Finchè c'è guerra c'è speranza era il titolo di un film di Alberto Sordi. La guerra, nello specifico il commercio d'armi verso paesi del terzo mondo, che è speranza di poter mantenere una ricchezza, uno status sociale di economia basata sulla guerra.
D'altronde alla base del PIL c'è il concetto di produzione: più si produce, più si è ricchi.
E la guerra, contemporaneamente si producono armi per distruggere, e poi si è costretti a ricostruire dalle macerie, rappresenta il business dei business.
Come la guerra in Iraq, di cui sappiamo l'inizio, cinque anni fa, ma di cui non è chiara la fine. Siamo al dopo guerra? E' finita è bisogna solo avvertire gli iraqeni insorti?
Nel suo ultimo libro “The three trillion dollar war” (La guerra da tremila miliardi di dollari), il premio nobel Joseph Stiglitz fa una stima dei costi delle missioni in Iraq e in Afghanistan per l'economia americana e mondiale (i tremila miliardi del titolo).
La sua opinione è che le altissime spese sostenute sono un fattore importante dell'attuale crisi finanziaria degli Stati Uniti. In proporzione le due guerre stanno costando al governo americano molto più del Vietnam. Costo non solo economico, ma anche in termini di vite umane, come testimoniano i 4000 soldati morti dal 2003.
E le notizie per cui Stati Uniti, seguiti da Russia e Cina, stanno (forse in previsione delle future olimpiadi in Cina) portando avanti la specialità della Corsa agli armamenti, non fa ben sperare su un'inversione di tendenza. Anche i candidati alle presidenziali democratici, Hillary Clinton e Barack Obama, non parlano di una diminuzione degli investimenti militari.
In un sistema economico chiuso, dove le risorse iniziano a diventare scarse (o perchè sul mercato compaiono nuovi competitori, o perchè effettivamente le risorse iniziano a scarseggiare), e non ci sono meno colonie da saccheggiare, tutto questa spesa va a discapito di altre voci .
La guerra da tre trilioni di dollari la paghiamo noi. Con meno servizi, meno aiuti, meno democrazia e una recessione che renderà i ricchi sempre più ricchi e i poveri (o meno abbienti, se la parola non la vogliamo usare) sempre più poveri.
Un'estratto del libro:
The cost of direct US military operations - not even including long-term costs such as taking care of wounded veterans - already exceeds the cost of the 12-year war in Vietnam and is more than double the cost of the Korean War.
And, even in the best case scenario, these costs are projected to be almost ten times the cost of the first Gulf War, almost a third more than the cost of the Vietnam War, and twice that of the First World War. The only war in our history which cost more was the Second World War, when 16.3 million U.S. troops fought in a campaign lasting four years, at a total cost (in 2007 dollars, after adjusting for inflation) of about $5 trillion (that's $5 million million, or £2.5 million million). With virtually the entire armed forces committed to fighting the Germans and Japanese, the cost per troop (in today's dollars) was less than $100,000 in 2007 dollars. By contrast, the Iraq war is costing upward of $400,000 per troop.
Most Americans have yet to feel these costs. The price in blood has been paid by our voluntary military and by hired contractors. The price in treasure has, in a sense, been financed entirely by borrowing. Taxes have not been raised to pay for it - in fact, taxes on the rich have actually fallen. Deficit spending gives the illusion that the laws of economics can be repealed, that we can have both guns and butter. But of course the laws are not repealed. The costs of the war are real even if they have been deferred, possibly to another generation.
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Un estratto del libro sul timesonline.
Il sito di Joseph Stiglitz.
Technorati: Joseph Stiglitz
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