Italia spaccata in due per la sanità,
per la scuola, per le infrastrutture, per gli investimenti.
L'inchiesta di Presa diretta parte
dalla storia di Tiziana Lombardo, morta all'ospedale di Vibo Valentia
durante il parto: all'archiviazione della procura si è opposta
la famiglia che denuncia le carenze di personale, difficoltà
logistiche, come lo spostamento delle barelle nei reparti.
La sala parto non è allo stesso piano
della degenza, costringendo i medici a fare delle gimcane: si
aspettano anni per la nuova sala parto, che sarebbe pure allo stesso
piano.
Si aspettano anni anche per il nuovo
ospedale e nel frattempo mancano fondi per ristrutturare la struttura
di Vibo Valentia.
Dal 2012 la sanità della Calabria è
in rientro dunque niente turn over: significa carenza di infermeri e
medici, significa che la sala parto dell'ospedale di Vibo è ancora
inagibile e che, di fatto, in Calabria si ha meno diritto di nascere
in sicurezza.
In Emilia l'altra Italia: quella dove
il neonato è seguito fin dall'inizio, dove le madri sono ascoltate,
vengono visitate, vengono supportate anche psicologicamente.
All'ospedale “Casa della salute” di
Parma le donne vengono accudite, si crea una rete attorno alle mamme:
c'è un progetto integrato che mette assieme ospedali, psicologi, a
supporto delle madri, nei primi giorni della nascita, e dei bambini.
Il tasso di mortalità infantile è al
sud al 3,5% mentre al nord siamo al 2%.
L'offerta sanitaria di Campania e
Calabria è al di sotto dei LEA, i livelli minimi.
Lo dicono i numeri, lo dicono le
testimonianze delle persone.
Le due scuole: non solo per la
sanità, anche nell'offerta scolastica l'Italia è spaccata.
Il giornalista di Presadiretta ha
raccontato la storia delle due scuole: quella di Taranto, quartiere
Paolo VI e quella di Melzo. Entrambe dedicate ad Ungaretti: la prima,
poco dopo essere inaugurata, per problemi di infiltrazione, è stata
chiusa, per inagibilità. I lavori per riparlarla non sono stati
fatti e oggi è abbandonata a sé stessa.
Qui insegnava il professor Leogrande:
per evitare che i vandali distruggessero del tutto l'istituto, ci
passava dentro la notte.
Oggi gli studenti e le insegnanti sono
state trasferite all'istituto Giovanni Falcone e stanno facendo di
tutto affinché non si ripeta la storia della Ungaretti: “la scuola
non si tocca”.
A Melzo si trova un'altra scuola
Ungaretti: qui gli studenti lavorano con computer, con robot, con la
realtà virtuale, creano cortometraggi.
LA scuola era stata progettata dal
Politecnico di Milano, con appalti trasparenti ed è stata finanziata
dal comune: oggi è la scuola più innovativa d'Italia, gli studenti
sono preparati allo studio dell'inglese, a vivere in un mondo
proiettato nel futuro.
Ed è una scuola pubblica, dove
l'amministrazione comunale di Melzo ha contribuito a tutte le spese,
come un investimento per il futuro.
Non tutte le scuole di Taranto sono
disastrate e non tutte le scuole di Melzo sono all'avanguardia: la
lezione che impariamo è che nelle scuole si deve investire.
Su Taranto arriveranno 3.5 milioni di
euro, tra regione e Miur, per ristrutturare i 55 plessi scolastici
della città che hanno bisogno di lavori: è uno degli obiettivi
primari di questa amministrazione, spiega l'assessore all'istruzione.
A Melzo, l'assessore al patrimonio
parlava degli investimenti fatti nella scuola: 100mila euro per la
formazione dei docenti.
Mentre a Taranto Arcelor Mittal e i
Riva non hanno messo un euro per le scuole della città.
Il ministro Giuseppe Provenzano è uno
di quelli senza portafoglio: si dovrà occupare della rinascita del
mezzogiorno e della coesione territoriale del paese.
