Verso occidente erra lo sguardo;
verso oriente scivola il naviglio.
Ma questo mare d’inverno, pensava Manrico Spinori della Rocca, sostituto procuratore della Repubblica in Roma, che c’entra con Wagner? Non ha niente del procelloso approdo che turba Isotta. Né, se per questo, si profila all'orizzonte un qualche valoroso Tristano in ambasce. Questa è Ostia. Non ondeggia alla fonda un veliero wagneriano, ma il Chiwi. Un imponente motor yacht Mari Nardi [..] Un'autentica bestia del mare, proprietà di Proietti Ademaro, imprenditore.
Non poteva che cominciare con una citazione wagneriana, dal mondo dell'opera, per la seconda indagine del sostituto procuratore Manrico Spinori.
Detto il “contino”, non per scherno, ma perché di origini aristocratiche, figlio di un vero conte, quel padre perso giovane e per cui non riuscì, all'epoca, a versare una lacrima.
Origini nobili e una grande passione per l'opera tanto forte da fargli pensare che ogni dramma, ogni delitto, sia già stato raccontato:
Sinora aveva quasi sempre vinto affidandosi al proprio credo: non esiste situazione umana, compreso l’omicidio, che non sia già stata contemplata da un’opera lirica.
Quale opera allora potrebbe celarsi dietro la scomparsa di Ademaro Proietti, settantaquattrenne imprenditore edile romano, uno di quelli che avevano costruito Roma, un palazzinaro per usare un'espressione poco educata sul genere?
Dopo una notte in barca, assieme ai suoi tre figli (una sorta di rito, ogni anno, ogni 9 dicembre), era scomparso dal suo yacht. Caduto in mare, probabilmente.
La sera prima i tre figli, i due gemelli Vittorio e Umberto e Renzo, assieme al genero Brian (marito della figlia, esclusa da quel rito di soli maschi) avevano fatto tardi giocando a poker e bevendo anche qualche bicchiere. La mattina dopo del padre nessuna traccia.
Tra l'altro, essendo il fatto avvenuto tra Ponza e Ostia, non è chiaro chi sia competente del caso, se Roma o Velletri: ma anche in assenza di un cadavere, Manrico e la sua squadra di sole donne, prepara un modello 45, un'indagine su un reato che forse non c'è. Perché potrebbe essere stata una disgrazia. Il vecchio costruttore aveva bevuto, era stanco ..
E' un caso spinoso: il procuratore capo Melchiorre lo affida a Manrico, ricordandogli le pressioni, le telefonate ricevute da ministri e finanzieri, lo scomparso era o è “uno dei ras dell’edilizia, e tu sai che Roma è una città che vive di edilizia…”
Un caso spinoso perché l'avvocato di famiglia è la famosa avvocata Schroeder, “Astro nascente del foro romano. Era cresciuta nello studio del professor Bullà, del quale era stata figlioccia e pupilla”.
Un'avvocata capace di far valere i suoi rapporti con la stampa, per condizionare l'opinione pubblica e gettare un po' di fango sul pm di turno se non gradito.
Da modello 45, si passa ad una vera e propria indagine su una morte, forse accidentale o forse no: il cadavere di Ademaro Proietti viene rinvenuto proprio sul porto di Ostia: da una prima analisi del medico legale, viene fuori un'interessante traccia. Una ferito sulla nuca, il morto avrebbe ricevuto un colpo in testa, prima di finire in mare.
Abbastanza per parlare di omicidio?
La famiglia fa muro in difesa del buon nome dei Proietti: a Manrico raccontano tutti la stessa versione, la partita a poker, il whisky, nessuno screzio, nessun alterco.
Stessa versione dal capitano della barca e dall'unico marinaio, che faceva anche da aiutante della famiglia a terra.
Forse proprio per questo, Manrico decide di andare avanti col caso, nonostante le pressioni per archiviare il caso come disgrazia.
