12 dicembre 2020

Piazza Fontana – bomba fascista, responsabilità di stato

 


Deep State

Complotto massonico

Controllo delle masse

Fateci caso, tutte queste espressioni usate dai sovranisti italiani e d'oltreoceano, usate per attaccare le democrazie, calzano benissimo su quanto è successo in questo paese a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Quando, a macerie ancora fumanti, furono messe le basi della guerra fredda ovvero, nei paesi del blocco occidentale, il contrasto con tutti i mezzi legali e illegali contro le formazioni di sinistra.

In Italia, in special modo dalla fine degli anni sessanta, abbiamo avuto uno stato nascosto, parallelo alle istituzioni ufficiali (e democraticamente elette) dentro cui facevano parte massoneria deviata, pezzi dell'esercito, pezzi dei servizi segreti, esponenti del mondo finanziario, del mondo industriale, politici e giornalisti vari. E, come manovalanza, tutte le formazioni dell'estrema destra fascista dell'arcipelago nero, utili idioti di una battaglia contro partiti e sindacati di sinistra, in cui a morire sono state però per lo più persone comuni. Gli agricoltori che il 12 dicembre erano nella Banca dell'Agricoltura a Milano per concludere i loro affari, gli insegnanti che erano a Brescia in piazza della Loggia il 25 maggio a manifestare contro gli attentati di matrice fascista che stavano avvenendo in città. Gli italiani che quel 2 agosto 1980 pensavano solo alle meritate vacanze.

Io so, diceva Per Paolo Pasolini, in un suo celebre articolo uscito sul Corriere (pensate un po', negli anni un intellettuale come Pasolini che scrive sul giornale della borghesia).

Ma Pasolini non poteva sapere tutto, non i dettagli, non i nomi. Aveva probabilmente in testa il disegno dietro le stragi che hanno insanguinato il nostro paese, il cui prodest.

Sapeva del bisogno di stabilizzare al centro questo paese, per consentire all'asfittica classe dirigente di questo paese di continuare a rimanere al comando, senza nessun ricambio. Sapeva che in questo paese bisognava spaventare le persone in modo che poi la “brava” gente reclamasse l'ordine e la legge.

Basta con questi scioperi per chiedere salari dignitosi, la tutela della salute, una casa per tutti, la possibilità di andare all'università anche se non si è figli di papà.

Questo paese, ha scritto Guido Crainz in un bel saggio, negli anni sessanta stava sbocciando: la generazione cresciuta dopo la guerra, che negli anni del boom (o del finto boom che aveva arricchito in modo disuguale gli italiani) ora era arrivata all'età della ragione e della lotta.

Della lotta per avere un paese moderno, senza il delitto d'onore, per esempio. Dove il figlio di un operaio può aspirare a prendersi una laurea, non semplicemente aspirare ad una 500.

In questo paese, quello che oggi chiameremmo Deep State, ha pensato che servivano le bombe, il terrore, il sangue degli innocenti, per spostare il baricentro politico. “Destabilizzare per stabilizzare” si dice. Strategia della tensione, espressione coniata dal giornale inglese The Observer nei giorni della strage di Piazza Fontana.

Ecco, noi oggi diversamente da Pasolini, sappiamo.

Io so, ho le prove.

So chi ha messo le bombe a Milano, a Brescia, a Peteano, ha lanciato la bomba a mano davanti la Questura, ha tentato il golpe il giorno dell'Immacolata, ha lasciato la valigia piena di esplosivo nella sala d'aspetto della stazione di Bologna.

Sappiamo che a Milano sono stati i fascisti di Ordine Nuovo, sappiamo che sono stati protetti da un pezzo dello Stato, il Sid (i servizi segreti militari) e i funzionari dell'Ufficio Affari Riservati del Viminale (tra cui Federico Umberto D'Amato, un nome che ritorna tristemente in questi episodi di terrorismo). Sappiamo ne ai depistaggi contribuirono anche giornalisti usati come buche delle lettere per indirizzare l'opinione pubblica verso la pista rossa, quella degli anarchici.

