Cosa c'è dietro la guerra di soldi e potere del progetto della super lega del calcio europeo?
E come mai in Italia lo sport di massa non è finanziato dallo Stato, come in altri paesi, dove lo sport è considerato un diritto primario? Quali sono le conseguenze di questa scelta?
La bomba della super lega scoppiò lo scorso 18 aprile, un campionato riservato ai più blasonati club di calcio europei, 12 squadre tra cui la Juventus.
Una sfida alla Uefa che detiene i diritti della champions league: nelle successive 48 ore intervengono contro la super lega i primi ministri inglese, Draghi, Macron, oltre al presidente della Uefa.
Scoppiò anche la rivolta dei tifosi, soprattutto in Inghilterra, assieme ad ex giocatori come Gary Neville del Manchester: tutti ad attaccare i presidenti delle squadre inglesi, tifosi, allenatori, contro un modello che di sportivo aveva poco.
In poche ore i sei club inglese fanno un passo indietro, facendo crollare il progetto, nonostante i tanti milioni che sarebbero ricaduti sui club.
I proprietari americano vogliono soldi, non gli interessa del calcio e della squadra, vogliono un modello chiuso, per fare soldi e profitti facili: questo raccontano i supporter inglesi contattati dal giornalista di Presadiretta e che ora vogliono un maggiore controllo sulle squadre, una sorta di golden share. Per evitare di trovarsi un giorno di vedere la loro squadra giocare a Dubai anziché a Liverpool o a Londra.
I soldi del progetto super lega fanno comodo ai proprietari delle squadre oggi in crisi e non solo per la pandemia: ma questa è una storia che ancora non si è chiusa, sia perché i bilanci sono ancora in rosso e il calcio è ad un passo dalla bancarotta. Poi perché la guerra dietro il calcio professionistico è ancora in corso.
Ceferin, presidente Uefa, sapeva del progetto qualche giorno prima: il giornalista Tario Pajna del Ny Times racconta a Presadiretta i retroscena di questa storia, la telefonata tra Ceferin e Andrea Agnelli, il sogno di quest'ultimo di trasformare la Juve nella portabandiera dell'Italia nel mondo, i debiti di Florentino Perez del Real Madrid..
Abbiamo visto in tanti l'addio al Barcellona di Leo Messi, “per ragioni strutturali” si è detto: sono i soldi, il Barcellona è in rosso per più di 1 miliardo di euro e non si può permettere l'ingaggio faraonico chiesto da Messi, 35 ml di euro l'anno, ecco perché hanno aderito al progetto super lega.
Secondo il giornalista del NY Times Tario Panja, i presidenti delle 12 squadre avrebbero avuto la protezione di Infantino: nei documenti che il giornalista ha visionato si parlava in codice di un progetto W01 che significava Fifa, dunque i club contavano di essere appoggiati dalla Fifa.
Infantino si è difeso dicendo di averne parlato, del progetto, questo lo sapevano tutto, ma non significa che la sua organizzazione fosse dietro il progetto o che complottasse.
Chi c'era sicuramente dietro l'affare è la banca d'affari JP Morgan che da anni investe nel mondo del calcio: sarebbero stati i finanziatori del progetto, dando ai 12 club fondatori un prestito complessivo di 3,5 miliardi di dollari da rimborsare in 20 anni – lo dice Patricia Kowsmann, giornalista del Wall Street journal – usando un tasso di interesse del 2 o 3%.
In più la banca acquistava anche futuri diritti televisivi per i quali erano previsti enormi margini di crescita.
Una mossa che chi conosce il mondo degli affari, è comprensibile: JP Morgan ha avuto un ruolo importante negli acquisti recenti di squadre di calcio, le squadre sono un vero affare per gli americani, lo trasformano in un evento per farci soldi a tutto tondo. Gli investimenti americani avrebbero trasformato il calcio italiano, come la NBA.
Un affare che conveniva a tutti: alle squadre che avrebbero avuto delle entrate fisse e sicure (non come i ricavi se si entra nella champions league), alle banche d'affari.
Il giornalista Riccardo Cucchi, storica voce delle radiocronache, chiede alle squadre di calcio di fare una profonda riflessione su dove stanno portando questo sport.
Ma non ci sono solo gli americani, ci sono anche gli arabi: dopo la notizia della super lega, la UEFA ha annunciato di aver trovato un fondo che avrebbe messo più soldi di quelli promessi da JP Morgan per finanziare la prossima Champions League.
