Una puntata dedicata al bitcoin e alle altre criptovalute, monete virtuali che non si comprano in banca e che in questi anni hanno raccolto duemila miliardi di dollari (in transazioni che non sono passate attraverso i canali tradizionali).
Sarà la moneta del futuro? E cosa faranno le banche tradizionali e le banche centrali?
Oggi in commercio ci sono monete virtuali, non emesse dalle banche: la loro importanza la si capisce dal fatto che sono diventate sponsor di squadre di calcio, Socios.com per l'Inter o sponsorizzano le società di streaming come Cripto.com il cui logo appare durante il VAR. Sono siti che vendono criptovalute e che hanno portato milioni freschi nelle casse delle squadre.
Si chiamano Exchange questi siti e lo scorso aprile Coinbase, l'exchange più grande di tutte, è sbarcata a Wall Street raccogliendo 63,5 miliardi di dollari e battendo ogni record di un titolo al debutto sull'indice Nasdaq.
Il 2% della popolazione mondiale investe in criptovalute, in Italia siamo al 5%: persone che si sono avvicinate per gioco, ma la maggioranza sono persone che si sono avvicinate quando il valore di questa moneta era basso e che nel corso degli anni, al crescere del valore, è diventata ricca. Questa crescita ha fatto da traino per altri investitori.
Andrea Ferrero è cofondatore della Young, società di scambio di queste monete: ha raccolto 2 milioni di euro di raccolta fondi, a Presadiretta racconta della guerra sul prezzo di queste monete, che al mondo sono migliaia, alcune delle quali sono solo truffe.
Il loro obiettivo è costruire una banca cripto, offrendo tutti i servizi delle banche tradizionali, dalle carte ai prestiti: vorrebbero diventare loro una banca, rendendo inutile per le persone andare presso uno sportello a fare operazioni.
A Treviso lavora Alessandro in una miniera fatta da una serie di computer che elaborano calcoli complessi per generare, “estrarre”, monete virtuali.
La febbre dell'oro ha contagiato il mondo, oggi per comprare le schede usate per estrarre monete si deve spendere molto di più che in passato: le grandi miniere di oggi sono grandi capannoni che spuntano nei luoghi del mondo dove l'energia costa poco, per lo più nell'est del mondo.
Ma si trovano anche a Milano: il giornalista di Presadiretta ha visitato un capannone si trovano batterie di macchine per estrarre bitcoin, al momento irreperibili sul mercato, dove si estrae un bitcoin al mese, una moneta che oggi vale 40mila dollari.
Bitcoin nasce nel 2008, col crollo delle banche d'affari, come Lehmann Brothers: è nata per cambiare le regole del gioco, rimuovendo gli intermediari che controllavano il sistema monetario privato e centrale, l'idea era creare “la moneta del popolo” racconta Luca Fantacci dell'università Bocconi.
Una moneta scarsa, nata da un creatore senza identità, disintermediata, in numero finito, come anche l'oro è scarso in natura: oggi un solo bitcoin vale 40mila euro, avrà lo stesso impatto dell'oro sulla finanza mondiale?
Dietro il bitcoin c'è la blockchain, di fatto una sequenza di bonifici che segue le transazioni di questa moneta sin dall'inizio, una sorta di registro contabile: questa modalità peer to peer consente di fare a meno delle banche perché ci sono i miners che certificano le transazioni che vengono scritte sul registro e vengono ricompensati per ogni transazione certificata (appiccicata a fine registro) con delle monete virtuali.
Serve energia a basso costo per queste elaborazioni e così vecchie fonti di energia, come quella idroelettrica di una centrale a Trento, venduta a società come la Alps Blockchain che ha realizzato diversi impianti tra Trento e Val d'Aosta, con cui estrarre a fine anno fino a 3 bitcoin l'anno.
Ci sono paesi però che, per l'alto consumo di energia, proibiscono l'estrazione delle monete, come la Cina, ma senza grossi successi.
Ci sono anche strutture di mining che prendono energia da vecchie centrali a carbone oppure basate sugli idrocarburi: una deputata dello stato di NY ha così deciso di presentare una legge che proibisca l'uso di queste centrali per il bitcoin.
Ma ci sono paesi che invece cercano di attrarre investimenti tramite bitcoin, come El Salvador che ha reso questa criptovaluta come moneta di stato.
O come la bitcoin valley in Trentino dove ci sono exchange più che a Berlino: in questa provincia coi bitcoin si possono fare acquisti per beni e servizi di tutti i giorni, dal parrucchiere ai giornali.
Dietro i bitcoin c'è l'idea di arrivare ad una moneta di scambio tra uomo e uomo, oppure solo la volontà di arricchirsi in un investimento speculativo?
In questo mercato non esiste un'entità di controllo, come la Sec o come la Consob: è come un Far West, ma su questa i pareri degli esperti interpellati da Presadiretta sono diversi.
Una rivoluzione che ci porta nel futuro oppure una controrivoluzione, un ritorno alla moneta di Von Hayek?
E' possibile pensare un mondo senza banche centrali controllare da organi politici?
Nel lungo periodo, dove però saremo tutti morti, anche bitcoin sarà una moneta stabile come l'oro?
Ci sono però monete che diversamente da bitcoin non hanno avuto successo: in tutto sono circa seimila, stiamo vivendo una bolla delle criptovalute, come la bolla delle dot.com nel duemila. Ma quando la bolla si sgonfierà tutta la moneta si riverserà su quelle solide che rimarranno in piedi.
Nel mondo blockchain ci sono state anche delle truffe, come quella di Onecoin, che ha sottratto 20 miliardi nel mondo, dagli investitori. Ai tempi della pandemia c'è stato anche il coronacoin, una speculazione sui morti per coronavirus (su cui milioni di persone hanno investito).