“Ho provato rabbia vedendo queste
immagini” ha raccontato il ministro: la tua vita non può dipendere
dal tuo codice fiscale, questo nega i principi della nostra
Costituzione.
La prima visita il ministro l'ha fatto
ad una scuola di Palermo, dove non c'erano i mezzo della scuola di
Melzo ma che comunque costituiva un mezzo di coesione: i dati della
dispersione scolastica sono preoccupanti, è un fallimento delle
istituzioni.
Dobbiamo aumentare l'offerta degli
asili per consentire alle donne di poter lavorare, dobbiamo investire
nella sicurezza delle scuole.
Ci sono soldi non spesi che dobbiamo
usare per questi investimenti, con un patto con le amministrazioni
locali.
Ogni venerdì i ragazzi ci ricordano
dell'ambiente e noi dobbiamo cambiare le nostre scuole nell'ottica
green: procedure standardizzate per fare i bandi, lo stato ti aiuta
per questi progetti.
Il tempo è troppo poco ed è questa la
preoccupazione del ministro.
Il tema infrastrutturale.
Giovanni è un
autotrasportatore calabrese: assieme a lui il giornalista ha percorso
la ex statale 110, oggi declassata a strada provinciale e, dunque,
senza fondi per ristrutturarla.
Dalla 110, alla
statale 106, la Ionica: viene chiamata la strada della morte, nel
2018 ci sono stati 26 morti, è una strada con una sola carreggiata a
due sensi, niente doppie corsie.
La strada di
raccordo con la Salerno Reggio Calabria collega le due coste, ma qui
le gallerie sono poco illuminate.
Dalle strade ai
mezzi pubblici: i luoghi di interesse storico sono collegati solo con
bus.
C'è poi il treno
che collega Taranto a Reggio Calabria, con un treno che impiega 9 ore
e che viaggia ad una velocità di 65km ora.
Non ci sono treni
per collegare Reggio Calabria e il suo aeroporto con la provincia:
mentre al nord si progettano opere faraoniche e spesso inutili, al
sud i servizi e le linee si smantellano.
Come si fa a fare
turismo in Calabria?
La fascia Ionica,
circa la metà del territorio calabrese, è senza collegamenti:
spiagge bellissime, tesori non sfruttati, borghi bellissimi come
Gerace. Tutti posti che puoi raggiungere solo con l'auto su strade
dissestate. O con pullman che non hanno spazio per muoversi.
Nell'Aspromonte ci
sono parchi con paesaggi mozzafiato: una Calabria bella e nascosta
per colpa della mancanza di infrastrutture.
In Emilia Romagna
passano il 40% delle merci italiane grazie agli investimenti in
infrastrutture: l'aeroporto, le autostrade, le stazioni ferroviarie.
Il sistema di
infrastrutture bolognese è tutto integrato, per favorire le aziende
che qui vengono ad investire e che usano treni, strade e aeroporti
per lo spostamento delle loro merci.
Un esempio è la
Ducati: la presenza di infrastrutture consente l'arrivo di merci
nello stabilimento nell'arco della giornata.
La città
metropolitana ha pianificato questa rete di infrastrutture, pensando
e immaginando al futuro, assieme alle aziende: questa strategia ha
preso forma quando eravamo in piena crisi, per esempio l'interporto.
In questo modo, in
dieci anni la Ducati ha potuto crescere, usando a piene mani le
risorse del mezzogiorno che sono venuti qui a lavorare: è un
ragionamento un po' brutale, quello fatto dal capo del personale
della Ducati, che considera i meridionali un assett, dimenticandosi
che le persone del sud sono costrette ad emigrare per necessità.
E' un qualcosa di
ineluttabile, qualcosa che non possiamo cambiare?
Si devono
ricostruire i viadotti crollati, si devono mettere più treni,
mettere servizi: ad oggi l'unica grande opera cantierizzata è la
Napoli Bari.