Sappiamo a Brescia la stessa matrice fascista è responsabile della bomba di Piazza della Loggia, una delle poche stragi ad avere dei colpevoli ma di cui mancano ancora i mandanti.

Anche per la strage di Bologna, ora sappiamo, anzi, da quest'anno, a quarant'anni di distanza, abbiamo un tassello in più: i finanziamenti da parte della Loggia P2 ai fascisti.

Fascisteria, stato parallelo ed eversore, massoneria.

Complotto.

Guerra asimmetrica.

Quest'anno le celebrazioni per l'anniversario di Piazza Fontana saranno, per le restrizioni del Covid, più in sordina: non importa quanti saranno in piazza, non potrà essere come l'anno scorso, con quella folla in piazza e per le strade che diceva, io ci sono, io non dimentico. Io so e non dimentico. 

Non dimentico la bomba, le vittime innocenti, le persone ferite, le famiglie straziate dal dolore. 

E non dimentico la retata degli anarchici, la sera stessa della strage, a cui imputare quelle morti.

Non dimentico Valpreda, il mostro sbattuto in prima pagina (oggi parleremmo di fake news).

Non dimentico Pino Pinelli, 18 esima vittima della bomba: morto nelle stanze della Questura di Milano, non importa se sia morto per malore attivo (formula che suona tristemente ipocrita) o per altro. Pinelli quella sera non doveva stare lì in quella stanza, senza che gli fossero state imputati dei reati precisi. Solo in base a fondati motivi (come diceva il capo dell'ufficio politico), che poi fondati non erano.

Non dimentico la vergogna del processo spostato a Catanzaro, la vergogna di uno Stato (o, meglio, di una sua parte) che depista, che protegge i colpevoli e che costringe i familiari ad attraversare il paese per assistere alle udienze.

Non dimentico i non so, non ricordo dei notabili democristiani davanti ai giudici.

Come non sapeva Andreotti che Giannettini fosse a libro paga dei servizi.

Non dimentico i nomi dei vertici dei servizi segreti che sapevano e hanno coperto (Viceli, Maletti, Umberto D'Amato, Henke).

Ma non dimentico, ed è doveroso dirlo, anche i nomi dei tanti che, all'interno dello Stato, hanno cercato di combattere lo stato parallelo, quel pezzo di stato eversore, per fare giustizia, per dare giustizia.

Come i magistrati milanesi D'ambrosio, Salvini e Alessandrini; i giudici veneti Stiz e Calogero (i primi a seguire la pista nera che portava agli ordinovisti Freda e Ventura); il giudice padovano Tamborino che indagò sul tentativo di golpe della Rosa dei venti.

Penso al carabiniere Alvise Munari e al commissario Juliano a Padova. Noi oggi sappiamo e non dimenticheremo.

Perché non è sempre vero che la storia la raccontano i vincitori. Dopo tanti anni, la storia la raccontano anche le vittime, i testimoni di quegli anni, Fortunato Zinni, Manlio Milani, il giudice Salvini, le figlie di Pinelli, Claudia e Silvia.

Perché i fascisti sono ancora là fuori. Sempre protetti, sempre coccolati anzi, in questi anni c'è stata anche una corsa a sdoganarli, da parte di una parte del mondo dell'informazione. Lasciamoli parlare, siamo in democrazia - così dicono i liberali italiani.

Io non dimentico. Milano 12 dicembre 1969, strage fascista, responsabilità di Stato.

Lo scorso anno sono usciti molti libri interessanti su Piazza Fontana e gli anni della strategia della tensione

- Piazza Fontana, il primo atto dell'ultima guerra italiana di Gianni Barbacetto

- La bomba Enrico Deaglio

- 12 dicembre 1969 Mirco Dondi

E poi, tra gli altri:

- Una stella incoronata di buio di Benedetta Tobagi

- Piazza Fontana, noi sapevamo, di Andrea Sceresini , Nicola Palma , Maria elena Scandaliato

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