolani "comuni". Emersero già in giudizio inquietanti collegamenti con esponenti dei Casalesi. Poi la bulimia confessoria di Roberto Savi cancellò tutto, compresi altri processi in cui si era già giunti, se non erro anche in secondo grado, alla cattura di rapinatori professionisti provenienti da Catania.
- L'intervista
a Giovanni Spinosa dove parla dei legami dei Savi con la
mafia.
- Un
gioco infame, di Massimo Polidoro (la storia della banda della
Uno bianca in versione romanzata).
- Blu
Notte - Il Caso della Uno Bianca
- La scheda sul sito di
Chiarelettere
e la prestentazione dell'autore sul blog Cadoinpiedi.
Il link per ordinare il libro su ibs.
Technorati:
Giovanni
Spinosa
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