24 dicembre 2020

Atlante freddo di Luigi Bernardi - trilogia criminale

 


All'inizio non avevo collegato, ho dovuto leggere la terza di copertina per capire come mai quel nome, Luigi Bernardi mi ricordasse qualcosa. Per la collana “Einaudi stile libero”, quei bei gialli dal dorso giallo (appunto) tra cui i gialli di Carlo Lucarelli (“Almost Blue”) e Loriano Macchiavelli (“Fiori alla memoria”).

C'è una sua frase, che ogni amante dei noir dovrebbe imparare a memoria, riportata nella prefazione a questa trilogia da parte di Tommaso De Lorenzis

Del crimine mi interessa il gesto e il senso, che non sono mai misteriosi in accezione 'giallistica', quanto fenomenali rappresentazioni del dramma primario: la vita come capacità di dare la morte.

Raccontare un omicidio, scrivere di un coltello che penetra la carne, di una pallottola che devasta il volto, di una madre che getta dal balcone il proprio bambino, è entrare nel mistero della psiche, l'unico che ha senso indagare.

Uno così, non poteva che amare e scrivere romanzi noir, storie di personaggi ai bordi della società, quelli relegati nelle periferie, persone nate sconfitte e destinate a rimanere ai margini, ad arrangiarsi per sopravvivere.

Persone come Chiara, la ragazzina dai capelli scuri e dai pensieri che ogni tanto scorrono fuori sincrono, che a nemmeno diciotto anni vive, in poche settimane, una serie di esperienze tragiche e dolorose. Ma da cui esce fuori sempre più matura e sempre più desiderosa di conoscere altre persone, fare altre esperienze.

E' lei a far da collante ai tre racconti ambientati a Bari, poi a Bologna e infine a Torino, seguendo una direzione da sud est a nord ovest dello stivale.

Vittima facile

Francesca cammina piano, stringe un libro al petto. Fa sempre così, si stringe qualcosa contro il petto quando cammina. Un sacchetto con dentro uno o due compact appena comprati, la busta di un negozio di maglieria, la pochette di tela indiana con i documenti e i soldi, oppure un libro, come oggi.

Vincenzino cammina disordinato, come chi non sa da che parte andare e potrebbe cambiare direzione a ogni momento. Ha lo sguardo sospettoso, colpisce tutto senza saldarsi su niente, niente tranne le gambe di Francesca.

Vincenzino è un giovane criminale di Bari: sin da piccolo ha avuto solo il crimine come sola prospettiva della sua vita. Perché Vincenzino, partendo dalla prima goliardata (un camion di bibite rubato e gettato in un fosso), fino a salire alle rapine alle poste e poi nelle banche, ha avuto come obiettivo solo quello di diventare qualcuno nel mondo della criminalità. Farsi notare dai boss per entrare anche lui nell'organizzazione.

Per questo decide di rapire quella ragazza, Francesca, che al bar ha sentito dire essere la figlia di uno che conta in città. Però il padre di Francesca non è solo uno importante: è uno dei capi di quella organizzazione che, da tempo, lo sta tenendo d'occhio. Non per reclutarlo, perché persone come lui non vanno bene nemmeno al crimine, perché troppo indisciplinato, perché quei piccoli criminali poi alla fine attirano solo l'attenzione delle forze dell'ordine e a suscitare una reazione da parte delle persone.

Chiara è la sua ragazza, la donna del capo. E' scappata da casa, scappata poi da Cosimo, l'ambulante con cui lavorava dopo che ha incontrato Vincenzino: ogni tanto i suoi pensieri è come se si inceppassero

“non c'è niente in lei che fili per il verso giusto, niente tranne i pensieri, che sono troppi, aggrovigliati e sempre fuori sincrono”.

Il rapimento non finirà bene, la scalata nelle gerarchie criminali finirà molto male..

Rosa piccola

Da Bari a Bologna: nella città delle Torri, Chiara incontra Nina, una ragazzina che vende le rose alle persone, assieme ad altri ragazzi, la sera dorme nel retro del magazzino di un commerciante, Benfenati.

Nina vende le rose, Natale vende merce porta a porta, Pedro bigiotteria e Kaled invece è l'uomo di fatica, quello che scarica la merce dai camion, ovviamente senza bolla, perché è tutto in nero.

Hanno tutti una storia alle spalle, una storia di fughe da un passato e anche da un'identità da lasciarsi alle spalle. Forse anche per questo Chiara lega subito con loro.

Ma nemmeno vendere bigiotteria è una cosa che Chiara vede nel suo futuro, non vuole finire come quelle mele aggrinzite nel cesto che nessuno mangia più.

Così, in una sera piovosa di Bologna, i destini di questi ragazzi si compiono, ciascuno riuscirà a scappare da quelle brandine nel magazzino:

“L'importante non è quello che ti porti dietro, conta più quello che ti lasci alle spalle”

Musica finita

A Torino Chiara si trova in mezzo ad una guerra che vede da una parte un piccolo ma potente criminale marocchino Abdellah, che ha investito i soldi sporchi dai suoi affari con armi, droga, prostituzione, nel settore dei phone center (siamo nei primi anni del terzo millennio e i telefonini ancora dovevano arrivare ma già c'era nelle nostre città la massa di immigrati che aveva bisogno di telefonare a casa).

Dall'altra parte dei reduci, sconfitti senza avere nemmeno l'onestà intellettuale di ammetterlo, degli anni della lotta armata. Persone che pensavano e pensano di cambiare il mondo con la violenza.

La bilancia della storia, non solo quella con la S maiuscola, penderà ancora una volta dalla parte del più cattivo. Perché Abdellah è sì un criminale, ma è anche uno che ha capito come fare affari in questo paese, dove chi ha i soldi, un buon avvocato e un buon commercialista ha sempre ragione.

Il criminale ripulito, se crea posti di lavoro, diventa subito un mecenate:

Abdellah ha capito gli italiani. E' gente che spesso si comporta in modo contrario rispetto a come dice di essere. Sono cattolici e gozzovigliano con il demonio. Sono bigotti e si scambino le mogli. Sono razzisti e pagano per scoparsi persone di colore. Sono mafiosi e pretendono anche il governo della legalità. Abdellah ha capito gli italiani e sa come rigirarseli.”

Da Bari a Torino passando per Bologna: attraverso le avventure di Chiara, diventata grande a diciotto anni, ci viene mostrato il lato nascosto delle nostre città, la vita degli esclusi e di quelli ai margini.

Ma, lo dice Chiara alla fine di questo viaggio, nella vita si può vincere anche senza arrivare primi, come il ciclista Balmamiom che vinse due giri d'Italia senza arrivare primo in nemmeno una tappa:

.. non bisogna avere fretta. Dopo ogni arrivo, c'è una nuova partenza, bisogna dosare le forze, pensare che c'è un dopo, qualcosa del genere. E anche che non c'è niente di peggio che sentirsi i primi della classe.

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