Domenica mi sono rivisto il film di Dino Risi, "In nome del popolo italiano": è un film del 1971 eppure avevo l'impressione di rileggere uno dei tanti casi di cronaca di oggi. Una di quelle situazioni in cui i commentatori "terzisti" se ne escono con l'intromissione della magistratura.
In breve, il giudice istruttore Bonifazi (Tognazzi) inizia una indagine per l'omicidio di una squillo, e arriva a imbattersi in un costruttore romano, Santenocito (Gassman), con le mani in pasta con la politica, entrature in Vaticano e il posto in molti consigli di amministrazione.
Dapprima il costruttore, dalle idee fasciste e che si ritiene al di sopra della legge, cerca di corrompere il giudice. Ma quando poi si accorge che questi è irremovibile e deciso a scoprire se regge il suo alibi (nella notte in cui la ragazza è morta), lo accusa a sua volta il magistrato di un eccesso di "zelo inquisitorio" nei suoi confronti, motivato, secondo lui, da un "odio ideologico" contro ciò che egli rappresenta.
Di fronte allo smantellamento dell'alibi (inventato), Santenocito ammette la conoscenza della prostituta (oggi si direbbe escort) e racconta del ruolo che queste ragazze hanno nel suo sistema di relazioni, per i suoi affari: "in affari a volte si conclude di più in una camera da pranzo che in dieci riunioni di lavoro.. in ceti casi le belle ragazze hanno il loro peso".
Bonifazi lo rinvia a giudizio: alla scoperta di una prova che invece scagionerebbe il costruttore, è indeciso se presentarla o meno, anche perchè ossessionato dalla sua immagine, come uomo corrotto che incarna i peggiori vizi degli italiani.
I palazzinare, la corruzione (come sistema per oliare gli affari), le belle donne usate come strumento, l'arroganza e toni da fascista.
No, sembra che l'Italia non abbia fatto molta strada da quel 1971.
La scheda del film su imdb.
La scheda del film su imdb.
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