Oggi si è poveri anche con un lavoro.
Si è poveri anche se si è laureati,
anche con una laurea tecnica.
Si è poveri anche se si svolge un
lavoro da professionista, quello con la targhetta sulla porta: è
quello che capita ai giovani avvocati, architetti, ingegneri.
Si è poveri anche se si hanno alle
spalle molti anni di lavoro. È sufficiente un licenziamento, una
separazione, una malattia.
Si è poveri specie se si è in una
famiglia monoreddito, senza una famiglia che può aiutarti.
Si è poveri se si ha un lavoro
precario, dove i mille euro al mese sono spesso un miraggio.
Si è poveri, o si ha paura di
diventarlo. Di entrare in una spirale che ruota verso il basso e da
cui non si esce più.
L'emergenza lavoro non è uno slogan
buono da conferenze stampa. È un dramma reale, che riguarda una
buona parte di chi lavora.
“È indispensabile dichiarare una
vera e propria battaglia culturale a favore del lavoro, che per i
nostri padri era un fattore di dignità, di promozione e di coesione
sociale” dicono gli autori del libro Senza soldi, edizioni
Chiarelettere
Walter Passerini e Mario Vavassori: “L’unico obiettivo
che ci piacerebbe raggiungere, con questo libro, è accendere un
riflettore sulla questione salariale, croce, delizia e metafora del
lento declino del valore del lavoro”.
Perché oggi, è proprio il ruolo e il valore del lavoro che abbiamo perso. Sacrificato in nome del principio della profitto, in una guerra asimmetrica che è stata e che viene combattuta dal ceto imprenditoriale. La lotta di classe esiste ma non è quello che veniva urlata nelle piazze negli anni '70. Una lotta di classe dove si mettono poveri contro poveri (i lavoratori di Pomigliano contro quelli serbi o polacchi) e dove alla fine si creano solo deserti industriali che creano ricchezza solo per poche persone.
Perché un altro effetto di questa guerra al lavoro è la sperequazione della ricchezza: ricchi sempre più ricchi e poveri (o quasi poveri) sempre più poveri.
“Sempre secondo
l’Istat, il 20 per cento più ricco delle famiglie italiane detiene
il 37,4 per cento del reddito totale, mentre al 20 per cento più
povero spetta solo l’8 per cento del reddito totale. E le
disuguaglianze tendono a crescere”.
Nel loro libro inchiesta i due autori hanno esaminato le buste paga degli italiani in questi ultimi 10 anni, quelli che un lavoro ce l'hanno, si
intende:
SENZA SOLDI sembra
l’unica certezza di un futuro sempre più indefinibile. Questo
libro, grazie alla più completa banca dati sulle retribuzioni in
Italia, racconta le vicissitudini di operai, impiegati, quadri e
dirigenti, puntando l’attenzione sull’erosione del valore delle
paghe e del lavoro, nella generale indifferenza.
La svalutazione degli
stipendi aumenta insieme alla distanza tra chi guadagna molto e chi
non ce la fa più ad arrivare alla fine del mese. Che fare? Bisogna
rilanciare una vera questione salariale. Solo così possiamo
salvarci. Questo libro finalmente spiega come. Intanto la politica
perde tempo, troppo impegnata a difendere i propri privilegi.
Alcuni pretesti di lettura:
+46,6 per cento: famiglie che dichiarano di non potersi permettere una settimana di ferie lontano da casa; +17,9 per cento: famiglie che dichiarano di non aver potuto riscaldare adeguatamente l’abitazione; +38,5 per cento: famiglie che dichiarano di non riuscire a sostenere spese impreviste di 800 euro.Report Istat, 10 dicembre 2012.
“Dal 2002 al 2012 i valori di crescita delle retribuzioni annue sono i seguenti: dirigenti +24,6 per cento; quadri +30,1 per cento; impiegati +22,8 per cento; operai +24,6 per cento. Sul fronte opposto l’inflazione ha eroso per il 24,5 per cento (Nic) e per il 33,1 per cento (alta frequenza) del potere d’acquisto. Chi ha vinto?”
“Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.”Costituzione italiana, articolo 36.
“In Italia i primi 100 supermanager di aziende quotate hanno portato a casa 352 milioni di euro in un solo anno, una media di 3,5 milioni a testa, 50.000 euro in più rispetto all’anno prima. E non tutti sono a capo di aziende floride.”Elaborazione de «Il Sole 24 Ore» sui bilanci 2011.
“La soglia dei 1000 euro al mese per molti è addirittura un sogno, un miraggio, anche da parte di giovani che hanno un elevato titolo di studio.”
“Negli ultimi vent’anni gli stipendi degli italiani sono rimasti fermi. E questo non solo ha ridotto fortemente il loro potere d’acquisto, ma ha creato una generazione di cosiddetti working poor, vale a dire una generazione di persone che sono povere pur avendo un lavoro. Se si è poveri lavorando, significa che il valore del lavoro è sceso drammaticamente.”
“Non bisogna essere premi Nobel dell’economia per capire che se i salari sono bassi, anche i consumi ne risentono, in una pericolosa spirale al ribasso.”
“Quasi il 94 per cento dei lavori creati nel 2011 sono part-time e il 42,5 per cento dei giovani ha contratti a tempo determinato.”Fonte Commissione europea, conferenza Jobs 4 Europe, 6 settembreLa presentazione del libro da parte degli autori
Senza soldi: Sottopagati, disoccupati,
precari. Ma Paperoni e furbetti se la godono, di Walter Passerini e
Mario Vavassori (Chiarelettere).
Il link per comprarlo su ibs.
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