C'è poi la storia di Bitgrail, un exchange specializzato in nano monete virtuali, dove queste monete sono state oggetto di un furto virtuale.
Non è facile capire chi siano le vittime e chi i colpevoli in questi episodi di truffa ed è per questo che le criptovalute sono amate dai criminali, dai narcotrafficanti per il traffico di droga e dai criminali per il riciclaggio.
Sarà difficile chiudere questo mercato che fa gola ai big di internet come Facebook che si è fatta la sua criptovaluta, per consentire l'accesso ai servizi finanziari a chi non ne aveva i mezzi o le conoscenze.
Servizi economici per le persone che non hanno un conto in banca, persone provenienti dalle periferie del mondo che non entrano in una banca ma hanno un cellulare e un account FB.
Libra diventerebbe una banca in mano ad un monopolista, in concorrenza con gli stati centrali: contro FB si sono espresse le banche centrali e l'Oms.
Oggi le banche centrali stanno studiando la loro moneta virtuale: la stessa BCE sta lavorando ad un euro digitale, per evitare rischi in un futuro di instabilità monetaria in Europa.
Ma solo in Cina esiste una vera moneta virtuale di Stato, varata dalla banca centrale ed usata dal 40% della popolazione e le società private devono mettersi d'accordo con lo stato per far circolare le loro monete.
Con lo yuan digitale si possono offrire servizi bancari anche negli angoli remoti del paese, non serviti dalle normali banche: il rischio è mettere nelle mani dello stato cinese il controllo delle transazioni.
In che modo si possono controllare le sanzioni economiche di un paese, come la Corea del nord, col passaggio allo yuan digitale?
Negli Stati Uniti hanno fatto simulazioni di questi scenari geopolitici in cui i rapporti di forza tra Occidente e Cina sono cambiati rispetto a qualche anno fa.
L'influenza della Cina aumenterà anche grazie al passaggio alla moneta virtuale che prenderà il posto del sistema Swift o del dollaro, per le transazioni commerciali.
Ma le banche tradizionali stanno facendo il loro lavoro, oggi, per il sostegno alle imprese e alle famiglie?
L'arrivo del Covid ha costretto il governo a immettere 400 miliardi per tenere in piedi le imprese in crisi, per le restrizioni: di questi, anche secondo le stime di ABI, solo la metà sono finite alle imprese come finanziamenti.
Presadiretta ha raccolto diversi casi di imprenditori che dopo aver chiesto un finanziamento ad una banca, che a loro volta chiedevano garanzie anche al di fuori dalla garanzia dello Stato, costringendoli a mettere a garanzie beni personali, case e capannoni. Molti sono stati costretti a rientrare da vecchi debiti prima di ottenere il prestito (lo aveva raccontato una puntata di ottobre di Presadiretta).
Secondo una stima della CGIA di Mestre solo un quinto dei prestiti di stato (quelli del decreto liquidità) sono finiti alle imprese, il resto sono serviti a risanare vecchi prestiti.
Perché un problema delle banche in questi anno sono i crediti non performanti, quelli inesigibili, che pesano sui bilanci e che portano poi a erogare sempre meno prestiti.
Esiste una correlazione tra l'andamento dell'economia e la crescita di questi crediti inesigibili: ma se l'economia non riparte come facciamo? Come riparte il paese?
C'è poi un'altra questione: gli sportelli delle banche oggi vengono chiusi, specie nei piccoli comuni, come a Gabiano in provincia di Alessandria.
La banca locale è stata chiusa senza avvisare l'amministrazione, i conti correnti son stati spostati in altre filiali lontane anche 30km ed è difficile anche andare al bancomat.
Senza banche è difficile anche ottenere un prestito o pagare i dipendenti tramite bonifici per le imprese.
Mantenere le filiali ha un costo, rispondono le banche, come la BPM che ha chiuso a Gabiano: BPM non ha concesso l'intervista, ma ha spiegato che sta rimodulando la sua offerta commerciale, per rinforzare i servizi digitali – spiega in una mail.
Ma queste ristrutturazioni nascono anche dalle fusioni tra gruppi bancari, che paradossalmente (avendo meno concorrenti) porta ad una desertificazione dei servizi bancari sul territorio.
Abbattere i costi, minimizzare i rischi, massimizzare i profitti: tra i rischi da minimizzare ci sono i titoli di stato, i debiti che non potranno essere riscossi per la pandemia.
Ma se non saranno le banche a sostenere l'economia, chi lo farà?
In Italia il sistema bancario non è esente da peccati: in Veneto il crac delle banche popolari ha portato ad un terremoto finanziario che ha travolto un intero territorio, famiglie e imprese.
Banche che hanno tradito la fiducia delle persone – racconta Maurizio Crema giornalista de Il Gazzettino e autore del libro Banche rotte. Il costo per il territorio veneto di questi crac è stimato in 60-70 miliardi di euro.
In Calabria invece la crisi delle banche ha portato famiglie e imprese nelle mani degli strozzini, usurai che chiedevano interessi esorbitanti, fino al 27% mensile.
Questa regione è l'ultima in classifica per i prestiti, qui è difficile ottenere un prestito perché è considerato rischioso, ma in questo modo si strozza l'economia regionale.
Racconta Don Marcello Cozzi, di una associazione anti usura, che le banche si devono rendere conto che è vero che prestare soldi è rischioso, ma senza questi rischi loro stesse rischiano di sparire.
Anche perché il sistema bancario raccoglie il 19% dal sud, ma presta alle imprese del sud solo al 14%, preferendo investire e prestare soldi al nord.
Esistono per fortuna anche realtà come quella di Banca Etica, dove a comandare non c'è solo il profitto.
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