Ma poi nei fatti ... le tangenti a volte, in certe condizioni.
La ricerca va bene, ma i soldi per le università e i ricercatori non ci sono mai.
La scuola va a pezzi, e per mettere gli istituti in sicurezza si aspetteranno (è cinico dirlo) i crolli. Come il crollo della casa dello studente.
E lo stesso vale per l'ambiente. Maroni vorrebbe piantare qualche migliaio di alberi.
Ma nel frattempo, il suo alleato Berlusconi promette i soliti condoni da campagna elettorale.
Anche Monti , nel suo programma, cita l'ambiente. Ma poi, il suo governo ha fatto il decreto salva Ilva. che riapre la produzione con la promessa delle bonifiche. Con quali soldi? E chi controlla?
Stesso ragionamento per il PD, a favore del TAV ma anche della difesa dell'ambiente.
L'ambiente non è solo una risorsa, per il turismo, per l'agricoltura.
Difendere l'ambiente significa anche difendere la salute delle persone. Di tutte le persone che vivono vicino ai siti inquinati (in Lombardia a Brescia, a Sesto, come anche al sud). Agli inceneritori. Alle mega discariche, come quella specie di bomba ecologica che si chiama Malagrotta.
Per non parlare dei rifiuti che hanno inquinato la Campania.
Quelli che si vorrebbero bruciare, e non è uno scherzo, nei cementifici (come propone il ministro Clini). Che, con un ennesimo blitz di fine legislatura, ha fatto approvare il decreto che istituisce la nuova Autorizzazione unica ambientale (Aua) per le Piccole e medie imprese, che ingloba una serie di adempimenti burocratici in vigore fino ad oggi. Meno controlli per le PMI per i prossimi 15 anni.
Stiamo condannando intere aree del paese a diventare deserto: la Sardegna delle servitù militare, i siti legati al nostro passato nucleare, Taranto e l'Ilva, i siti inquinati da Amianto ....
1200 decessi per tumori, leucemie.
1152 impianti che producono sostanze pericolose.
Di ambiente si occupa il numero del Fatto quotidiano di oggi: l'Italia inquinata, tutte le ilva del paese.
Uno dei pochi studi epidemiologici ufficiali, il dossier Sentieri (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, realizzato anche dal ministero della Salute e consultabile su www.epiprev.it ) parla di 9.969 persone uccise dall’inquinamento in sette anni, oltre 1.200 decessi all’anno in più per tumori al sistema respiratorio, leucemie, malattie cardiovascolari. E la stima si riferisce solo a 44 dei 57 siti nazionali oggi sottoposti a bonifica. Mancano decine di zone altamente inquinate non sottoposte a bonifica. Insomma, le vittime potrebbero essere molte di più. Quello che va a finire in fondo ai polmoni, che ostruisce le arterie, che fa impazzire le cellule non lo vedi. Quasi mai. Da Savona, però, provate a prendere l’autostrada dei Giovi. In questi giorni di febbraio, sbucati nella Pianura Padana, può capitare di trovarvi davanti le Alpi. Sono lì, pare di toccarle, dal Monviso al Resegone. Ma per 350 giorni all’anno non si vedono. Cancellate da una cappa grigia. Nebbia, dirà qualcuno. No, soprattutto inquinamento. Ecco quello che vi entra nei polmoni. Siamo a due passi dalla raffineria di Sannazzaro de’ Burgondi (Pavia) che, secondo Legambiente, è al primo posto in Italia per le emissioni di arsenico nell’aria, al secondo per benzene e Nmvoc, ma si piazza bene anche per nichel. Ma nel raggio di pochi chilometri l’Agenzia Europea dell’Ambiente segnala gli stabilimenti Italcementi di Calusco d’Adda (Bergamo), e le centrali termoelettriche di Tavazzano e Montanaso Lombardo (Lodi), Ostiglia (Mantova), Cassano d’Adda (Bergamo), Turbigo (Milano) e Piacenza. Già, le centrali. C’è chi oggi parla di “carbone pulito”, ma secondo i dati scientifici (contenuti anche nei dossier Wwf consultabili online), “la migliore tecnologia a carbone presenta livelli di anidride solforosa superiori 140 volte rispetto a quelli emessi da un ciclo combinato a gas”. Eppure in Italia sono attive 13 centrali a carbone e mentre per alcune si prevede la riconversione, spuntano nuovi progetti (Saline Joniche in Calabria). Spiccano appunto Liguria e Lombardia, poi il colosso di Civitavecchia, quindi Fiume Santo e Sulcis in Sardegna. E ancora Bastardo in Umbria, Marghera e Fusina in Veneto, Monfalcone in Friuli. Infine Brindisi nord e sud, perché in Puglia non c’è soltanto Taranto. Ogni regione ha i suoi monumenti: non solo cattedrali, ma, per esempio, rigassificatori. Dovevano essere 4 o 5 secondo Berlusconi, ma rischiano di diventare 11: Augusta, Brindisi, Gioia Turo, Livorno offshore, Porto Empedocle, Porto Recanati, Portovesme, Rosignano, Taranto, Trieste offshore, Trieste Zaule. Meriterebbe davvero un viaggio a parte. Anche così si capisce l’Italia. Dai centri storici, ma anche dai petrolchimici. Si parte dalla Sicilia (Gela e Priolo), poi Manfredonia, Brindisi, Monfalcone, Falconara. INFINE LA CHIMICA, un nome per tutti: Rosignano Solvay, in Toscana. Arrivi e ti pare quasi di essere ai Caraibi, spiagge bianche che fanno sembrare l’acqua più azzurra. Un elenco interminabile. E sorprendente: “Ben 19 impianti continuano a funzionare senza l’Aia, cioè l’Autorizzazione Integrata Ambientale nazionale. Oltre ai danni alla salute, rischiamo di dover sborsare soldi pubblici per pagare le sanzioni inflitte dall’Europa”, assicura Stefano Ciafani, vice-presidente di Legambiente. Le bonifiche avviate si contano sulle dita di una mano, ricorda il Wwf Italia. Bisogna “ringraziare” una legge: “Una norma del 2006 consente alle industrie di non bonificare. Allo Stato l’onere della prova sul legame produzione-inquinamento. Una probatio diabolica, quasi impossibile, con interminabili contenziosi”. Eppure, spiega Stefano Lenzi del Wwf, “le Finanziarie prevedono lo stesso risorse per la bonifica delle aree private”. Valerio Gennaro conclude: “Bonifica e monitoraggio potrebbero dare tanto lavoro”. Senza contare le spese, immense (quasi tutte a carico dello Stato), per i danni da inquinamento (a cominciare dalla salute): l’Ue li stima in 13 miliardi soltanto per l’Italia.
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