Poveri magistrati (di frontiera).
Non è vero che le inchieste di Woodcock finiscono in nulla.
Prima di finire sui giornali per le intercettazioni ai vip aveva condotto inchieste su bande di criminali che rubavano auto a smerciare sui mercati esteri con un volume d'affari di milioni di euro. O chiedeva la concussione l'arresto del dirigente della Cancelleria del Tribunale Fallimentare del capoluogo della Basilicata, Mario Campana.
Non è vero che è una toga rossa: nel 2001 ha fatto arrestare un ex senatore dei DS, Rocco Loreto, poi sindaco di Castellaneta, con l'accusa di calunnia e violenza privata.
Non sono i magistrati quelli fanno uscire le intercettazioni. Che vantaggio avrebbe W. ad attirarsi addosso le critiche di tutti? Chiedete agli interessati, agli avvocati difensori, alle talpe negli uffici giudiziari ....
Non è vero che i magistrati si controllano da soli. Lo stabilisce la costituzione l'autogoverno del CSM sui magistrati. Ma parte dei magistrati al CSM sono eletti dal Parlamento, come il vicepresidente, altri sono magistrati di Cassazione. Non sono piovuti dal cielo.
Non è vero che con la fuga di notizie è stata distrutta la nostra privacy. La mia no di certo. Che di certe vicende personali non mi interessa nulla. Non leggo giornali o trasmissioni di gossip.
Io devo essere tutelato da giornalisti a stipendio dei servizi.
Io devo, eventualmente, essere tutelato da politici a trans, in barca a vela, che sniffano coca ..
Durante la guerra di mafia erano i magistrati a saltare per aria. Ad essere uccisi. Dopo il 1993 ci voleva molto coraggio ad andare in certe procure scomode. Lo stato emanò nel 1998 una legge che favoriva il trasferimento dei magistrati che prestavano servizio in una sede disagiata.
Che avevano il coraggio di trasferirsi in Sicilia o in Calabria.
Coraggio che non è stato ricambiato da parte dello Stato.
Leggetevi l'articolo di Gian Antonio Stella, dei magistrati che si sono fatti beffa dei magistrati di frontiera, e il finale:
E dove lavorano questi servitori del bene pubblico che ritengono ingiusto non avere loro pure le stesse agevolazioni di chi ha a che fare con le cosche mafiose di Palma di Montechiaro o Africo Nuovo? Tre lavorano al tribunale di Latina (quante zanzare, d'estate!), uno alla procura di Napoli, uno a Rieti, un paio a Tivoli (che fresco, la sera!) e tutti gli altri sono sparsi tra i vari palazzi del potere giudiziario e politico romano. Dodici al ministero della Giustizia, uno a quello delle Finanze, uno al Csm, un paio alla Corte Costituzionale, tra cui Luca Varrone, figlio di quel potente consigliere di Stato di lunghissimo corso, Claudio Varrone, che dopo aver avuto nel solo '92 arbitrati e incarichi extragiudiziari per 350 mila euro, fu collocato tempo fa (tra mille polemiche) ai vertici del Poligrafico dello Stato. Come piuttosto noto è il cognome anche di un'altra ricorrente, Noemi Coraggio, figlia di Giancarlo, presidente dell'Associazione Magistrati del Consiglio di Stato. Pure coincidenze, si capisce. Pure coincidenze. Ma resta una domanda. Se i magistrati bidonati urlano «andateci voi, a rischiare la pelle contro la mafia e la 'ndrangheta!», cosa può rispondere lo Stato? Sta succedendo esattamente questo, in questi giorni, a Reggio Calabria: non ci vuole andare nessuno. Troppi bidoni, grazie.
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