26 gennaio 2011

Mediterraneo

Un mese fa chi si sarebbe immaginato che il vento della rivoluzione sarebbe passato dalla Tunisia, all'Albania fino ad arrivare all'Egitto, mettendo in crisi il governo dello zio dell'amica del premier?

L'hanno chiamata rivoluzione del pane, quasi a sminuirne il valore, come fosse una rivoluzione dei peones.
Invece le persone, ridotti anche alla fame da regimi che qui in Europa abbiamo coltivato come fossero estensioni del nostro territorio, chiedevano libertà, democrazia, diritti.
Ben Alì, nostro amico, era al governo da 23 anni. Ora è fuggito in Arabia (poverino, nemmeno la Francia l'ha voluto) portandosi dietro l'oro delle casse.
Sali Berisha in Albania, altro amico (e compagno di barzellette) nostro, in carica da 6 anni: la sua polizia non ha esitato a sparare sulla folla, ed è stata pure difesa dal premier.
In Egitto Hosni Mubarak, lo zio di Ruby è al governo dal 1981. Paese amico dell'occidente: nelle sue prigioni è stato torturato l'Imam Abu Omar, rapito in Italia dalla Cia, con l'aiuto dei nostri servizi.

Questa è l'aria che soffia nel Mediterraneo e ora ci sorprendiamo delle rivolte?
Il prossimo paese potrebbe essere la Libia: paese con cui abbiamo firmato un accordo per bloccare l'immigrazione (i respingimenti), e anche miliardi in risarcimenti per l'occupazione coloniale durante la guerra.
Cosa che ancora non abbiamo fatto con la Grecia. Strano, no?

Egitto, Albania, Tunisia, Libia .. ieri li chiamavamo governi, noi occidentali, e oggi li riscopriamo regimi.

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