E' una rivelazione fatta da un giornalista de Il Sole 24 ore, Carlo Festa: “è una contesa geopolitica tra due mondi finanziari diversi, Ceferin il capo della UEFA ha cercato di farsi sostenere finanziariamente da fondi sauditi, da esponenti della famiglia reale del Qatar. Gli Emirati Arabi da anni sostengono il calcio, ma sostenendone l'establishment, sostenendo la Uefa, la Fifa”.
Non a caso i prossimi giornali si giocheranno in Qatar, non a caso il Paris Saint Germain non è entrato nella super lega.
Non è un caso che Al Khelaifi, presidente del fondo sovrano del Qatar e del Paris Saint Germain ha sostituito Andrea Agnelli a presidente dell'associazione dei proprietari dei club diventando una sorta di paladino dei valori del calcio. Ma quando il calcio europeo era alle prese col fair play finanziario, tante le entrate tante le uscite, lui ha comprato Mbappè per 145 ml di euro, Neymar per 200ml di euro, questo perché il PSG è la prima squadra comprata da uno stato, che ha potuto aumentare i ricavi con sponsorizzazioni di Stato, soldi dalle aziende del Qatar, dalla compagnia aerea all'azienda del turismo.
Quest'anno si è assicurata a suon di milioni – racconta l'anteprima del servizio – Donnarumma, Sergio Ramos fino a Leo Messi.
Qual è la posta di questa battaglia di potere tra americani e arabi fatta a colpi di milioni sul calcio europeo? Soldi e potere, i diritti televisivi e chi comanderà nel calcio del futuro.
Per avere un'idea, il piatto dei diritti televisivi della super lega è stimato in 4 miliardi ed è in crescita.
Diritti oggi in mano in modo monopolistico da Uefa (titolare dei diritti della Champions) e dalla Fifa (per i mondiali di calcio).
Anche Agnelli in una conferenza se la prende col potere monopolistico della Uefa: la super lega era un grido disperato – si difende Agnelli.
LA Figc non ha accettato l'intervista con Presadiretta: all'inizio di questa storia la posizione di Gravina è stata molto sfumata. La posizione dell'associazione calciatori è diversa invece: Umberto Calcagno presidente Aic si chiede, nell'intervista come siano stati spesi i soldi incassati dalle squadre negli anni prima della pandemia, quando sono saliti gli introiti ma anche i debiti.
Il calcio è diventato un business in questi anni: secondo Cucchi il punto di svolta nel passaggio al calcio finanza è stata quando le squadre sono diventate Spa, il calcio è oggi un affare, ma il cuore rimangono i tifosi.
La super lega era una scorciatoia per uscire dal rischio della bancarotta, ma anche mondo per rompere il monopolio sui diritti: ma come hanno fatto le squadre ad indebitarsi tanto?
L'Inter dopo aver vinto lo scudetto ha dovuto vendere Lukaku e Akimi, secondo un piano di ridimensionamento: è come se il calcio fosse un colabrodo, perché se gli incassi finiscono tutti in stipendi. Se non ci fosse stato un fondo americano col suo prestito da 300ml, le cose si sarebbero messe male: forse a breve l'Inter potrebbe essere in vendita.
Questo spiega il progetto sul nuovo stadio a Milano: stadio con ristoranti e altri servizi a valore aggiunto, che le rendono macchine per far soldi.
Anche la Juve ha problemi di debiti, sia per l'operazione Ronaldo che per l'acquisto di Higuain: le grandi squadre italiane sono nella stessa situazione, se fossero aziende private normali, sarebbero già fallite.
Sono molte le squadre fallite nel calcio minore, dal Como al Vicenza al Bari, dopo i casi del Chievo Verona, Cesena e Parma nel 2015 per un bancarotta da 200ml di euro.
Una storia raccontata dall'ex capitano Alessandro Lucarelli: i camion che portavano via i materiali dagli uffici, il non avere più un pullman per le trasferte, l'usare i soldi proprie per pagare i dipendenti della società, diventando il simbolo della rinascita del Parma, dopo la retrocessione in serie D.
Dai successi dell'era Tanzi, al fallimento, legato anche al crac di Parmalat: la squadra non fallisce ma passa al nuovo presidente Ghirardi.
