LA RIVOLUZIONE ELETTRICA A guardare i piani delle case automobilistiche la scommessa della transizione ecologia, passare dalle risorse fossili a quelle che non inquinano, non emettono CO2 è già partita, ma con quali costi?
Il futuro del nostro paese e del pianeta è legato a quanto seriamente prenderemo in considerazione l'impatto delle nostre abitudini e delle abitudini delle nostre imprese sui cambiamenti climatici.
A parole, ascoltando i presidenti e i leader delle grandi potenze, siamo tutti d'accordo: quando poi si chiede alle singole nazioni di accettare degli accordi, il discorso cambia: non sono solo i paesi dell'est, come la Polonia, ad essere riluttanti all'abbandono del carbone (uno dei maggiori responsabili dell'accumulo della Co2), c'è la Cina che non intende abbandonare il suo ritmo di crescita, ma anche gli Stati Uniti che con Trump aveva abbandonato gli accordi (miti) di Parigi.
Il futuro del pianeta, se il pianeta vuole avere un futuro, sarà legato al passaggio alle energie rinnovabili e nell'ambito dei trasporti, dai motori ad energie fossili ai motori elettrici.
Ma cosa c'è dietro questo mondo: lo racconterà Presadiretta col suo racconto sulla “rivoluzione elettrica.”
L'anteprima del servizio che trovate in rete parte dal MIMO, il primo salone sull'auto che apre dopo la pandemia: a Milano 60 aziende hanno esposto i loro modelli all'aperto, da utilitarie alle super car, la maggior parte delle quali elettriche o ibride perché, come ha spiegato l'organizzatore, “la strada è tracciata”.
La Renault ha presentato il suo SUV, il loro obiettivo è essere la marca più green d'Europa: perché è l'Europa che ha stabilito che tutti i paesi dovranno abbassare le emissioni per evitare l'innalzamento della temperatura del pianeta oltre 1,4 gradi e i conseguenti cambiamenti climatici.
In Europa i trasporti sono responsabili del 30% della co2 emessa, di questi il 72% riguarda il trasporto stradale: sono previste multe per le case automobilistiche se non rispettano il limite di 95 grammi/km di emissioni medie sull'intera flotta prodotta. E nel 2035 non si potranno più vendere auto a benzina o diesel.
Anche le auto sportive, come quelle prodotte dalla Lamborghini dovranno essere ibridizzate, “sarà l'investimento più grande che abbiamo mai avuto” ammette il CEO del marchio.
Anche Porsche investirà 15 miliardi di euro entro il 2023 per elettrificare tutta la propria gamma, perché l'elettrico è l'unica soluzione disponibile in tempi brevi per essere in linea con le soglie di emissioni.
Al crescere delle auto elettriche (da qui al 2030 è stimato che cresceranno 7 volte) crescerà anche la richiesta e la produzione delle batterie al litio: attorno alla costruzione delle batterie al litio e alla loro catena del valore si giocheranno le sorti di questa rivoluzione industriale.
Ma auto elettriche ad oggi non significa “carbon neutrality”: lo spiega il professor Orecchini dell'università G. Marconi di Roma, perché dipende da come si producono le batterie, da dove produco l'intera automobile, dipende da come io ricarico le sue batterie e infine da come dismetterò a fine vita, sia le batterie che il resto della vettura.
E c'è anche il problema di come si estraggono le materie che servono per costruire una batteria: si parla dell'estrazione di litio dalle miniere, dall'energia e dai combustibili per l'estrazione.
Un altro minerale è il cobalto: ci sono rapporti internazionali che dicono che la sua estrazione non è stata fatta né in modo ecocompatibile né col rispetto dei diritti delle persone: il 70% del cobalto estratto per le batterie di auto o degli smartphone, si estrae nel sud della Repubblica Democratica del Congo in condizioni disumane.
Secondo il rapporto del 2017 di Amnesty international il 20% del cobalto in Congo è estratto a mano senza i più elementari dispositivi di protezione come guanti e mascherine.