Poco, rispetto a
quanto è messo in cantiere al nord: perché si sono fermati i
cantieri al nord, perché la politica ha smesso di credere al nord?
Si deve credere al sud, le grandi aziende appaltanti, come Ferrovie,
Anas, devono investire al sud, non è una causa persa?
Ma il nord può fare a meno del sud?
Secondo il
presidente dello Svimez Adriano Giannola, il nord non è
autosufficiente: il nord non ha ancora recuperato il livello pre
crisi, cresce a valori di 1.2 o 2%.
LE imprese
eccellenti stanno in Italia ma non sono italiane: il nord si sta
trasformando in vagoni a rimorchio delle imprese straniere che le
controllano, tedesche o cinesi.
Tutto questo
perché il mercato del sud è crollato: senza il mercato del sud il
nord non corre da nessuna parte.
Negli anni 50-60%
la crescita delle imprese era di dieci volte maggiore:
“il nord, bravissimo in Europa, seconda manifattura secondo i miti
correnti, non corre da nessuna parte. Se io non risolvo il problema
del porto di Napoli, nessuno attracca a Napoli, chi ne risente è
Napoli ma anche l'Italia nel Mediterraneo va a picco”.
E lo stesso vale per il porto di Gioia Tauro: “queste non sono
questioni di assistenzialismo, questa è una responsabilità del
paese, che non si vede più come paese, ma considera questo come un
problema a parte.. sono fatti di questi 20 milioni di italiani”.
Le considerazioni di Adriano Giannola sono confermate da Banca
d'Italia che in uno studio del 2011 stimava che un solo euro di
aumento di ricchezza del mezzogiorno, avrebbe determinato un ritorno
di 40 centesimi per il centro nord.
E che se i consumatori del sud avessero speso 100 euro in più, la
produzione del centro nord sarebbe aumentata di circa 52 euro.
Quindi, secondo questo studio, investire al sud conviene, anche alle
imprese del nord: questo lo Stato sembrava averlo capito da tempo,
visto che le finanziarie fino al 2008 hanno sempre previsto di
destinare il 30% degli investimenti al sud.
Ma secondo gli studi dello Svimez, al sud è solo arrivato il 20% di
investimenti effettivi: “aver fatto investimenti solo del 20% è
chiaro che pesa su tutto il resto, e dove sono stati fatti quegli
investimenti del 14%? Sono stati fatti al nord”.
Negli ultimi 20 anni, su 317 miliardi di opere pubbliche e
infrastrutture programmate e in corso di realizzazione, più della
metà sono stati destinati ad opere del centro nord, solo 91 miliardi
ad opere al sud.
Dunque,
contrariamente a quanto si pensa, è il nord che ha estratto risorse
destinate al mezzogiorno.
Questo sfruttamento è per esempio visibile nel settore oleario: gli
ulivi sono al sud ma le imprese si trovano al nord, che significa che
la ricchezza ricavata dall'olio rimane al nord.
Il nord produce l'olio e decide i prezzi della grande distribuzione:
i grandi marchi delle catene della distribuzione si trovano proprio
nelle regioni più ricche ma attingono i beni dalle regioni del sud.
Servirebbe un grande marchio al sud, che sia produttore e anche
imbottigliatore e distributore: senza intermediazioni, per favorire
l'interesse dei produttori.
Gli appalti per le grandi opere fatte al sud le vincono le imprese
del nord: succede per la Napoli Bari per l'alta velocità, con
l'appalto a Salini e Astaldi, come la Pizzarotti di Parma.
Alle aziende del sud arrivano i subappalti, piccoli lavori.
La Pizzarotti è cresciuta grazie ai soldi della cassa del
mezzogiorno: i soldi per il sud sono finiti, all'80% alle imprese del
nord.
Ma oggi come fanno le imprese del sud a crescere, senza investimenti
pubblici?
Il taglio degli investimenti pubblici si è fatto sentire molto dopo
la crisi: si è fatta l'alta velocità, ma si ferma a Napoli e a
Salerno.
