In pochi giorni, l'incendio è tornato a divampare nel mondo.
Trump deve cedere all'ala interventista, rinnegare quanto diceva in campagna elettorale e lanciare missili contro Assad.
L'attentato in Svezia, che risveglia le paure delle persone ed è un altro colpo all'integrazione.
Gli attacchi alle chiese Copte rivendicato dall'Isis nell'Egitto del generale Al Sisi: nell'Egitto che ha spiato e torturato il ricercatore Giulio Regeni, perché considerato nemico del paese, non riesce a bloccare gli attentati contro la minoranza cristiana.
La settimana scorsa c'era stata la bomba a San Pietroburgo: la valigetta lasciata da un uomo (il presunto attentatore intravisto in un frame di un video delle telecamere) dentro la metropolitana.
A dettare l'agenda politica nei paesi occidentali è sempre il terrorismo, la parola d'ordine la sicurezza, lo slogan non ci faremo intimidire.
L'Europa e le democrazie occidentali non hanno detto nulla sull'attacco missilistico fatto da Trump (la seconda sconfitta della sua gestione scrive il generale Fabio Mini, dopo l'Obamacare) fatto senza autorizzazione dal Consiglio di sicurezza dell'Onu.
Gentiloni e il ministro degli esteri (se ne abbiamo uno) avrebbero potuto chiarire quale sia la loro strategia per il problema siriano: una soluzione politica, con Assad, o un rovesciamento del regime.
Sempre in Egitto, i genitori di Giulio Regeni hanno chiesto supporto all'Eni per arrivare ad una verità (non una di comodo) sulla morte del figlio.
Tutto questo per dire cosa: che in Siria, in Egitto come nell'America dell'era Trump è sparita la diplomazia, la politica.
Solo consenso, immagine, interessi economici.
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