L'inchiesta di Giorgio Mottola sui fondi pubblici alcinema ha già fatto rumore, prima che fosse mandata in onda: colpa
della parte del servizio su Papigno, lo studio voluto da Benigni e
che è finito in perdita.
Al cinema abbiamo dato 1,2 miliardi
l'anno: che qualità di film abbiamo prodotto?
La casa del Cinema Cinecittà: è stata
in parte privatizzata da Prodi nel 1997, oggi lo Stato se la sta
riprendendo e troviamo il banchiere Abete in due vesti, da privato e
da pubblico interessato.
Il film di cui ci parla Mottola è un
film che parte proprio da qui: dalla finta privatizzazione del 97,
con Ente Cinema di Abete venduta a Cinecittà studios, sempre di
Abete (con Della Valle e De Laurentiis).
Abete che affitta se stesso ad una
società privata: pieno conflitto di interesse dove però ai tre
signori non interessava solo il cinema. L'area di Cinecittà
interessava per realizzare centri commerciali e cinema.
Poi l'interesse si è spostato fuori
Roma, sulla Pontina: con Cinecittà Parchi si doveva creare lavoro,
con parchi giochi, studios, ma oggi le imprese che qui hanno lavorato
ancora attendono di essere pagate.
Anche a Cinecittà (quella vera) le
cose non vanno bene: qui ci sono le migliori maestranze, potremmo
fare i migliori film al mondo, ma attorno agli studi ci sono solo
scene di abbandono.
Cosa direbbero Fellini e Sergio Leone?
Abete & C., in un momento di
grandeur, hanno deciso di comprare gli studi di Papigno, dove Benigni
aveva girato La vita è bella.
Qui nell'ex fabbrica di Papigno ci sono
soldi dello Stato, della regione e del comune, oltre a fondi europei:
complessivamente più di 10 ml.
Molti di più, dice il vicesindaco, per
le opere aggiuntive nel comune.
La città era in fermento per gli
studi, qui stava per arrivare anche l'università di Perugia, con una
nuova sede: nel 2005, dopo il mancato successo dei suoi ultimi film,
Benigni vende le sue quote di Papigno a Cinecittà studios di Abete.
Oggi la situazione degli studi è di
abbandono: molte maestranze sono rimaste senza lavoro, raccontano ex
dipendenti.
E' finito tutto – con un esito
favorevole per i lavoratori diretti, dice l'avvocato di Benigni.
Meno favorevole per chi si è iscritto
alla facoltà di cinema: ha chiuso e molti studenti si sono trovati
in mezzo al guado, perché finiti i primi anni ora non possono finire
il corso in altre università.
Quante perdite ci sono state per
Benigni? Rischiava di perdere fino a 5 ml, ma Cinecittà si è
accolta il suo debito, salvando l'attore.
E ora Cinecittà studios sta per
cambiare proprietario: lo Stato sta comprando gli studi per 20 ml di
euro, conferma il ministro Franceschini.
Anche i soldi di Papigno e gli studi
tornano ai contribuenti italiani, come i 32 ml di debiti di Cinecittà
studios.
C'è un contenzioso tra ministero e
Abete? Il ministro dice sì, Abete dice di no. Non si capisce.
Cosa troveremo nei nuovi studi di
Cinecittà? Magari i robot, prodotti da IBM, che hanno realizzato il
trailer di un film, Morgan.
Hanno preso e memorizzato scene “forti”
da film horror: da questa mole di dati, hanno estratto una sintesi da
10 minuti.
Trailer che è stato recensito da un
altro robot: una macchina potrà forse fare sceneggiature, o forse
prepararle. Magari un giorno anche vincere un oscar..
Come sono stati spesi i fondi pubblici
del cinema?
Quel 1,2 miliardi di euro sono stati
spesi in tax credit: un investitore mette 100 nella produzione di un
film e ne prende subito 40 come sgravio.
Ad investire sono state per lo più
banche: non hanno fatto solo il bene del cinema, ma è stato un
investimento finanziario.
Alcuni registi hanno scelto di non
parlare, come Sorrentino.
Mainetti ha invece deciso di raccontare
quello che in molti hanno visto: del tax credit molti ne hanno
approfittato.
Anche delle truffe, ci sono state:
parte dei soldi versati, non sono nemmeno stati versati per la vera
produzione del film.
Sono arrivate proposte indecenti anche
a case di produzione importanti come la Indigo, che ha prodotto i
film di Sorrentino.
Nel film di Pupi Avati è arrivato un 1
ml di euro sulla carta del Casinò di Campione: ma era solo sulla
carta 1 ml, alla produzione sono finiti solo 300mila euro.
In realtà era un socio di Campione, la
signora Parnasi.
Chi vigila su questi fondi è la
direzione cinema del MIBACT: intorno al tax credit è nato un mercato
parallelo, gente che vendeva dei fondi ai produttori, come fossero
società di intermediazione.
Una di queste è Cinefinance: ha
lavorato a molti film italiani, tra i soci anche Franco Tatò.
Al ministero sono al corrente di tutto
– racconta una fonte interna al ministero, nella commissione
interna: dal 2014 il dottor Bonnelli si era accorto che metà dei tax
credit era stato abusato, perché non è stato fatto niente per
controllare l'uso dei fondi?
Non dormivano – assicura il direttore
al MIBACT che dà la colpa a quei cialtroni dei produttori.
Peccato che quei soldi sono finiti, in
maggior parte a banche ed assicurazioni.
Quali sono i film finanziati per motivi
culturali?
Abbiamo finanziato il film di Zalone,
Quo Vado, che è il film che ha incassato di più nel 2016.
Un film che fa bene al botteghino non
avrebbe bisogno di fondi statali: dalle tabelle ministeriali risulta
un contributo di 1,9 ml per gli incassi per “Cado dalle nuvole”.
Esiste un apposito finanziamento per
aiutare gli incassi di film dal valore culturale: soldi finiti al
film “Manuale d'amore 3”.
Le grandi società di produzione
sembrerebbero favorite rispetto ai piccoli: è il caso di Cattleya,
che produce film importanti e prende molti finanziamenti.
Diverso il caso del regista Mainetti,
che ha impiegato anni prima di trovare un produttore.
Il produttore indipendente e il
distributore indipendente fanno fatica a produrre e distribuire i
film: i grandi decidono cosa produrre e cosa proiettare nelle sale.
In Francia è tutto un altro film: gli
spettatori sono il doppio rispetto a noi, nel cinema francese sono
stati investiti 1,4mld di euro, più di 4 volte tanto rispetto a
quello investito in Italia.
Soldi presi dalle società di
produzione: chi incassa di più al botteghino versa di più allo
stato, tramite le tasse, soldi che vengono poi ridistribuiti ai
produttori più piccoli.
In questo modo si tengono aperti i
cinema e si riescono a proiettare anche film non da cassetta.
Il ministeri intende riformare il modo
in cui si finanzia il cinema: ci saranno finanziamenti automatici,
che rischiano di premiare la casta del cinema, perché legati alle
scelte della politica.
Ai parenti dei politici piace fare
cinema (e a volte prendere fondi pubblici).
A capo di Medusa c'è il figlio di
Gianni Letta.
Le fiction di Mediaset sono prodotte da
Taodue, Don Matteo è prodotto da Lux Vide, dell'ex presidente della
Rai.
Non sono inciuci, rassicura i l figlio
di Bernabei. Sarà.
Nessun commento:
Posta un commento