La parte più debole del paese viene lasciata a sé stessa: ma qui
c'è la parte di crescita potenzialmente più alta, per l'alta
presenza di disoccupati e per il bisogno di servizi.
Non è assistenzialismo, racconta Gianfranco Viesti, come è avvenuto
negli anni 80: oggi i livelli di assistenza pubblica al sud sono
inferiori a quanto succede al nord.
Meno welfare, meno servizi, meno possibilità di crescita.
Isaia Sales è un docente dell'università di Napoli: se lo stato
investisse nelle eccellenze produttive del sud l'Italia potrebbe
competere col resto delle nazioni dell'Europa.
Succede nel settore dell'abbigliamento, nel settore ortofrutticolo,
Catania è la seconda provincia nella produzione del settore
elettronico, il turismo nel sud vale come la Costa Azzurra più la
Corsica.
Ci sono potenzialità enormi, ma dobbiamo sfruttarle e investire: se
l'Italia è tra i primi posto al mondo, nonostante sia una nazione a
metà, se tornassimo ad essere una nazione vera, saremmo la prima
nazione al mondo.
La Germania ha dimostrato che l'arretratezza di un territorio non è
un destino: dobbiamo fare una rivoluzione copernicana sulla mentalità
del sud, il nord senza il sud non va da nessuna parte.
Quali sono le
eccellenze del sud?
Napoli, San Giovanni a Teduccio: quartiere a vocazione industriale,
qui è nata la prima ferrovia.
Qui è nata la Cirio, poi entrata nell'IRI, passata ai privati: oggi
lo stabilimento dopo un periodo di abbandono è diventato un polo
tecnologico.
Grazie a 92ml di euro di fondi, tra regione e università, qui sono
arrivati i big della tecnologia come Apple, Accenture, che attirano
ragazzi con borse di studio.
A beneficiare del lavoro delle acadmy di Digita e di Apple è tutto
il quartiere: un sogno che si realizza, un sogno certificato anche
dall'Unione Europea che qui ha investito con i suoi fondi.
Fondi europei che sono finiti anche in Puglia, dove il PIL è
cresciuto in questi anni del 3%: qui è forte l'industria
aerospaziale, oltre all'olio e al vino, chi lo avrebbe detto.
Alla Sitael lavorano per la Nasa e per l'agenzia spaziale europea, ha
lavorato al Rover Curiosity finito su Marte.
La Silicon Valley pugliese è a Monopoli.
In regione sono stati bravi a cogliere gli investimenti e a concedere
finanziamenti in cambio del mantenimento dell'occupazione (non soldi
dati per aziende poi sparite, dunque).
In Calabria lavora la NTT Data Italia, nell'ambito della
realtà aumentata: dovranno acquistare nuovi palazzi per i nuovi
assunti, giovani laureati delle università calabresi o laureati che
tornano qui in Calabria dopo una esperienza all'estero.
Va sfatato il mito del nord produttivo e del sud parassitario.
Serve maggiore coraggio per tenere unito il paese: l'Unione Europea ha minacciato già l'Italia, senza investimenti al sud, basta fondi al nostro paese.
L'economista Viesti ha poi criticato la proposta della Lega sull'autonomia regionale: "la redistribuzione delle ricchezze è insita nella nostra Costituzione, tutti i cittadini hanno tutti i diritti riconosciuti a prescindere da dove nasce.
Siamo sfiduciati, non crediamo in un futuro collettivo e dunque la politica e gli italiani pensano solo a sé stessi.
L'Italia o si salva tutta assieme o non si salva".
L'economista Viesti ha poi criticato la proposta della Lega sull'autonomia regionale: "la redistribuzione delle ricchezze è insita nella nostra Costituzione, tutti i cittadini hanno tutti i diritti riconosciuti a prescindere da dove nasce.
Siamo sfiduciati, non crediamo in un futuro collettivo e dunque la politica e gli italiani pensano solo a sé stessi.
L'Italia o si salva tutta assieme o non si salva".
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