30 ottobre 2006

La sconosciuta di Giuseppe Tornatore

regia Giuseppe Tornatore; con Xenia Rappoport, Michele Placido, Pierfrancesco Favino, Claudia Gerini, Alessandro Haber, Piera Degli Esposti, Clara Dossena, Margherita Buy.

C'è una violenza dura in questo film: fisica e psicologica, rivolta contro le donne. Un film che colpisce, fin dall'inizio, dalla prima scena. Tre donne in maschera in slip e reggiseno (ricorda l'orgia di Eyes Wide Shut). Una di loro viene scelta da 2 occhi che la scrutano di nascosto. Viene costretta a spogliarsi: via slip e reggiseno. Nuda davanti all'obbiettivo e alle persone che la devono possedere.
"Girati" dice la voce. Lei si gira, lentamente.
Poi si riveste, e si toglie la maschera. E' Irena, la protagonista (Xenia Rappoport). Per lei è l'inizio dell'orrore e della violenza. Per lo spettatore l'inizio di un enigma.

Anni dopo ritroviamo Irena che arriva in una città del nord, dal nome inventato, ma Trieste in realtà. In cerca di lavoro e casa. Ma si ostina a voler cercare casa proprio di fronte ad un appartamento particolare, a voler cercare lavoro come domestica proprio in quella casa. Nell'appartamento al quarto piano dove vive la famiglia Adacher, di orafi. Marito (Pierfrancesco Favino), moglie (Claudia Gerini) e una figlia Tea.
Perchè deve lavorare proprio in quella famiglia? Perchè rovista tra i rifiuti per carpirne le abitudini? Perchè questa passione per le fragole? Chi è questa sconosciuta?

Tramite brevi flashback viene ricostruito il passato di Irena: la vita da prostituta, le violenze, un ragazzo gentile che poi sparisce, .... si capisce che dietro questa donna si nasconde un dolore e un mistero. Ma anche una determinazione a raggiungere il suo scopo a qualunque costo.

Una volta dentro la casa si instaura un forte rapporto tra lei e la piccola: anche qui Tornatore è intelligente a sfuggire alle ovvie conclusioni che apparirebbero all'inizio fin troppo esplicite, ma che nel finale vengono ribaltate.

Irena è sola: l'unica persona con cui può confidarsi è Gina (Piera Degli Esposti), la vecchia domestiva di casa Adacher
"L'unico mio errore è stato credere che, per una come me, ci fosse un futuro.
Credevo di aver chiuso i conti col mio passato, ma si vede che il mio passato non ha chiuso i conti con me ...."

E il passato torna a colpire (nei panni di un inquietante Michele Placido): dal melodramma si passa la noir violento, al sangue, alle morti.
Il finale ha un forte impatto emotivo: tutti i perchè dell'inizio film vengono spiegati nella loro crudezza. Con un doppio colpo di scena che lascia sopresi.

Un noir dunque, con un gioco di sguardi indagatori tra le due protagoniste, in sottofondo le musiche di Ennio Morricone ad accrescere la tensione scena dopo scena.
Una tensione che si percepiva chiaramente in sala: durante la pausa del primo tempo nessuno osava fiatare.
Una donna, nè buona nè cattiva, una delle tante che arrivano ogni giorno dall'est, con una ferma volontà di recuperare ciò che le è stato rubato (come donna) dal suo passato di violenza. A tutti i costi.
La frase chiave:
"Quando imparerai a scrivere, mi mamderai tante lettere dove mi dirai cosa si prova a diventare donna"
"Perchè, tu non lo sai come si diventa donna?"
"Non mi sono accorta di diventarlo. Sono stata distratta per troppo tempo, nella vita".

Link: repubblica, cineblog

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