Anche l'ex AD Leonardi ha voluto raccontare la storia del crac a Presadiretta: è stato condannato in primo grado, anche per la questione della vendita del marchio, per la gestione del mercato e per le plusvalenze (fatte per gonfiare in modo fittizio il bilancio).
E' una strategia – si difende Leonardi – una cosa comune in tutto il mondo del calcio: si tratta di uno scambio tra giocatori il cui valore viene gonfiati per far sì che i bilanci delle società di calcio non fossero in perdita.
Oggi le plusvalenze valgono 800 ml di euro: “sono diventati un mezzo contabile con cui i club in difficoltà cercano di accomodare i bilanci molte volte a discapito di esigenze tecniche” - è Luciano Mondellino a parlare: “permette un incasso subito senza fuoriuscita di denaro.”
Analizzando le plusvalenze della Juventus degli ultimi anni, il giornale Calcio e Finanza ha scoperto che nella gestione Agnelli il loro peso è sempre cresciuto fino a rappresentare il 20% del fatturato, crescita più marcata dopo gli acquisti di Cristiano Ronaldo e Higuain.
E' un calcio ancora regolare, quello dove le squadre rimangono in piedi per delle plusvalenze, con rapporti privilegiati tra alcune squadre e altre?
Di questo calcio poco trasparente ne parla il giornalista Pistocchi, ex Mediaset: a Presadiretta racconta delle moviole proibite, delle commissioni esagerate pagate ai procuratori, “quando scorre tanto denaro il sistema va regolato. Noi abbiamo bisogno di un sistema calcio da rivoluzionare” continua Maurizio Pistocchi, favorevole ad un maggiore controlli sui soldi che transitano nel sistema calcio - “ma non possono rivoluzionarlo gli interpreti che hanno portato il sistema allo sfascio”.
In Germania la soluzione a questo problema è l'azionariato popolare: il Bayern Monaco è in mano al 75% ai tifosi, il resto è in mano agli sponsor.
Altri club sono in mano ad associazioni di tifosi, con dentro tifosi che possono influenzare le politiche del club. Non decidono sul calciomercato, ma possono dare indicazioni generali, come per esempio il rifacimento dello stadio del Colonia calcio, che poi non si è fatto, lo stadio rimane al suo posto.
In Italia ad un progetto simile sta lavorando il “tifoso” Carlo Cottarelli: una società in crisi potrebbe essere risanata prendendo soldi non da fondi speculativi, ma da azionisti che vogliono sostenere veramente la squadra.
Dal calcio per ricchi, allo sport di massa: sui campetti di calcio, sulle piscine, sui campi di pallavolo e di pallacanestro non arrivano i milioni del calcio e nemmeno quelli dello Stato. E questo ha conseguenze gravissime sulla nostra salute.
A Torino si trova la Reale società di ginnastica, qui i ragazzi fanno esercizi col materasso, sognano di andare alle Olimpiadi, allenandosi per ore tutti i giorni: è da associazioni come queste che arrivano i campioni di domani. Per la prima volta quest'anno per rimanere aperta, la Reale società ha dovuto chiedere una colletta per coprire una spesa di 10mila euro.
Perché in Italia lo sport di massa lo pagano le famiglie: tenere aperte le strutture sportive ha un costo, e sono i comuni i proprietari della maggior parte delle strutture.
Ma i comuni non hanno soldi per ristrutturare le vecchie strutture costruite negli anni che così rimangono chiuse e abbandonate.
Sabrina Carreras è andata a vederle da vicino queste strutture abbandonate come la città del rugby a Roma: un progetto approvato dal comune nel 2004 che prevedeva la costruzione di uno stadio per la squadra capitolina, ma variante dopo variante si è trasformato in un'opera mastodontica con tre piscine, un centro benessere, due sale fitness, una foresteria e una pista da pattinaggio. Era qualcosa di tutto finito – mostra alla giornalista il presidente del comitato di quartiere Spinaceto. 28 milioni spesi per un'opera oggi abbandonata perché la società che doveva completare l'impianto è fallita, il comune anziché trovare un altro imprenditore per completare i lavori si è dimenticato di avere questa struttura.
In questi anni in cui è stata abbandonata la struttura è diventata un rudere, è stata una occasione persa per lo sport, perché è impossibile da usare anche per il rugby poiché il campo non ha le misure regolamentari, il campo è di cinque metri sotto il consentito.
