Il problema non è l'azienda che fa mobbing, anzi violenza, sui propri dipendenti.
Ma la stampa che informa.
Esselunga allora querela, anzi minaccia, che è ancora peggio.
«La bieca luce nella quale è stata posta Esselunga, dipinta come azienda reazionaria, arcigna e senza scrupoli, nuoce gravemente alla sua reputazione e alla sua immagine» si lamenta la catena di supermercati. Così il signor Caprotti è corso ai ripari, comprando pagine pubblicitarie a pagamento. Innanzitutto per regolare i conti con stampa e sindacati a suon di minacce legali per il «clima di intimidazione artatamente creato a nostro danno da taluni sindacalisti, politicanti e giornalisti, in un palese concerto».
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