Quella dei Proietti era una famiglia particolare: c'era il vecchio Ademaro, il re incontrastato, che ancora prendeva le sue decisioni. Anche in contrasto coi due primi figli gemelli, Umberto e Tommaso, che davano l'impressione di vivere in simbiosi l'uno dell'altro.
Poi Sofia, la moglie di Brian Montemurro, che nella ditta di famiglia si occupava delle vendite; infine Bruno, l'ultimo figlio, caratterialmente diverso dagli altri.
Particolare anche l'origine delle fortune, nate grazie a degli affari sporchi del padre di Ademaro con le SS durante l'occupazione.
Ademaro era finito in tante inchieste, cosa naturale per il suo lavoro, ma tutto si era sempre concluso con archiviazioni. Col beneplacito di una stampa sempre amica.
Laziale sfegatato, Ademaro possedeva un orologio da 2 milioni di euro, un Grand Complication comprato per lo scudetto della Lazio nel 1999 e che portava sempre al polso. E ora scomparso, assieme al suo cellulare. Uno di quei personaggi all'italiana, delle simpatiche canaglie che non riuscivi ad odiare del tutto, che Gassmann o Sordi avrebbero ben ritratto, in un film di Risi o di Monicelli.
Se la sua famiglia fosse stata una costellazione - diceva il vecchio Ademaro, lui sarebbe stato il sole.
Gli interrogatori di Manrico e della sua squadra, la poliziotta da strada Cianchetti, la maga del computer Orru e la meticolosa Vitale, però portano a ben poco.
Non solo, l'ostinazione nel portare avanti l'indagine, rinforza le tensioni tra la procura e la famiglia del morto.
Sull'indagine calano le pressioni da parte della famiglia, gli articoli di accusa usciti su alcuni giornali garantisti e, come colpo finale, la richiesta del procuratore capo Melchiorre, di passare l'inchiesta a Velletri. Dove il procuratore non vede l'ora di archiviare.
Melchiorre, la volpa grigia, è un magistrato che ha fatto carriera mettendo da parte quel rigore etico, quel rispetto della giustizia, diversamente da Manrico Spinori che ora, offeso da questa imposizione, decide anche di lasciare la procura di Roma.
Ma. Come spesso accade in molte indagini, anche nei libri gialli, l'indagine verrà riaperta quasi per un caso, un caso sinistro, la morte di uno dei protagonisti di quella sera sullo yacht.
L'indagine, la matassa, lo gnommero, troveranno la giusta spiegazione e, cosa ancor più importante, Manrico troverà l'opera giusta per raccontare questo dramma:
Era una storia di maschere e di intrighi, di tradimento, di slealtà. L’aveva ascoltata per intero la notte prima.. Un ballo in maschera. [..] Perché quest’opera? Era la storia di un regicidio mescolato a una passione torbida e segreta.
Questa seconda indagine con protagonista il pm Spinori mi ha convinto molto più della precedente (Io sono il castigo): il protagonista rimane sempre lui, il procuratore amante dell'opera, con una madre nobile ma che si è giocata i beni di famiglia per la sua ludopatia e che deve dunque tenere controllata.
Un uomo capace di essere elegante in modo naturale, un Mastroianni dei nostri tempi verrebbe da dire, colto e a volte un po' pesante. Ma attorno a lui anche gli altri personaggi trovano spazio, cominciando dall'ispettora Cianchetti, un metro e ottanta di muscoli e tatuaggi, politicamente scorretta ma dotata di intuizioni utili.
Altre donne troveranno spazio accanto al procuratore, oltre alla madre e a quelle della sua squadra: un medico legale all'apparenza timida che viaggia su una moto di grossa cilindrata. E poi Maria Giulia, la bella donna conosciuta proprio all'opera, con cui non riesce ancora ad aprirsi.
Un cuore sleale è un giallo che, partendo dallo schema del delitto in una stanza chiusa (lo yacht ormeggiato al largo), si trasforma in una sottile indagine psicologica sui membri di una famiglia, abile nel celare i rancori che covavano all'interno.
La scheda del libro sul sito di Einaudi, un approfondimento con alcune recensioni e il pdf del primo capitolo.
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