Secondo stime dell'Unicef circa 40mila bambini sono impiegati nell'estrazione di questi minerari, avventurandosi lungo pericolosi tunnel profondi anche 100 metri che spesso collassano.
La popolazione più esposta ai fumi e alle acque reflue delle miniere corre il rischio di sviluppare gravi malattie polmonari e difetti congeniti alla nascita.
Dal Congo al Cile, alle miniere del Salar di Atacama: circa il 78% del litio importato in Europa proviene dall'acqua dei laghi salati sotterranei portata in superficie e fatta evaporare all'interno di saline.
Per produrre una tonnellata di litio (necessaria per realizzare 100 automobili) sono necessari 2 milioni di litri di acqua, pari al quantitativo medio giornaliero consumato da un paese europeo di 12mila abitanti.
Le attività minerarie hanno consumato in Cile il 65% di acqua nella regione con un impatto non sostenibile sugli agricoltori, portando ad una loro emigrazione forzata.
Il litio, come il petrolio, è una risorsa finita e soprattutto, non è una materia che si produce in Europa: la Cina ha stretto accordi commerciali con i paesi produttori di cobalto e Litio per accaparrarsi queste materie per rimanere il leader indiscusso nel mercato delle batterie elettriche (che al 77% sono prodotte in Cina).
In Europa è partita una corsa al litio, per avere una indipendenza strategica dal gigante asiatico.
In Spagna, nella regione al confine col Portogallo, sono stati scoperti dei giacimenti di Litio, tra i più importanti in Europa: qui si vorrebbe costruire la grande discarica permanente della miniera, in una zona dedicata all'agricoltura. La miniera utilizzerebbe gran parte dell'acqua oggi dedicata all'allevamento e all'agricoltura raccontano i sostenitori dell'associazione contraria alla miniera di Canaveral, che sottolineano come la futura gestione sarà delegata ad una società privata che ha escluso la possibilità di fare scavi sotterranei (che avrebbero minori impatti) perché economicamente più costosa.
In Germania il litio lo tirano fuori dalle acque del Reno, in Italia vogliono aprire miniere di titanio in Liguria: ma non basteranno mai a sostenere uno scenario che vorrebbe essere totalmente elettrico.
Per come stanno le cose, spiega il ricercatore del CNRR Francesco Vizza, nel 2040 avremo finito tutto il litio: come facciamo a rendere sostenibile la transizione ecologica, dunque?
La catena del valore delle auto elettriche è stata analizzata da Joseph Wilde, ricercatore e analista di questo settore da anni: lo scorso dicembre è uscito uno studio del centro studi presso cui lavora, “The battery paradox” il paradosso delle batterie. Da un lato le batterie costituiscono la chiave del nostro futuro sostenibile, perché immagazzinano l'energia che ti serve senza produrre co2, dall'altro lato la loro produzione può avere effetti devastanti per l'ambiente e per la popolazione del mondo.
Le fasi più inquinanti in questa catena del valore sono quelle legate all'estrazione delle materie prime: per l'estrazione delle terre rare in Cina si usano per esempio molti prodotti chimici, con un grande impatto ambientale.
Anche la fase della lavorazione delle materie prime critiche è molto impattante: nelle fabbriche sono usate sostanze chimiche che possono avere effetti pericolosi sulle persone e anche sull'ambiente se trattate senza le dovute precauzioni.
E' possibile dire che se consideriamo tutto il ciclo di produzione di una macchina elettrica dalla produzione alla messa in strada, questa inquini più di una macchina diesel?
Se costruiamo una macchina elettrica in modo scorretto questo può essere vero – la risposta del ricercatore, se produciamo le batterie e gli altri componenti in modo non sostenibile, anche un'auto elettrica è inquinante. Però un veicolo elettrico può e deve essere meno inquinante di uno diesel, ora che siamo all'inizio di questa rivoluzione energetica dobbiamo stare attenti a non replicare gli errori del passato.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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