Sempre a Roma Calatrava aveva progettato la città dello sport, ma per i mondiali del 2009 l'impianto era ancora chiuso perché i 60ml di soldi pubblici per realizzare l'opera non bastavano più per la crescita dei costi. Così Roma oggi non ha ancora un palazzetto dello sport per i ragazzi, queste rende ancora più urgente la sua sistemazione.
Il 7 ottobre 2017 500 ragazzi romani hanno occupato lo stadio Flaminio, realizzato negli anni 50 in base ad un progetto che prevedeva anche una piscina, palestre per la ginnastica e per il pugilato. Chiuso per ristrutturazione dal 2018, è un simbolo di un comune che non sa utilizzare i suoi spazi che già ha – racconta Pietro Forti uno dei ragazzi dell'associazione Scomodo – c'è bisogno di spazi come questo per fare sport. A parole sono tutti buoni, continua, ma nei fatti si fa poco per renderlo nuovamente utilizzabile come spazio pubblico.
Ci sono anche impianti pubblici di quartiere abbandonati: come a Casal Bertone, realizzato dalle Ferrovie dello Stato nel 2012, ma il comune è mai riuscito a trovare un gestore per far partire l'impianto.
A Roma ci sono zone urbanistiche che non hanno impianti sportivi, specie fuori dal raccordo: ne parla l'urbanista Monni, spiegando che questa è una discriminazione per le famiglie romane,costrette a far salti mortali per accompagnare i figli a fare sport, oltre che a spendere molti soldi.
In Italia lo sport è per i ricchi, dice il presidente di Federconsumatori: per far nuoto ad un bambino, una famiglia arriva a spendere fino a mille euro, quasi uno stipendio.
Eppure l'Italia è ai primi posti per il numero di bambini sedentari, un dato che si è aggravato dopo la crisi economica e dopo la pandemia, specie al sud.
Lo sport è anche un modo per non far “perdere” i ragazzi per strada: dove sta il pubblico, dove stanno i comuni, il governo, le regioni?
Fare attività sportiva fa bene alla salute: i nostri bambini già a sei anni soffrono di dolori alla schiena, c'è il problema dell'obesità infantile, una nuova emergenza nel nostro paese.
I bambini devono muoversi, hanno fame di stimoli: con la scuola dell'obbligo aumenta la sedentarietà dei ragazzi, costretti a stare fermi per ore, mentre sappiamo che il movimento migliora l'apprendimento.
Mauro Berruto, ex allenatore di Pallavolo, oggi nella segreteria PD è promotore di un manifesto in cui si chiede di inserire la parola sport nella Costituzione, per determinare un diritto per i bambini con politiche pubbliche.
Il diritto allo sport che si deve integrare coi diritti alla salute e all'istruzione: lo Stato deve togliere ai privati l'esclusiva dello sport, se ne deve occupare lo Stato perché conviene a tutti.
Ma come funziona nel resto d'Europa? In Francia, ad esempio, lo sport lo paga lo Stato e si insegna nelle scuole. Basta entrare nelle scuole pubbliche francesi per rendersene conto: quasi tutte le scuole hanno delle piscine, piste di atletica, palestre, sale pesi con tutte le attrezzature, tavoli da ping pong e biliardini e già alle scuole elementari.
Piscine dove fare esercizio per almeno due ore alla settimana, per dare a tutti i ragazzi la stessa opportunità, di prendere confidenza col nuoto. Palestre dove fare diversi sport, per mostrare ai ragazzi più possibilità.
In Francia lo sport è cultura: per questo ogni scuola ha la sua associazione sportiva, dove gli insegnanti devono lavorare per almeno tre ore la settimana.
Tutto pagato dallo Stato perché, come ha spiegato il ministro dell'educazione nazionale Blanquer conviene: “è stato dimostrato che un euro investito nell'attività fisica dei bambini genera 8 euro di risparmio per il servizio sanitario, direi che è un buon investimento.”
Lo Stato investe nelle strutture ma anche negli insegnanti (che sono 500mila), che vengono formati per insegnare ai ragazzi la pratica di diversi sport.
In Italia arriveranno miliardi dall'Europa che dovremo spendere col pnrr: dobbiamo fare delle scelte ora, per spendere bene i soldi per gli italiani di oggi e di domani, meno grandi opere e più palestre e piscine, più ore di ginnastica.
Bella l'intervista, a fine servizio a Antonio Bosso, campione di Parkour: questo sport lo ha salvato da un altro destino, che forse era scontato.
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