La grande paura, il piccolo reato ma di grande impatto sociale, la grande violenza (come per le sevizie a coniugi Pelliciardi) e, per contrasto nello stesso disegno, la grande miseria.
La grande paura è stato un film girato in stile reality (senza show): tra i ponti della Ghisolfa dove trovano rifugio in misere baracche romeni di etnia Rom, tra le volanti in servizio notturno, tra i poliziotti che si occupano di scippi e furti.
In un unico affresco ladri, derubati e guardie che raccontavano del loro lavoro quotidiano sulle strade, nei campi nomadi, all'inseguimento di ladri, per le strade di Milano.
Il racconto spiegava l'organizzazione che gestisce i baby borseggiatori:
"Le vittime sono sempre i più deboli .. anche i borseggiatori ragazzini costretti al furto per ripagare i debiti del gioco con i loro padroni.
Sono schiavi e vittime anche loro, come gli anziani che derubano".
La grande paura e la grande miseria dei romeni che arrivano in Italia con la speranza di trovare un lavoro.
Ma ce ne sono anche altri di romeni, che vengono in Italia con altri scopi, sfruttando una legislatura garantista (per cui se anche vieni arrestato in flagrante, ma se incinta, non vai in carcere), sfruttando tutta quella manodopera che la miseria spinge nelle mani della delinquenza.
Gli autori del film sono Roberto Burchielli e Mauro Parissone gli stessi che hanno girato il film Cocaina, sulla diffusione della droga (in termini di spaccio e consumo) a Milano.
La grande paura parte da Gorgo al Monticano, un paesino ai confini tra la provincia di Treviso e quella di Pordenone, dalla notte del 22 agosto scorso.
Dal feroce duplice omicidio dei coniugi Pelliciardi, che vengono rapinati e torturati da due albanesi senza permesso di soggiorno per trenta euro. Un fatto senza senso che ci spinge fino al baratro dell’orrore. Per infilarsi poi nelle storie di una grande città, Milano, che tra uno sbadiglio e l’altro si rende conto di essere rimasta sola: sola nelle sue periferie, nei suoi furti e nelle rapine che si susseguono. Ma allo stesso tempo vissuta fino negli angoli più remoti e dimenticati.
Come il cavalcavia Bacula, dove i videoautori hanno vissuto con un gruppo di ragazzi rumeni che hanno costruito decine di piccole baracche sotto il ponte della Ghisolfa.
Esattamente lo stesso ponte del libro del ’53 di Giovanni Testori, quello da cui prese spunto Luchino Visconti per girare Rocco ed i suoi fratelli.
Cinquant’anni fa c’erano i molisani, i campani, gli abruzzesi: i meridionali; oggi ci vivono i rumeni, che si inventano qualsiasi cosa pur di sopravvivere. Come i piccoli borseggiatori della stazione centrale che, vissuti da sempre in strada, riconoscono solo il linguaggio della strada. Un microcosmo dove chi entra o passa per caso viene derubato e depredato nell’indifferenza più totale.
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